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La formazione professionale al centro del mercato del lavoro
Lavoro

La formazione professionale al centro del mercato del lavoro

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L'importanza strategica del sistema formativo per imprese e lavoratori secondo Di Maio (Assolavoro Formazione)

La formazione professionale al centro del mercato del lavoro

Indice

  • Introduzione: il valore della formazione secondo Di Maio
  • La piramide rovesciata del mercato del lavoro
  • Il sistema della formazione professionale: uno strumento ancora sottoutilizzato
  • Aggiornamento delle competenze: la sfida dell’upskilling e del reskilling
  • Il ruolo delle imprese nel promuovere la formazione dei lavoratori
  • L’importanza della formazione per la riduzione dell’inattività
  • Integrazione tra scuola e lavoro: una sfida per il futuro
  • La gestione delle pratiche fragili: tutela e valorizzazione
  • Milano e l’ecosistema della formazione
  • Conclusioni: la formazione, motore di innovazione ed inclusione

Introduzione: il valore della formazione secondo Di Maio

La formazione professionale si configura oggi come uno degli assi portanti del mercato del lavoro. L’affermazione di Luigi Di Maio, presidente di Assolavoro Formazione, pronunciata a Milano lo scorso 11 luglio 2025, rappresenta lo specchio di un dibattito cruciale per la società contemporanea: «La formazione professionale è fondamentale per il mercato del lavoro», ha dichiarato Di Maio. La sua analisi, approfondita e strutturata, pone la formazione non solo come accessorio utile, ma come pilastro irrinunciabile per la competitività e la vitalità economica.

Il contesto attuale, segnato dall’accelerazione tecnologica, dalla transizione digitale e dalle crisi produttive internazionali, impone un continuo aggiornamento delle competenze. Secondo Di Maio, il sistema della formazione professionale è il vertice di una piramide rovesciata su cui poggia l’intera struttura del mercato del lavoro. Non si tratta dunque di un optional, ma di una necessità strategica per rispondere alle sfide poste dall’evoluzione delle esigenze produttive e dalle transizioni lavorative.

La piramide rovesciata del mercato del lavoro

Di Maio utilizza una metafora efficace: quella della piramide rovesciata. In una società sempre più complessa, la base solida dell’occupazione dipende dalla punta di questa piramide, rappresentata dal sistema della formazione professionale. Si tratta di un’immagine che ribalta la percezione tradizionale, dove il lavoro sarebbe l’espressione ultima di un percorso che parte dalla scuola e arriva alle imprese.

In questa visione, la formazione professionale si configura come la piattaforma portante su cui si regge la sostenibilità del mercato del lavoro, la competitività delle imprese, l’occupabilità delle persone, l’innovazione produttiva e la coesione sociale.

Da questa prospettiva, emerge chiaramente quanto una corretta valorizzazione del sistema formazione imprese sia determinante, non solo per garantire nuovi ingressi, ma anche per la riqualificazione della forza lavoro già inserita nei contesti produttivi. Far convergere risorse e attenzione su questa infrastruttura formazione-lavoro significa investire sul futuro economico del Paese.

Il sistema della formazione professionale: uno strumento ancora sottoutilizzato

Nonostante la centralità che assume all’interno del dibattito, il sistema della formazione professionale in Italia rimane, secondo Di Maio, ancora troppo spesso sottoutilizzato. Sia da parte delle persone che delle imprese esiste una sorta di reticenza, se non vera e propria diffidenza, verso il ricorso a percorsi di aggiornamento delle competenze.

La situazione è paradossale se rapportata alle esigenze del mercato contemporaneo: mancano spesso profili aggiornati, eppure gli strumenti per colmare queste lacune sono spesso ignorati. Questo scollamento rischia di impoverire il tessuto produttivo, rendere meno dinamico il mercato e lasciare indietro chi non può accedere agevolmente a queste opportunità.

Molte aziende, soprattutto di piccole e medie dimensioni, lamentano di non avere tempo, risorse o conoscenze per usufruire dei percorsi di aggiornamento offerti. I lavoratori, dal canto loro, possono percepire la formazione come una perdita di tempo, oppure essere spaventati dalla richiesta di nuove competenze in tempi rapidi. Eppure, la crescente digitalizzazione richiede uno sforzo collettivo di "upskilling" e "reskilling", indispensabile per non essere tagliati fuori dai processi produttivi evolutivi.

