Licenziamenti nelle PMI: lo scenario cambia dopo la sentenza della Corte Costituzionale n. 118/2025
Indice
- Premessa: il quadro normativo prima della sentenza
- La sentenza n. 118/2025: un cambiamento epocale
- Cosa cambia per le piccole imprese
- Indennità per licenziamento: dal tetto di 6 a 18 mensilità
- Motivazioni della Corte e prospettive future
- Impatti pratici: aumento dei contenziosi?
- Risposta delle associazioni di categoria e delle parti sociali
- Gli interrogativi ancora aperti
- Conclusioni e sintesi finale
Premessa: il quadro normativo prima della sentenza
Per comprendere appieno la portata della sentenza corte costituzionale licenziamenti n. 118/2025, è necessario ricostruire brevemente quale fosse la disciplina dei licenziamenti nelle piccole imprese fino all’estate 2025. Le cosiddette “micro” e “piccole” imprese, ossia quelle fino a 15 dipendenti, hanno storicamente goduto di una regolamentazione meno rigida rispetto alle grandi aziende per quanto riguarda i licenziamenti individuali.
Fino a pochi mesi fa, in caso di licenziamento illegittimo, il limite massimo all’indennizzo licenziamento piccole imprese era fissato in 6 mensilità. Questo limite, introdotto dal Jobs Act, era stato giustificato con l’esigenza di evitare eccessive penalizzazioni ad aziende meno strutturate economicamente. La finalità era quella di garantire sì una tutela ai lavoratori, ma bilanciando con la necessità di non mettere in crisi la fragile economia delle PMI italiane.
Negli anni successivi al Jobs Act, però, numerosi ricorsi avevano sollevato dubbi di costituzionalità sulla disparità di trattamento tra lavoratori di grandi e piccole imprese, specie rispetto all’articolo 3 della Costituzione.
La sentenza n. 118/2025: un cambiamento epocale
Il 12 luglio 2025 la Corte Costituzionale si è espressa su tali questioni con la sentenza n. 118/2025, destinata a rivoluzionare la materia dei licenziamenti in Italia, soprattutto per quanto riguarda le PMI. Questa sentenza rappresenta un importante aggiornamento della nuova disciplina licenziamenti 2025.
In sintesi, la Consulta ha dichiarato illegittimo il limite massimo di 6 mensilità previsto dall’art. 9 della legge n. 604/1966, così come novellata dal d.lgs. 23/2015, sancendo che la restituzione del rapporto tra tutela e danno subito dal lavoratore illegittimamente licenziato dovesse essere più equa e proporzionata.
Il dispositivo ha abrogato il precedente tetto e riconosciuto ai lavoratori delle piccole imprese, in caso di licenziamento illegittimo, il diritto a un’indennità che può arrivare fino a 18 mensilità. Questo porta il trattamento dei lavoratori delle PMI sempre più vicino a quello riservato ai dipendenti delle aziende più grandi.
Cosa cambia per le piccole imprese
Il passaggio da un massimo di 6 a 18 mensilità per l’indennizzo licenziamento piccole imprese è tutt’altro che formale: innalza considerevolmente la soglia del rischio economico per le PMI in caso di contenzioso per licenziamento.
In concreto, con questo aggiornamento della licenziamenti normativa aggiornamento 2025, qualsiasi impresa con meno di 15 dipendenti si troverà costretta a mettere in conto, nel caso di causa persa, un esborso potenzialmente tre volte superiore rispetto al passato. Un cambiamento che, per le aziende familiari o artigiane, può rappresentare un serio scossone nella gestione della forza lavoro.
Le principali novità introdotte possono essere così riassunte:
- Eliminazione del tetto massimo di 6 mensilità
- Nuovo limite massimo fissato a 18 mensilità
- Parificazione progressiva tra lavoratori di grandi e piccole aziende
- Maggiore discrezionalità ai giudici nel commisurare l’indennità
- Necessità per le PMI di adeguare le proprie policy e procedure di licenziamento
Il timore più concreto è che la misura incentivi un incremento dei contenziosi licenziamento piccole imprese, modificando il comportamento sia delle imprese, sia del personale.
Indennità per licenziamento: dal tetto di 6 a 18 mensilità
Proprio il balzo nel trattamento indennitario, che ora può arrivare fino a 18 mensilità, rappresenta la novità di maggior rilievo. Cosa significa, però, nel concreto?
Immaginiamo, ad esempio, un dipendente con anzianità di servizio decennale e retribuzione media di 1.300 euro mensili. Fino a luglio 2025, il massimo ottenibile in caso di licenziamento illegittimo era pari a 7.800 euro (6 mensilità x 1.300 euro). Oggi, dopo la sentenza della Corte Costituzionale licenziamenti 118/2025, la stessa controversia potrebbe comportare per il datore di lavoro una condanna fino a 23.400 euro.
Il giudice, nel determinare l’indennità, dovrà basarsi su criteri oggettivi quali anzianità di servizio, entità della violazione, condizioni soggettive delle parti e gravità della condotta. Ciò aumenta anche la rilevanza della valutazione specifica del singolo caso, riducendo margini di automatismo e incertezza giuridica.
Per i lavoratori delle PMI, questa svolta può rappresentare un rafforzamento delle licenziamento tutele lavoratori pmi, con conseguente maggiore protezione e deterrenza verso possibili abusi da parte dei datori di lavoro.
Motivazioni della Corte e prospettive future
Quali sono i presupposti che hanno spinto la Consulta a rivoluzionare un quadro che sembrava ormai consolidato?
