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Studenti in Piazza a Napoli: Il Flash-mob contro gli Accordi tra Università e Israele
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Studenti in Piazza a Napoli: Il Flash-mob contro gli Accordi tra Università e Israele

La Federico II teatro di una manifestazione studentesca: cuscini in strada, appello a Lorito e richiesta di scelte etiche sull’autonomia universitaria

Studenti in Piazza a Napoli: Il Flash-mob contro gli Accordi tra Università e Israele

Indice dei contenuti

  1. Introduzione agli eventi del 30 ottobre 2025
  2. Il contesto della protesta studentesca a Napoli
  3. Perché gli accordi tra Università Federico II e Israele sono sotto accusa
  4. Il flash-mob: cuscini in strada e simbolismo della protesta pacifica
  5. L’appello degli studenti e la raccolta firme contro gli accordi
  6. Le richieste: rescissione degli accordi e dimissioni del rettore dalla Fondazione MedOr
  7. Le reazioni dell’Ateneo e del rettore Matteo Lorito
  8. La posizione del corpo docente e il ruolo della comunità accademica
  9. La voce degli studenti pro Palestina: testimonianze e motivazioni
  10. Le implicazioni etiche ed educative del caso
  11. Il dibattito nazionale sugli accordi accademici con Israele
  12. La dimensione internazionale: Movimenti universitari e solidarietà globale
  13. Sintesi e prospettive future della protesta nelle università italiane

Introduzione agli eventi del 30 ottobre 2025

Il 30 ottobre 2025, Napoli ha visto una delle più partecipate proteste universitarie degli ultimi anni grazie all'iniziativa degli studenti della Federico II. La piazza antistante l’Ateneo si è trasformata in uno scenario di intensa espressione civile dove centinaia di studenti e studentesse hanno dato voce alle proprie richieste tramite un flash-mob. La manifestazione, che si inserisce nel quadro più ampio delle proteste studentesche pro Palestina, aveva un obiettivo preciso: sollecitare la sospensione degli accordi accademici tra l’Università degli Studi di Napoli Federico II e alcune istituzioni israeliane. Il rettore Matteo Lorito è stato direttamente interpellato, sia con una lettera pubblica sia con la richiesta formale di dimettersi dalla Fondazione MedOr, organismo impegnato nella cooperazione euromediterranea.

Il contesto della protesta studentesca a Napoli

Il flash-mob non nasce dal nulla, ma si inserisce in una fase storica delicata e complessa, segnata dal protrarsi del conflitto israelo-palestinese. Negli ultimi mesi, in diverse università italiane si sono moltiplicate le iniziative di solidarietà con il popolo palestinese, spesso orientate verso azioni di boicottaggio accademico nei confronti di istituzioni israeliane. Nel caso di Napoli, la Federico II si è ritrovata al centro di una mobilitazione che coinvolge circa 2500 firme tra studenti e docenti, a testimoniare la profondità del disagio e dell’urgenza avvertita all’interno dell’ambiente universitario.

Perché gli accordi tra Università Federico II e Israele sono sotto accusa

Gli accordi di cooperazione tra la Federico II di Napoli e alcune università israeliane sono stati stipulati per favorire lo scambio scientifico, culturale e didattico. Tuttavia, in un periodo caratterizzato da violenza e continue emergenze umanitarie in Palestina, una parte consistente della comunità accademica ha iniziato a contestarli. Gli attivisti, e non solo, sostengono che tali partnership rischiano di essere percepite come una legittimazione delle politiche dello Stato di Israele nei territori occupati, sollevando un delicato problema etico e politico. In questa ottica, la protesta assume un valore che va oltre il semplice dissenso: diventa una presa di posizione su cosa debba essere l’università pubblica in termini di responsabilità sociale.

Il flash-mob: cuscini in strada e simbolismo della protesta pacifica

Un’immagine destinata a restare scolpita nella memoria collettiva di Napoli e non solo: decine di studenti e studentesse hanno portato con sé cuscini, li hanno posati a terra e vi si sono seduti in silenzio. Un gesto dall’impatto visivo fortissimo, scelto per trasmettere un messaggio chiaro: il desiderio di pace e la nonviolenza. Il cuscino, elemento associato al riposo e alla sicurezza, vuole simboleggiare la richiesta di serenità e tutela che appartiene ad ogni giovane, ovunque nel mondo: dagli studenti napoletani a quelli palestinesi, passando per tutte le vittime di conflitti e ingiustizie. Si è trattato di una protesta senza slogan urlati, lontana dagli scontri o dalle esasperazioni, il che ha dato una forza nuova e una risonanza ancor maggiore al loro appello.