Aggiornamento delle competenze: la sfida dell’upskilling e del reskilling

Nella realtà del XXI secolo, l’aggiornamento delle competenze lavoro non è un’opzione ma una necessità. I termini inglesi upskilling (accrescimento del livello di competenze) e reskilling (riqualificazione professionale) sono diventati familiari nei dibattiti di politica economica ed occupazionale. Essi rappresentano la risposta sistemica alle profonde trasformazioni indotte dalla rivoluzione digitale e dalla globalizzazione dei mercati.

Per upskilling si intende l’acquisizione di nuove conoscenze e abilità all’interno dello stesso settore lavorativo. Il reskilling invece permette di cambiare ambito professionale, offrendo una nuova prospettiva di occupabilità e riducendo i rischi di disoccupazione a lungo termine. Saper promuovere questi due processi è la chiave per rendere il mercato del lavoro italiano più flessibile, inclusivo e capace di rispondere con tempestività alle mutate esigenze del presente.

Le sfide che i lavoratori devono affrontare sono molteplici. Oggi si stima che oltre il 50% dei lavori sarà trasformato in modo significativo nei prossimi 10 anni. In questo scenario, restare immobili equivale a essere esclusi dalle nuove opportunità occupazionali. La formazione professionale si pone come strumento decisivo per potenziare le competenze, accrescere la competitività dei singoli e favorire la crescita della collettività.

Il ruolo delle imprese nel promuovere la formazione dei lavoratori

Non è possibile ragionare di formazione professionale senza coinvolgere il tessuto imprenditoriale del Paese. Le imprese sono infatti un attore chiave nello sviluppo del sistema formazione imprese. La lungimiranza di molti datori di lavoro che scelgono di investire nella crescita dei propri collaboratori rappresenta un modello virtuoso, ma resta ancora poco diffusa.

Promuovere percorsi di formazione interna, accedere a finanziamenti pubblici e privati, collaborare con enti formativi qualificati sono solo alcune delle strategie che le aziende possono mettere in campo per favorire la crescita collettiva. Il punto di svolta sarà forse quello di passare dal considerare la formazione come un mero costo a vederla come un vero investimento, destinato a generare ritorni concreti in termini di produttività, innovazione e benessere organizzativo.

Le best practice internazionali dimostrano come, nei contesti in cui la formazione è elemento strutturale dei processi aziendali, i risultati in termini di occupabilità e produttività siano sensibilmente superiori rispetto ai contesti dove la formazione è episodica o assente.

L’importanza della formazione per la riduzione dell’inattività

Altro tema centrale segnalato da Di Maio è quello della riduzione inattività lavoro. La formazione professionale non ha un impatto solo su chi è già inserito nel quadro produttivo, ma rappresenta anche un canale d’accesso fondamentale per coloro che sono fuori dal mercato del lavoro o rischiano di restarvi a lungo.

I dati Istat evidenziano una quota ancora elevata di inattivi in Italia, particolarmente nei segmenti più giovani e in quelli più maturi della popolazione. Intervenire su questa fascia significa agire in modo preventivo contro il rischio di esclusione sociale e marginalizzazione econo-mica. Corsi di formazione, tirocini, apprendistati e percorsi personalizzati sono alcuni degli strumenti che possono essere utilizzati per rimettere in moto risorse altrimenti destinate all’inattività.

Questo fenomeno assume particolare rilevanza anche in termini di sostenibilità sociale. Una società che lascia indietro quote significative di popolazione perde in coesione e competitività, rischiando di aumentare i divari tra chi può permettersi un aggiornamento costante e chi invece rimane tagliato fuori.

Integrazione tra scuola e lavoro: una sfida per il futuro

Un ulteriore snodo riguarda l’integrazione scuola lavoro, cioè la capacità di costruire percorsi che avvicinino sin dalla fase scolastica i ragazzi alla realtà delle imprese e alla cultura della formazione permanente.

