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Violenza giovanile: nuove sfide educative tra telefoni e scuola secondo lo psichiatra Andreoli
Editoriali

Violenza giovanile: nuove sfide educative tra telefoni e scuola secondo lo psichiatra Andreoli

Disponibile in formato audio

Il dibattito sull'educazione dei giovani tra responsabilità, tecnologie e regole

1. Introduzione e contesto del dibattito

Negli ultimi anni il fenomeno della violenza giovanile è tornato al centro dell’attenzione delle istituzioni, dei media e dell’opinione pubblica. Spesso, di fronte a episodi di bullismo, cyberbullismo o microcriminalità tra minori, il dibattito si traduce nella ricerca di cause e responsabilità. Su chi ricade la colpa? Sono i genitori a non essere sufficientemente presenti? È la scuola a non educare abbastanza al rispetto delle regole? Oppure la società stessa ha perduto i propri riferimenti educativi?

Questo complesso scenario è stato affrontato dallo psichiatra Vittorino Andreoli in occasione della giornata di apertura del Salone del Libro del 15 maggio 2025. Parole che hanno aperto nuove riflessioni sul tema, soprattutto in relazione al peso che oggi hanno consolle, telefonini e social media nella crescita dei nostri ragazzi.

2. Le parole dello psichiatra Andreoli sulla violenza giovanile

Intervenendo davanti a una platea numerosa e attenta, Andreoli ha voluto innanzitutto spostare il focus del dibattito: «Smettiamola di colpevolizzare mamme, papà o docenti», ha dichiarato. Secondo lo psichiatra di fama internazionale, non serve cercare un capro espiatorio ogni volta che un giovane commette una violenza, un atto di bullismo o si mette nei guai.

La riflessione, lucida e autorevole, rilancia su una dimensione più ampia: non è solo la famiglia, non è soltanto la scuola; oggi le fonti educative delle nuove generazioni sono molteplici e la loro influenza cambia rapidamente nel tempo.

Questa posizione apre un’importante discussione sulla necessità di una nuova alleanza educativa e su una visione meno colpevolizzante e meno semplicistica dei problemi legati all’educazione giovanile oggi.

3. La responsabilità nell’educazione: genitori e docenti nel mirino

Quando si parla di devianze giovanili, il più delle volte il dito viene puntato contro i genitori e i docenti. Secondo una narrazione diffusa, sarebbero loro ad aver fallito nei rispettivi compiti di educatori: mamme e papà troppo impegnati (o troppo permissivi), insegnanti privi di autorevolezza, scuole che pensano solo alle nozioni e trascurano la formazione della persona.

Ma davvero questo è il quadro reale? Andreoli invita a rifuggire la tentazione di criminalizzare famiglie e scuole, anche perché il contesto in cui ragazzi e ragazze crescono oggi è molto più complesso rispetto al passato. I modelli di riferimento sono molteplici e spesso in contraddizione tra loro, e le modalità di relazione cambiano con una rapidità impensabile solo vent’anni fa.

La società liquida teorizzata da Bauman si riflette anche nell’ambito educativo: le certezze di ieri sono messe in discussione e la frammentazione dei punti di riferimento rende difficile definire confini precisi per le responsabilità di ciascuno.

4. Quali sono oggi le vere fonti dell’educazione giovanile?

Un tempo, le fonti di educazione di una persona erano chiare e riconoscibili: la famiglia, la scuola, la parrocchia, il gruppo sportivo. Oggi, invece, viviamo nell’era dei social media, della comunicazione continua e della pervasività delle nuove tecnologie. In questo scenario, come possiamo individuare chi educa veramente i giovani?

Secondo Andreoli, la risposta più semplice è spesso la più vera: «Oggi, le fonti di educazione sono il telefono e la scuola».

Questa affermazione fornisce una chiave di lettura potentissima: la scuola, nonostante tutte le sue fragilità, rimane uno dei pochi presìdi istituzionali dell’educazione formale; allo stesso tempo, però, i telefoni cellulari e tutto l’universo digitale rappresentano la principale fonte di valori, modelli comportamentali, linguaggi e regole per gli adolescenti.

Quali rischi e opportunità comporta tutto ciò? In che modo la convivenza tra scuola e tecnologia sta cambiando l’approccio educativo e la socializzazione delle nuove generazioni?

5. Il tempo dei ragazzi: telefoni e scuola a confronto

Uno degli elementi più significativi emersi durante l’intervento di Andreoli riguarda l’uso del tempo da parte dei giovani. I ragazzi passano circa 4,5 ore al giorno sui telefonini e circa 4,5 ore a scuola. Questa affermazione, apparentemente semplice, fotografa una realtà profonda e complessa.

  • Da un lato, la scuola rappresenta ancora una fetta consistente del tempo della giornata di un adolescente, con la possibilità di offrire esperienze formative, sociali e relazionali di grande valore.
  • Dall’altro, la stessa quantità di tempo viene assorbita dalle interazioni digitali, tra chat, social network, giochi e navigazione su contenuti di ogni genere.

L’impatto dei telefonini sulla formazione e sulle abitudini dei ragazzi è imparagonabile a qualsiasi altro media del passato. Se la scuola è «obbligatoria», l’uso dei telefoni è ormai «necessario» agli occhi dei giovani per sentirsi parte del proprio gruppo di pari.

Diventa dunque fondamentale riflettere non solo sul ruolo della scuola, ma anche su quello delle nuove tecnologie, forti di una capacità di influenzare i comportamenti e le scelte dei giovani con una rapidità senza precedenti.

