Pensioni 2026: Aumenti Minimi e Critiche al Sistema di Rivalutazione
Sommario
- Introduzione
- Dettagli sugli Aumenti Previsti
- Critiche al Sistema di Rivalutazione
- Il Paradosso delle Pensioni Minime
- Proposte per una Riforma del Sistema Pensionistico
- Conclusione
Introduzione
Nel 2026, le pensioni italiane subiranno un incremento dell'1,4%, come stabilito dal decreto sulla perequazione pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 28 novembre 2025. Questo adeguamento, sebbene previsto per compensare l'inflazione, ha sollevato numerose critiche a causa dell'esiguità degli aumenti effettivi per molti pensionati.
Dettagli sugli Aumenti Previsti
L'incremento dell'1,4% si traduce in aumenti mensili modesti per la maggior parte dei pensionati. Ad esempio:
- Pensioni minime lorde: passano da 616,67 euro a 619,79 euro, con un aumento di soli 3,12 euro.
- Pensioni nette da 632 euro: aumentano a 641 euro, con un incremento di 9 euro.
- Pensioni da 800 euro netti: crescono anch'esse di 9 euro.
- Pensioni da 1.000 euro netti: aumentano di 11 euro.
- Pensioni lorde da 1.500 euro: dopo le detrazioni fiscali, l'aumento netto è di 17 euro.
Questi incrementi, considerati irrisori, hanno suscitato indignazione tra i sindacati e le associazioni di pensionati.
Critiche al Sistema di Rivalutazione
La Confederazione Generale Italiana del Lavoro (CGIL) ha espresso forti critiche riguardo agli aumenti previsti. Lara Ghiglione, segretaria confederale, e Lorenzo Mazzoli, segretario nazionale dello SPI-CGIL, hanno definito gli incrementi "una vergogna". La principale preoccupazione riguarda il fatto che la rivalutazione, invece di recuperare il potere d'acquisto dei pensionati, viene in gran parte assorbita dal sistema fiscale e dalle addizionali regionali e comunali, rendendo gli aumenti praticamente nulli.
Il Paradosso delle Pensioni Minime
Un'analisi tecnica coordinata da Ezio Cigna, responsabile delle politiche previdenziali della CGIL Nazionale, ha evidenziato un paradosso nel sistema pensionistico italiano. Un pensionato che ha maturato una pensione di 384 euro mensili, grazie a integrazioni e totale esenzione fiscale, arriva a percepire 749 euro netti. Al contrario, un pensionato con una pensione maturata di 692 euro, superando la soglia della no tax area, subisce trattenute fiscali che riducono l'assegno netto a 710 euro. Questo significa che chi ha versato più contributi durante la vita lavorativa può trovarsi a percepire meno di chi ha versato meno contributi.
Proposte per una Riforma del Sistema Pensionistico
Di fronte a queste criticità, la CGIL propone una riforma strutturale del sistema pensionistico. Tra le proposte avanzate vi è il rafforzamento della quattordicesima mensilità per i pensionati con redditi più bassi, al fine di garantire un sostegno economico più significativo. Inoltre, si suggerisce una revisione delle soglie di esenzione fiscale per evitare che gli aumenti previsti vengano annullati dalle trattenute fiscali.
Conclusione
L'incremento dell'1,4% delle pensioni previsto per il 2026, sebbene formalmente destinato a compensare l'inflazione, si traduce in aumenti effettivi minimi che non rispondono alle esigenze dei pensionati italiani. Le critiche sollevate evidenziano la necessità di una riforma del sistema di rivalutazione delle pensioni, al fine di garantire un reale miglioramento del potere d'acquisto per tutti i pensionati.