Molti osservatori lamentano la distanza tra il sistema educativo nazionale e le reali richieste del mercato del lavoro. Modelli come l’alternanza scuola-lavoro, l’apprendistato formativo e le partnership tra istituti e aziende sono tentativi di colmare questo divario, ma resta ancora molto da fare soprattutto in termini di continuità e qualità dell’offerta.

Favorire una osmosi più fluida tra scuole, agenzie formative e imprese diventa inevitabile per permettere ai giovani di accedere con maggiore facilità ai mondi professionali e per rendere più rapido il loro inserimento nel mercato del lavoro. È solo con una stretta sinergia tra questi attori che si potrà davvero superare la dicotomia tra formazione teorica e applicazione pratica.

La gestione delle pratiche fragili: tutela e valorizzazione

Un mercato del lavoro maturo si distingue anche dalla capacità di valorizzare e tutelare i profili più fragili. Il riferimento di Di Maio alla gestione lavoratori fragili richiama il bisogno di adottare politiche attive in grado di accogliere chi, per età, condizioni personali o obiettive difficoltà, rischia di essere escluso.

Una formazione professionale mirata ai bisogni di queste persone può rappresentare la leva essenziale per garantire inclusione, pari opportunità e abbattimento delle discriminazioni. Percorsi personalizzati, tutoraggio, supporto nella ricerca di lavoro e soluzioni organizzative flessibili sono solo alcune delle strade percorribili per accompagnare queste persone verso una piena realizzazione professionale.

Le politiche attive del lavoro, integrate con piani di formazione qualificata, sono la risposta più efficace alla frammentazione e alla disuguaglianza che caratterizzano il nostro mercato del lavoro.

Milano e l’ecosistema della formazione

Milano si conferma capitale dell’innovazione anche nel comparto della formazione professionale. La città, epicentro della manifattura evoluta, dei servizi finanziari, delle start-up tecnologiche e dell’economia creativa, è da anni un laboratorio a cielo aperto di buone pratiche formative.

Qui è più evidente il valore aggiunto di una rete efficace tra agenzie di formazione, istituzioni scolastiche, centri di ricerca e imprese. A Milano esiste una cultura dell’aggiornamento costante che può e deve diventare modello diffusivo per l’intero Paese.

Non a caso, la presenza di Assolavoro Formazione e di realtà che promuovono l’alta formazione per i lavoratori si accompagna a dati di occupazione più favorevoli e tassi di inattività inferiori alla media nazionale. La città fa dunque scuola, letteralmente, sulle potenzialità del sistema formativo come motore di crescita ed emancipazione.

Conclusioni: la formazione, motore di innovazione ed inclusione

Tirando le somme, il quadro delineato da Di Maio mostra come la formazione professionale sia oggi molto più di una scelta individuale o di un obbligo normativo: essa rappresenta la vera infrastruttura su cui poggia la competitività e la coesione sociale del Paese.

La sfida per il futuro sarà quella di superare le resistenze culturali e organizzative che ancora oggi frenano la piena valorizzazione del sistema formazione. È necessario investire in risorse, creare sinergie tra pubblico e privato, promuovere una cultura della formazione continua tanto tra i lavoratori quanto tra le imprese.

Solo così sarà possibile assicurare al mercato del lavoro, e alla società tutta, la capacità di affrontare le grandi trasformazioni in corso senza lasciare indietro nessuno. L’aggiornamento delle competenze, l’integrazione tra scuola e lavoro, la riduzione dell’inattività e la gestione delle fragilità lavorative diventano così non solo obiettivi auspicabili ma condizioni imprescindibili per lo sviluppo.

Milano, in questo scenario, può fare da apripista grazie al suo ecosistema dinamico e inclusivo, ma l'esempio deve essere raccolto in tutta Italia per costruire un vero e proprio patto generazionale e produttivo intorno al motore della formazione.

La strada è tracciata: mettere la formazione professionale al centro dell’agenda politica, economica e sociale rappresenta oggi la scelta più lungimirante per garantire un lavoro che sia non solo fonte di reddito, ma anche di crescita, inclusione e dignità per tutti.

Pubblicato il: 11 luglio 2025 alle ore 13:19

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