6. L’impatto dei telefoni sulla crescita degli adolescenti

L’impatto dei telefoni sui giovani è uno degli argomenti più dibattuti negli ultimi anni dagli esperti di pedagogia, psicologia, sociologia e neuroscienze. Le ricerche mostrano che un uso eccessivo di smartphone può provocare:

  • Difficoltà di concentrazione e calo del rendimento scolastico
  • Aumento di ansia, stress, insicurezza e isolamento sociale
  • Riduzione delle capacità relazionali vis-à-vis
  • Esposizione precoce a contenuti inappropriati o pericolosi
  • Rischio di cyberbullismo

Tuttavia, sarebbe riduttivo leggere l’impatto dei telefoni solo come negativo. I dispositivi digitali rappresentano infatti anche opportunità di crescita, di informazione e di sperimentazione di nuovi linguaggi, se utilizzati in modo consapevole e supportati da un’efficace educazione digitale.

In questo contesto emerge in modo evidente la necessità di un «patto educativo» che veda coinvolti genitori, docenti ma anche istituzioni e aziende tecnologiche, affinché l'uso delle nuove tecnologie sia realmente funzionale al benessere dei ragazzi.

7. Il ruolo della scuola nell’educazione oggi

La scuola continua ad essere il luogo cardine della socializzazione e della crescita degli adolescenti. Nonostante le difficoltà legate alla carenza di risorse, alla crisi dell’autorevolezza di insegnanti e dirigenti, e alle sfide imposte da una società in cambiamento, la scuola resta uno degli spazi privilegiati per la trasmissione di regole, valori e competenze essenziali per la vita.

Le riforme degli ultimi anni hanno spinto verso modelli di scuola più inclusiva, partecipativa e centrata sullo studente. Tuttavia, la convivenza con le nuove tecnologie e la competizione con altre «agenzie educative» informali — prime fra tutte i social e il web — impongono una costante ridefinizione dei ruoli e delle responsabilità.

Compito della scuola è oggi più che mai quello di:

  • Promuovere una cultura della responsabilità e del rispetto
  • Educare all’uso critico e consapevole delle tecnologie
  • Fornire strumenti di prevenzione contro la violenza e il disagio
  • Favorire la costruzione di competenze trasversali (soft skills)

Il ruolo della scuola nell’educazione giovanile oggi appare dunque imprescindibile, ma non autosufficiente: c’è bisogno di un gioco di squadra che coinvolga tutti gli attori della comunità educante.

8. Le riflessioni di Crepet e il bisogno di regole

Nel solco delle riflessioni di Andreoli si inseriscono anche le parole dello psichiatra e sociologo Paolo Crepet, che da anni si occupa di regole nell’educazione. Crepet sottolinea la necessità di una «pedagogia del limite»: educare significa anche, e forse soprattutto, saper dire di no quando serve, tracciare confini, fornire punti fermi.

Nei suoi interventi pubblici Crepet richiama spesso genitori e docenti alla coerenza negli interventi educativi; se il telefono diventa la fonte primaria di apprendimento, è perché manca una progettualità educativa condivisa, una visione comune su ciò che davvero serve per crescere cittadini consapevoli e liberi.

Non si tratta di demonizzare le tecnologie, ma di farne strumenti al servizio della crescita, superando tanto l’iper-permissivismo quanto l’autoritarismo del passato. Occorrono regole chiare, condivise, spiegate e – soprattutto – rispettate.

9. Come società, come possiamo rispondere?

Davanti a un quadro così complesso e mutevole, la domanda più urgente è: cosa può fare la società per prevenire e contrastare la violenza giovanile?

Le possibili strategie includono:

  1. Formazione specifica per genitori e docenti sull’uso consapevole delle tecnologie
  2. Promozione di spazi di ascolto e di confronto tra i giovani
  3. Progetti di educazione digitale integrata nei programmi scolastici
  4. Campagne di sensibilizzazione su cyberbullismo e comportamenti a rischio
  5. Maggiore collaborazione tra scuola, famiglie e servizi sociali

Solo con un approccio condiviso – caratterizzato da corresponsabilità e dialogo continuo tra tutti i soggetti educanti – sarà possibile rispondere con efficacia alle nuove sfide poste dall’era digitale.

10. Conclusioni: un’educazione da ripensare

Il contributo di psichiatri come Andreoli e Crepet stimola una riflessione profonda su come sia cambiata, negli ultimi vent’anni, la missione educativa di famiglie, scuola e società. Colpevolizzare i genitori o i docenti non è solo ingiusto, ma rischia di diventare una scorciatoia che ci impedisce di affrontare la realtà in tutta la sua complessità.

Serve uno sforzo condiviso per ripensare l’educazione giovanile oggi, valorizzando le opportunità offerte dalle nuove tecnologie ma anche riscoprendo il valore delle regole, delle relazioni e della presenza educativa. Solo così sarà possibile creare le condizioni per una crescita sana, equilibrata e responsabile delle nuove generazioni in una società sempre più interconnessa.

La violenza giovanile, in costante evoluzione insieme ai nuovi strumenti digitali, interpella tutte le agenzie educative della società. Invece di cercare colpevoli tra genitori e docenti, serve una riflessione ampia e un’azione coordinata per accompagnare i giovani all’uso consapevole delle tecnologie e al rispetto delle regole. Solo così potremo trasformare i telefoni e la scuola in alleati preziosi, e non in fonti di ulteriore conflitto generazionale.

Pubblicato il: 16 maggio 2025 alle ore 12:00

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