Secondo quanto riportato nelle motivazioni della sentenza, la Corte ha ritenuto che il limite delle 6 mensilità producesse una “tutela irragionevolmente debole” per i lavoratori delle PMI, in violazione dei principi di eguaglianza e ragionevolezza sanciti dalla Costituzione. La differenziazione tra lavoratori di imprese grandi e piccole viene ritenuta, oggi, non più attuale: sia la struttura produttiva del tessuto italiano, sia le tutele crescenti in tema di lavoro, renderebbero anacronistiche tali disparità.
Inoltre, la Corte ha evidenziato come il sistema precedente mancasse di effettività e disincentivasse l’effettivo rispetto delle norme, incoraggiando, talvolta, pratiche elusive.
La pronuncia chiede chiaramente una revisione complessiva della materia dei licenziamenti, auspicando un intervento del legislatore entro il prossimo futuro, affinché la disciplina sia più rispondente a equità e omogeneità. In quest’ottica, non si esclude per i prossimi mesi l’avvio di una più generale riforma licenziamenti piccole aziende, che coinvolga anche altri profili (procedure, cause di giustificazione, strumenti alternativi al licenziamento).
Impatti pratici: aumento dei contenziosi?
Uno dei primi effetti subito riscontrabili della sentenza 118/2025 è il rischio di un aumento dei contenziosi per licenziamento nelle piccole imprese. La prospettiva di un risarcimento più elevato può indurre i lavoratori dell’area PMI a contestare più frequentemente i provvedimenti di recesso, soprattutto nelle ipotesi borderline o poco motivate.
Al tempo stesso, l’innalzamento dell’indennità si traduce in un rischio maggiore per il datore di lavoro. Le aziende artigianali, a conduzione familiare o con poche risorse, potrebbero trovarsi in difficoltà nell’affrontare improvvisi esborsi molto onerosi, mettendo a rischio la continuità stessa delle attività imprenditoriali.
Gli operatori legali sottolineano inoltre il rischio di allungamento dei tempi processuali e l’intasamento dei tribunali del lavoro, già segnati da un consistente arretrato.
Gli esperti segnalano che la maggiore esposizione finanziaria potrebbe:
- Indurre le PMI a un utilizzo più parsimonioso del licenziamento
- Incentivare la conclusione di contratti a termine o somministrazione anziché rapporti a tempo indeterminato
- Spingere verso l’attivazione obbligatoria di coperture assicurative a tutela dal rischio contenzioso
- Rafforzare la ricerca di modalità alternative di gestione delle crisi occupazionali
Risposta delle associazioni di categoria e delle parti sociali
Molte associazioni di categoria hanno accolto la riforma licenziamenti piccole aziende con preoccupazione. In particolare, imprenditori, artigiani e rappresentanti delle piccole imprese hanno manifestato timori per la sostenibilità economica del nuovo sistema, sottolineando come il costo potenziale di un licenziamento illegittimo possa mettere a rischio la sopravvivenza della microimpresa.
I sindacati, viceversa, leggono la decisione come un atto di giustizia e un passo avanti verso una più ampia eguaglianza nei diritti dei lavoratori, auspicando che il legislatore intervenga rafforzando ulteriormente le tutele previste.
I giuslavoristi sottolineano la necessità di un pronto adeguamento da parte delle PMI sia a livello di gestione delle risorse umane che di cultura aziendale, suggerendo:
- Formazione specifica dei titolari sulle nuove procedure
- Attenta documentazione dei motivi del licenziamento e correttezza nella gestione delle relazioni
- Valutazione preventiva dei rischi economici e legali
Il confronto tra imprese, sindacati e governo nei prossimi mesi sarà determinante per orientare la nuova normativa in modo equilibrato e sostenibile.
Gli interrogativi ancora aperti
Nonostante la chiarezza della pronuncia della Corte Costituzionale licenziamenti 118/2025, restano diversi nodi da sciogliere, che saranno oggetto di dibattito nei prossimi mesi:
- Quali saranno i criteri precisi ai quali i giudici dovranno attenersi nella determinazione dell’indennità, in mancanza di nuovi parametri legislativi?
- Come andrà ricomposto il bilanciamento tra tutele dei lavoratori e libertà di iniziativa economica delle PMI?
- Il legislatore interverrà con una riforma organica o si limiterà a ritocchi “chirurgici” per correggere le disparità?
- Quale impatto avrà questa sentenza sull’occupazione e sulla propensione delle PMI ad assumere a tempo indeterminato?
La sensazione generale, tra operatori del settore, è che la sentenza apra una fase di transizione destinata a protrarsi almeno fino a che il quadro normativo non verrà nuovamente aggiornato dal Parlamento.
Conclusioni e sintesi finale
La sentenza della Corte Costituzionale n. 118/2025 costituisce uno spartiacque epocale in tema di licenziamenti pmi novità 2025. Il superamento del tetto di 6 mensilità nell’indennizzo licenziamento piccole imprese inaugura una stagione di maggiori tutele per i lavoratori delle PMI ma, contestualmente, incrementa i rischi e le responsabilità a carico delle aziende.
In uno scenario che rischia di diventare un vero e proprio “puzzle”, secondo quanto riconosciuto dalla stessa Consulta, si impongono oggi scelte consapevoli, formazione, attenzione alle procedure e, soprattutto, un intervento normativo di ampio respiro per evitare squilibri e incertezze per tutti gli operatori del settore.