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Perché AMD pagherà di più per i chip prodotti negli USA
Tecnologia

Perché AMD pagherà di più per i chip prodotti negli USA

Disponibile in formato audio

Lisa Su spiega le scelte strategiche alla base della produzione americana e l'impatto geopolitico sul settore dei semiconduttori

Perché AMD pagherà di più per i chip prodotti negli USA

Indice

  • Introduzione
  • Il contesto globale dei semiconduttori
  • La posizione di Lisa Su: motivazioni strategiche
  • I costi della produzione negli Stati Uniti
  • Il ruolo di TSMC in Arizona
  • Diversificazione e sicurezza della filiera produttiva
  • Le sfide geopolitiche: il caso della Cina
  • L’impatto sull’intelligenza artificiale e sulle tecnologie avanzate
  • Prospettive future e possibili scenari per AMD e il settore
  • Sintesi e riflessioni finali

Introduzione

Il settore dei semiconduttori è diventato, nell’ultimo decennio, una delle principali arene di competizione globale, non solo sotto il profilo economico ma anche strategico e geopolitico. Lo spazio che le grandi aziende tech riservano alla produzione di chip – cuore pulsante dei dispositivi digitali e, più recentemente, delle tecnologie legate all’intelligenza artificiale – è in costante espansione. In questo contesto, la decisione di AMD, guidata dalla CEO Lisa Su, di produrre chip anche negli Stati Uniti con TSMC, pur a costo di un aumento fino al 20%, rappresenta una scelta destinata a ridefinire gli equilibri industriali e politici di tutto il comparto.

Il contesto globale dei semiconduttori

La produzione globale dei semiconduttori si concentra storicamente nelle regioni asiatiche, in particolare a Taiwan e nella Corea del Sud. Il dominio di TSMC (Taiwan Semiconductor Manufacturing Company) è rimasto incontrastato, grazie a capacità produttive avanzate e ad una logistica efficiente. Negli ultimi anni, tuttavia, le crescenti tensioni tra Stati Uniti e Cina, accompagnate da pandemie e crisi logistiche, hanno evidenziato la vulnerabilità di una filiera troppo dipendente da una singola area geografica.

I semiconduttori sono ormai essenziali per ogni settore industriale, dall’automotive alla difesa, dall’elettronica di consumo alle infrastrutture digitali della pubblica amministrazione. Per questo, la produzione e il controllo dei chip rappresentano una vera e propria questione di sicurezza nazionale, aprendo la strada a massicci investimenti pubblici e privati per riportare la manifattura in territori più vicini o politicamente alleati.

La posizione di Lisa Su: motivazioni strategiche

Durante un evento sull’intelligenza artificiale a Washington, Lisa Su – CEO di AMD – ha chiarito le ragioni che hanno portato la società ad accettare costi produttivi maggiori pur di realizzare chip anche negli Stati Uniti. Pur sottolineando la solidità delle partnership in Asia – in particolare con TSMC a Taiwan – Su ha spiegato che AMD considera "strategicamente valido" l’investimento nella produzione americana.

Se i chip prodotti a Phoenix, Arizona, costeranno fino al 20% in più rispetto agli equivalenti taiwanesi, il bilancio di AMD è tuttavia pronto ad assorbire questa differenza. Secondo Lisa Su, infatti, la priorità deve essere oggi la "diversificazione delle fonti produttive", soprattutto in un momento storico caratterizzato dall’instabilità politica internazionale e dalla rapida crescita della domanda legata all’innovazione in ambito AI.

La manager taiwanese-statunitense, considerata uno degli artefici della rinascita di AMD, ha confermato che i primi sample dei chip made in USA saranno disponibili "entro la fine dell’anno". Una tempistica in linea con quanto richiesto sia dal mercato sia dai decisori politici americani.

I costi della produzione negli Stati Uniti

La differenza di costo fra produrre in Arizona o a Taiwan non è marginale, soprattutto nell’ottica di produzioni su larga scala. Lisa Su ha dichiarato pubblicamente che il prezzo finale dei chip "potrà essere fino al 20% superiore". Le ragioni di questo incremento sono numerose.

In primo luogo, il costo del lavoro negli Stati Uniti è più elevato rispetto all’Asia, non solo in termini di salari ma anche di benefit, assicurazioni e tutele, elementi tradizionalmente più forti e costosi nel mondo occidentale. A ciò si aggiunge il diverso carico fiscale, le spese per la messa in sicurezza delle infrastrutture – considerate critiche per la sicurezza nazionale – e una generale necessità di investire in formazione e in catene di fornitura spesso in via di ricostruzione.

Non va dimenticata, inoltre, la recente impennata inflattiva negli USA, che ha colpito materiali, logistica e approvvigionamenti energetici. Secondo analisi di settore, per recuperare competitività sarà cruciale il supporto pubblico, sotto forma dei cosiddetti "Chips Act" e di altre misure a sostegno della localizzazione delle produzioni high-tech.

Il ruolo di TSMC in Arizona

La scelta di AMD di mantenere TSMC come fornitore principale – anche negli Stati Uniti – riflette la volontà di non spezzare una filiera ormai collaudata. TSMC, infatti, sta attivando una nuova fabbrica proprio a Phoenix, Arizona, frutto di un investimento multimiliardario e con l’obiettivo di trasferire parte del know-how e della capacità produttiva oltre l’Oceano Pacifico.

I "chip AMD made in USA" saranno, dunque, figli del medesimo processo tecnologico avanzato già utilizzato a Taiwan, ma frutto di una maggiore sinergia con il mercato americano e in linea con le direttive della Casa Bianca. Secondo quanto emerso dall’evento di Washington, il primo lotto di chip AMD prodotti in Arizona sarà fondamentale non solo per soddisfare la domanda locale, ma anche per garantire riserve in caso di crisi internazionali o interruzioni delle vie marittime nel Pacifico.

