La meritocrazia in Italia: laurearsi è (ancora) questione di discendenza
Indice
- Introduzione: il contesto della meritocrazia in Italia
- Il rapporto OCSE Education at a Glance 2025: dati e analisi
- Laurea e mobilità sociale: uno scenario bloccato
- Abbandono universitario: le cifre di un’emergenza
- Il valore del titolo di studio: laureati sottopagati
- Disuguaglianza e realtà delle università italiane
- Le radici storiche delle disuguaglianze
- La voce degli studenti e dei docenti
- Prospettive internazionali: il confronto con l’estero
- Possibili soluzioni e strategie di riforma
- Conclusioni: tra necessità di cambiamento e futuro incerto
Introduzione: il contesto della meritocrazia in Italia
In Italia, la meritocrazia è spesso evocata come soluzione ai mali della società e come motore per la crescita sociale, economica e culturale. Tuttavia, la realtà restituita dai dati più recenti è ben diversa: la meritocrazia in Italia continua a presentarsi come un miraggio, soprattutto in ambito universitario. Nonostante i numerosi proclami degli ultimi anni, il diritto allo studio e l’accesso equo alla formazione restano ancora sogni lontani per tantissimi giovani. Il recente rapporto OCSE Education at a Glance 2025 fotografa una situazione critica, in cui l’università italiana fatica a essere strumento di vera mobilità sociale.
Il rapporto OCSE Education at a Glance 2025: dati e analisi
Il rapporto OCSE è la principale fonte internazionale di riferimento per lo stato dei sistemi educativi. Dalla pubblicazione del 2025 emergono alcuni dati preoccupanti riguardo la università in Italia:
- Ben il 63% dei laureati italiani proviene da famiglie in cui almeno un genitore è laureato, confermando come la laurea sia, spesso, una questione di tradizione familiare e non di reale opportunità aperta a tutti.
- Solo uno studente su tre riesce a terminare il percorso universitario nei tempi previsti. I ritardi nella laurea sono molto più diffusi rispetto agli altri Paesi europei.
- Il tasso di abbandono universitario in Italia dopo il primo anno raggiunge il 13%, una percentuale significativa e allarmante.
- Il 14,8% dei giovani adulti senza un titolo di istruzione secondaria risulta disoccupato.
- Paradossalmente, si assiste a un fenomeno nuovo: i laureati italiani guadagnano meno dei diplomati nella prima fase post-laurea. Questo dato mina la percezione stessa della laurea come passaporto per l’ascensore sociale.
Statistica dopo statistica, il quadro che ne emerge è quello di un sistema universitario segnato da gravi squilibri di classe e da un’incapacità di valorizzare al meglio i talenti.
Laurea e mobilità sociale: uno scenario bloccato
La laurea e la mobilità sociale dovrebbero essere concetti strettamente legati in un Paese moderno e democratico. Nel contesto italiano, però, la realtà è ben diversa. La trasmissione intergenerazionale del titolo di studio influenza pesantemente la possibilità di accesso all’università. Non si tratta solo di una questione di risorse economiche, ma anche di capitale culturale: le famiglie con più titoli di studio hanno maggiori strumenti per orientare efficacemente i propri figli.
Il rischio concreto è quello di vedere consolidarsi una élite culturale chiusa e poco permeabile, dove la laurea diventa prerogativa di chi già parte da una posizione vantaggiata. Questo scenario mina le basi della meritocrazia in Italia e riduce drasticamente la capacità delle università di promuovere un reale rinnovamento sociale.
Abbandono universitario: le cifre di un’emergenza
L’abbandono universitario in Italia resta uno dei principali problemi del nostro sistema d’istruzione superiore. Il 13% degli studenti che si iscrive a un corso di laurea, infatti, abbandona dopo il primo anno.
La motivazione di questo fenomeno è multifattoriale e dipende da:
- Carenza di orientamento scolastico e universitario;
- Insufficiente supporto psicologico e didattico alle matricole;
- Problemi economici e mancanza di borse di studio adeguate;
- Scarsa flessibilità dei corsi rispetto alle esigenze degli studenti-lavoratori.
Il sistema universitario italiano rischia così di perdere ogni anno migliaia di talenti, bloccati da ostacoli che potenzialmente potrebbero essere superati attraverso interventi mirati.
Il valore del titolo di studio: laureati sottopagati
Un altro dato allarmante emerso dal rapporto OCSE Education at a Glance riguarda il reddito dei laureati italiani. Negli ultimi anni si è assistito a un’inversione di tendenza: i laureati, soprattutto nelle fasi iniziali della carriera, guadagnano meno rispetto ai diplomati.
Le cause sono molteplici:
- Un mercato del lavoro rigido, che fatica a riconoscere il valore aggiunto dei titoli di studio;
- Una diffusa sovraistruzione, ovvero la presenza di laureati in ruoli per cui non è richiesta la laurea;
- La precarietà contrattuale diffusa tra i neolaureati;
- La mancanza di connessione tra università e mondo del lavoro.