L’appello degli studenti e la raccolta firme contro gli accordi

Dietro l’organizzazione del flash-mob si trova un movimento che si nutre di partecipazione attiva e consenso crescente. La lettera indirizzata al rettore Lorito, firmata da oltre 2500 tra studenti e docenti della Federico II, rappresenta la concretizzazione di un disagio trasversale. L’appello, reso pubblico attraverso vari canali digitali e cartacei, chiede l’immediata rescissione degli accordi esistenti con le università israeliane ritenendo inaccettabile, per una struttura pubblica di formazione e ricerca, mantenere rapporti con istituzioni che – secondo la posizione degli estensori – non prendono le distanze dalle politiche di occupazione e violenza nei confronti della popolazione palestinese. Come si evidenzia nel testo:

Esprimiamo una chiara richiesta di responsabilità etica e trasparenza alle istituzioni accademiche, chiedendo che si ponga fine ad ogni forma di cooperazione con istituzioni complici della violazione dei diritti umani.

L’organizzazione logistica e la perseveranza nella raccolta firme sono state a loro volta la prova della determinazione studentesca, oltreché della capacità di mobilitare la comunità accademica.

Le richieste: rescissione degli accordi e dimissioni del rettore dalla Fondazione MedOr

Oltre alla questione degli accordi accademici, al centro delle richieste vi è anche la posizione del rettore Lorito come membro della Fondazione MedOr. Secondo i promotori della protesta, la Fondazione ha un ruolo non neutrale nelle dinamiche geopolitiche dell’area mediterranea, in particolare nei rapporti con le istituzioni israeliane. Gli studenti non solo chiedono la rescissione di tutte le collaborazioni accademiche ma pretendono anche un chiaro atto di responsabilità etica da parte del rettore, con le dimissioni dalla fondazione. Questa doppia richiesta è segno di una crescente attenzione sull’autonomia, non solo amministrativa, ma anche morale dell’università nel panorama internazionale.

Le reazioni dell’Ateneo e del rettore Matteo Lorito

A seguito della manifestazione, il rettore Matteo Lorito non si è sottratto al confronto, precisando che tutti gli accordi sottoscritti dalla Federico II sono regolarmente supervisionati dagli organi accademici competenti e orientati allo sviluppo del sapere, della ricerca e al dialogo internazionale. In più occasioni, Lorito ha espresso apertura al dialogo, sottolineando la necessità di distinguere le relazioni accademiche dal sostegno politico diretto. Tuttavia, in una fase storica segnata dall’acuirsi delle tensioni tra Israele e Palestina, tali rassicurazioni non sono sembrate sufficienti a placare il malcontento, né a dissipare i dubbi sulla neutralità delle collaborazioni internazionali intraprese dall’ateneo.

La posizione del corpo docente e il ruolo della comunità accademica

Il coinvolgimento di numerosi docenti tra i firmatari dell’appello rivela come il malcontento non riguardi solo gli studenti. Anche una fetta non trascurabile del corpo insegnante esprime riserve sugli attuali criteri di selezione dei partner internazionali. Secondo alcuni professori, ciò che servirebbe è la creazione di un osservatorio interno in grado di valutare gli impatti etici delle collaborazioni internazionali, soprattutto in contesti di particolare sensibilità geopolitica. Tra le proposte emerse durante i dibattiti vi sono:

  • L’avvio di tavoli permanenti di confronto tra studenti, docenti e organi di governo dell’ateneo
  • La predisposizione di regole trasparenti e pubbliche nella stipula di accordi internazionali
  • Una maggiore attenzione alle ricadute sociali delle collaborazioni accademiche

Queste proposte sottolineano come la questione, oltre che etica, sia anche metodologica: riguarda cioè il modo in cui una grande università pubblica come la Federico II dialoga col mondo globale.

La voce degli studenti pro Palestina: testimonianze e motivazioni

Il cuore della protesta resta la testimonianza diretta degli studenti pro Palestina. Secondo quanto raccolto durante il sit-in nel centro di Napoli, in molti hanno sottolineato come la loro non sia una mera opposizione ideologica, ma una chiamata all’assunzione di responsabilità concreta e tangibile. Alcuni hanno raccontato, in modo toccante, storie di coetanei palestinesi che non hanno accesso all’istruzione universitaria a causa del protrarsi del conflitto.