Diversificazione e sicurezza della filiera produttiva

L’elemento chiave di questa virata americana di AMD è quindi la diversificazione della produzione. Fino ad oggi, l’intera industria dei semiconduttori globale si è spesso basata sulla "just in time production", un modello estremamente efficiente nei periodi di stabilità geopolitica ma fragile in presenza di tensioni o imprevisti.

La pandemia di COVID-19 ha insegnato alle multinazionali del settore tech quanto sia rischioso puntare tutto su un solo territorio: le chiusure improvvise delle fabbriche asiatiche hanno provocato ritardi, penurie e rincari che hanno inciso su tutta la catena del valore. In quest’ottica, il nuovo modello promosso da Lisa Su verte sulla creazione di "hub produttivi" in aree geografiche strategiche: non solo in Asia, ma anche negli Stati Uniti e, in prospettiva, in Europa.

Garantire ridondanza nella produzione significa poter continuare ad alimentare il mercato anche in caso di crisi locali, offrendo maggiore affidabilità sia ai governi che ai grandi clienti industriali.

Le sfide geopolitiche: il caso della Cina

Durante l’evento di Washington, non sono mancati accenni alla questione geopolitica, con particolare riferimento ai limiti imposti dall’export americano verso la Cina per quanto riguarda tecnologie critiche e chip di nuova generazione. L’interesse degli Stati Uniti a rafforzare la propria indipendenza dai fornitori asiatici non è solo economico, ma riguarda direttamente la sicurezza nazionale.

I rapporti tra Washington e Pechino restano tesi e la scelta di produrre chip strategici negli USA intende ridurre al minimo l’esposizione alle decisioni cinesi sotto forma di blocchi o interruzioni commerciali.

L’impatto sull’intelligenza artificiale e sulle tecnologie avanzate

La spinta verso la produzione domestica di chip è fortemente correlata anche all’ascesa dell’intelligenza artificiale. Processori sempre più avanzati sono il fondamento degli attuali sviluppi AI, che spaziano dalla guida autonoma alle soluzioni cloud, passando per big data e sanità digitale.

AMD, attore di primo piano nel mercato dei processori dedicati all’AI, non può permettersi di "rimanere indietro" rispetto ad altri giganti come NVIDIA e Intel che a loro volta investono in produzione in patria. La nuova strategia punta a consentire una maggiore rapidità di risposta alle richieste del mercato americano e, al contempo, a garantire che i dati sensibili e le architetture strategiche rimangano al sicuro all’interno dei confini nazionali.

Inoltre, la collaborazione con TSMC in Arizona garantirà agli sviluppatori e ai centri di ricerca americani accesso tempestivo ai sample di nuova generazione senza dover passare necessariamente da hub asiatici, spesso soggetti a controlli e rallentamenti dettati dalle tensioni internazionali.

Prospettive future e possibili scenari per AMD e il settore

Il mondo dei semiconduttori è per definizione dinamico e in costante mutamento. L’annuncio di AMD e le dichiarazioni di Lisa Su si collocano all’interno di una più ampia strategia che vede tutte le principali corporation del settore impegnate nel ripensare le proprie supply chain.

Nel futuro prossimo, ci si attende che i costi inizialmente più elevati della produzione americana possano essere almeno in parte assorbiti, sia grazie all’espansione delle economie di scala, sia attraverso incentivi governativi come il "CHIPS and Science Act" americano. Questi incentivi, se ben strutturati, potranno contribuire a ridurre il gap rispetto alla produzione low-cost asiatica.

Non mancheranno, tuttavia, sfide significative: formazione di personale qualificato, ricostruzione della filiera dei fornitori, necessità di aggiornare costantemente le infrastrutture per stare al passo con i mostri sacri dell’Asia. AMD dovrà anche gestire le crescenti aspettative dei clienti rispetto a prodotti sempre più performanti e affidabili.

Un altro aspetto da monitorare riguarda la sostenibilità ambientale: le fabbriche americane dovranno infatti sottostare a regolamentazioni ambientali spesso più rigide rispetto a quelle asiatiche, aggiungendo ulteriori costi ma anche offrendo un possibile vantaggio reputazionale all’azienda.

Sintesi e riflessioni finali

La decisione di AMD di avviare la produzione di chip negli Stati Uniti accettando costi superiori fino al 20% rispetto a Taiwan segna un punto di svolta non solo per l’azienda ma per l’intera industria dei semiconduttori. Al centro di questa scelta ci sono esigenze di sicurezza, diversificazione delle fonti produttive e risposta alle sfide geopolitiche, soprattutto nei confronti della Cina.

Si tratta di un investimento che guarda al lungo periodo, volto a garantire che innovazione, competitività e resilienza restino al passo con le sfide globali imposte da un mercato sempre più interconnesso – e fragile. La presenza di TSMC nel mercato americano e il coinvolgimento diretto di AMD nella produzione interna rappresentano esempi di come le industrie leader mondiali stiano rispondendo al nuovo paradigma tecnologico e politico.

Per i consumatori occidentali, il "chip AMD made in USA" sarà sinonimo di maggiore sicurezza e affidabilità, sebbene a fronte di un costo iniziale più elevato. Ma come insegna la storia recente, la garanzia di poter contare su risorse strategiche nazionali è oggi, più che mai, un valore imprescindibile per qualsiasi settore industriale e per la società nel suo complesso.

Pubblicato il: 24 luglio 2025 alle ore 06:16

Redazione EduNews24

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