La conseguenza è una demotivazione diffusa tra chi si accinge al percorso universitario e un’ulteriore spinta a considerare la laurea come un privilegio familiare, più che una conquista personale.
Disuguaglianza e realtà delle università italiane
La disuguaglianza nell’istruzione in Italia si riflette su molti livelli:
- Differenze marcate tra Nord e Sud nella qualità e quantità dell’offerta universitaria;
- Disomogeneità nell’accesso alle strutture, alle borse di studio e ai servizi di supporto;
- Diversità nelle prospettive occupazionali post-laurea tra diversi atenei e corsi di laurea.
Le condizioni delle università italiane, spesso trascurate, contribuiscono ad acuire queste disparità, rendendo il percorso universitario un vero e proprio “affare di famiglia”, accessibile principalmente a chi può permetterselo.
Le radici storiche delle disuguaglianze
Per comprendere a fondo perché oggi la meritocrazia in Italia zoppichi, è necessario intraprendere un viaggio nella storia del sistema universitario italiano. Tradizionalmente, l’università italiana è stata frequentata da una élite ristretta, e solo negli ultimi decenni si è assistito a un tentativo di allargamento della base di accesso. Tuttavia, la mancanza di politiche efficaci a sostegno del diritto allo studio, unita a un sistema di welfare studentesco ancora fragile, ha impedito che la democratizzazione dell’accesso fosse reale e duratura.
La voce degli studenti e dei docenti
I problemi strutturali sopra evidenziati trovano puntuale riscontro nelle testimonianze di studenti e docenti universitari. Numerose indagini qualitative riportano che:
- Molti studenti percepiscono l’università come distante dalle loro esigenze quotidiane;
- I docenti lamentano un’applicazione formale dei principi meritocratici, senza un reale sostegno a chi merita.
Tra le criticità evidenziate:
- Sovraffollamento delle aule;
- Tempi lunghi per accedere a servizi essenziali come alloggi o borse di studio;
- Scarsa digitalizzazione e rinnovamento delle strutture.
Queste problematiche contribuiscono a mantenere bassa sia la qualità percepita del sistema che la fiducia nella capacità dell’università italiana di essere davvero uno strumento di mobilità e meritocrazia.
Prospettive internazionali: il confronto con l’estero
Il rapporto OCSE permette anche un confronto tra l’Italia e gli altri Paesi Europei e OCSE. Molti Paesi hanno adottato strategie innovative per ridurre la disuguaglianza nell’accesso all’istruzione superiore e potenziare la meritocrazia, come:
- Sistemi di borse di studio più generosi e inclusivi;
- Consolidata rete di tutoraggio tra pari;
- Maggiore flessibilità nei percorsi di studio.
Mentre in Italia il sistema rimane fortemente stratificato, in Francia, Germania e nei Paesi Scandinavi si registra una maggiore apertura verso studenti provenienti da contesti meno privilegiati. Questo favorisce sia l’inclusione che l’innovazione sociale ed economica.
Possibili soluzioni e strategie di riforma
La situazione fotografata dal rapporto OCSE Education at a Glance 2025 richiede risposte concrete e immediate per promuovere vera meritocrazia in Italia. Alcune strategie possibili includono:
- Rafforzamento delle politiche di borse di studio, con criteri sia di reddito che di merito, per ridurre il peso delle disuguaglianze di partenza;
- Miglioramento del sistema di orientamento scolastico e universitario, per aiutare gli studenti anche nelle aree meno servite;
- Investimenti nelle infrastrutture universitarie, con particolare attenzione al Sud e alle aree interne;
- Creazione di tirocini e stage realmente formativi, in collaborazione con le imprese e le istituzioni locali;
- Maggiore integrazione tra università e mondo del lavoro, attraverso l’aggiornamento dei corsi di laurea e la promozione di competenze trasversali.
Se politiche efficaci non verranno attuate nei prossimi anni, il rischio è quello di rendere cronico il problema della disuguaglianza nell’accesso all’istruzione superiore e bloccare ulteriormente l’ascensore sociale nel nostro Paese.
Conclusioni: tra necessità di cambiamento e futuro incerto
L’analisi dei principali dati e tendenze relativi all’università in Italia mostra come la meritocrazia, più che una realtà, sia ancora una sfida aperta. I problemi legati a abbandono universitario, disparità di reddito tra laureati e diplomati, disomogeneità nell’accesso all’offerta formativa e scarsa mobilità sociale sono radicati e complessi. È fondamentale che la politica e le istituzioni accademiche lavorino insieme a una riforma sistemica e coraggiosa, ponendo al centro l’obiettivo di rendere l’università italiana un ambiente equo, aperto e davvero meritocratico. Solo così potremo garantire alle nuove generazioni un futuro migliore e colmare quel divario che, anno dopo anno, rischia di diventare incolmabile.