“Siamo qui per chiedere che l’università sia davvero uno spazio di pace e tutela dei diritti umani, a partire da ciò che facciamo nei nostri accordi internazionali”, ha dichiarato una rappresentante degli studenti durante la manifestazione.

I racconti individuali si sono alternati a interventi collettivi, in cui è emerso il bisogno di sentirsi parte di una comunità globale più consapevole della propria forza morale e politica.

Le implicazioni etiche ed educative del caso

La protesta rappresenta uno spartiacque rispetto al modo in cui l’università viene percepita dalle nuove generazioni: non solo luogo di trasmissione del sapere ma anche spazio di azione politica e di responsabilità etica. In questo senso, i flash mob studenti Napoli acquisiscono un significato che supera i confini locali, suggerendo un nuovo modello di partecipazione civica e accademica.

In particolare, si solleva la domanda su quale sia oggi il ruolo dell’università davanti alle sfide della comunità internazionale. È opportuno mantenere relazioni accademiche con università di Stati impegnati in conflitti armati e criticati per violazione dei diritti umani? Fino a che punto l’autonomia universitaria può o deve essere esercitata in modo indipendente dal contesto geopolitico? Per molti degli studenti e dei docenti coinvolti nella protesta, la risposta sta nella capacità di saper conciliare la libertà scientifica con una ferma posizione etica e politica.

Il dibattito nazionale sugli accordi accademici con Israele

Il caso della Federico II si inserisce in una più ampia discussione che sta attraversando l’intero sistema universitario italiano. Negli ultimi anni sono stati numerosi i casi di boicottaggio accademico o di sospensione di accordi con enti israeliani, spesso in risposta ad appelli internazionali promossi da organizzazioni per la difesa dei diritti umani. La discussione si fa particolarmente accesa alla luce delle tensioni geopolitiche recenti, spingendo rettori e organi accademici a confrontarsi – talvolta anche internamente – sulla reale utilità o criticità di queste collaborazioni.

Non mancano voci contrarie anche all’interno del mondo accademico: alcuni ritengono che la cooperazione scientifica debba sempre e comunque essere perseguita indipendentemente dal contesto politico, nella convinzione che il sapere sia strumento di costruzione della pace.

La dimensione internazionale: Movimenti universitari e solidarietà globale

Quello avvenuto a Napoli si collega alla vasta rete di mobilitazioni in corso nelle università internazionali, dove le proteste pro Palestina assumono forme diverse ma radicate nello stesso sostrato di valori. In altri Paesi europei, così come negli Stati Uniti e in Canada, numerosi atenei sono stati teatro di manifestazioni, boicottaggi simbolici, raccolte firme e flash-mob – tutte iniziative accomunate dalla richiesta di una maggiore presa di posizione contro le violazioni dei diritti umani e una più rigorosa selezione dei partner accademici.

Ciò dimostra che i temi sollevati dagli studenti napoletani riguardano una comunità globale di giovani in cerca di giustizia e coerenza etica da parte delle istituzioni che li formano.

Sintesi e prospettive future della protesta nelle università italiane

Il flash-mob degli studenti a Napoli, con i cuscini in strada e la raccolta di 2500 adesioni all’appello contro gli accordi tra la Federico II e università israeliane, ha aperto una nuova pagina nel dibattito sulle responsabilità delle nostre istituzioni formative. Al di là delle posizioni specifiche su Israele e Palestina, resta centrale la questione di fondo posta dagli studenti: quale modello di università vogliamo, quale ruolo morale e civile attribuiamo a chi si occupa di ricerca e trasmissione del sapere?

Le proteste non accennano a placarsi, e sicuramente continueranno ad alimentare il confronto interno agli atenei e tra gli stessi studenti e i vertici accademici. Nell’epoca della globalizzazione e dell’informazione istantanea, i flash mob studenti Napoli rappresentano un esempio virtuoso di partecipazione democratica e responsabilità civile.

È ormai evidente che la questione dei rapporti tra università italiane e Israele – insieme ai più generali temi dei diritti umani e dell’etica accademica – resterà al centro del dibattito pubblico nei prossimi mesi, formando le nuove generazioni alla cittadinanza attiva e alla consapevolezza globale.

Pubblicato il: 30 ottobre 2025 alle ore 11:52

Savino Grimaldi

Articolo creato da

Savino Grimaldi

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