COBAS e Nuove Indicazioni Nazionali: Analisi, Critiche e le Ragioni del Rifiuto della Riforma Valditara
Indice
- Premessa: Nuove Indicazioni Nazionali e il Cambiamento nel Sistema Scolastico
- Le Tappe del Processo di Consultazione
- La posizione del CESP: discontinuità e critica profonda
- Il ruolo dei COBAS: mobilitazione e alternativa sindacale
- Critiche alle nuove Indicazioni Nazionali: classismo e conservatorismo
- Focus: l’insegnamento della storia nella nuova riforma
- Le risposte del Ministero e la dinamica della consultazione
- Impatti previsti dal 2026/27 e prospettive future
- Conclusioni: una scuola tra riforme e resistenze
Premessa: Nuove Indicazioni Nazionali e il Cambiamento nel Sistema Scolastico
Le "Nuove Indicazioni Nazionali" rappresentano un momento di svolta per la scuola italiana, in particolare alla luce della bozza pubblicata il 11 marzo 2024 dal Ministro Giuseppe Valditara. Queste linee guida, destinate a entrare in vigore dall’anno scolastico 2026/27, sono oggetto di un’intensa discussione tra le organizzazioni sindacali, le associazioni professionali e il Ministero dell’Istruzione e del Merito. Il dibattito è cruciale, in quanto le Nuove Indicazioni Nazionali scuola segnano un radicale cambiamento rispetto alle linee guida tuttora vigenti, con forti ricadute su didattica, curricoli e ruolo degli insegnanti.
La questione centrale riguarda la visione della scuola che tale riforma intende promuovere: se essa debba essere uno strumento di emancipazione, formazione critica e uguaglianza sociale, oppure orientarsi verso modelli più selettivi, gerarchici e ancorati a tradizioni accademiche.
Le Tappe del Processo di Consultazione
Nel contesto della riforma scuola 2026/27, la Commissione ministeriale incaricata ha promosso una serie di incontri con associazioni professionali e sindacali. L’obiettivo dichiarato era quello di raccogliere pareri e osservazioni, ma già nella metodologia illustrata emergono criticità sotto il profilo della rappresentanza e della pluralità delle voci coinvolte.
● Il 18 giugno 2024 si svolge uno degli appuntamenti chiave: il CESP, Centro Studi per la Scuola Pubblica, prende parte ai lavori e sottopone le proprie osservazioni critiche.
● Sono presenti anche delegati dei COBAS, che si distinguono per una posizione di ferma opposizione.
Le consultazioni sono ritenute da molti settori troppo parziali e scarsamente inclusive, come sottolineato dalle proteste e dalla scarsa ricezione riservata alle osservazioni delle sigle maggiormente critiche.
La posizione del CESP: discontinuità e critica profonda
Il CESP pone l’accento su una netta discontinuità tra le nuove Indicazioni Nazionali e quelle precedenti, in particolare per quanto riguarda la struttura dei curricoli e l’approccio alla didattica della storia.
Secondo la documentazione prodotta nella seduta del 18 giugno 2024, le principali problematiche possono essere così sintetizzate:
- Eccessiva verticalizzazione dei contenuti: la nuova impostazione rischia di ridurre la didattica alla sola trasmissione di nozioni, a discapito della formazione critica e interdisciplinare dello studente.
- Mancanza di attenzione alle esigenze della scuola contemporanea: ignorando la necessità di inclusione, multiculturalismo e lotta alle disuguaglianze.
- Scarso ascolto e recepimento delle critiche: nonostante le consultazioni formali, di fatto il Ministero non avrebbe accolto le richieste e le proposte avanzate da CESP e da numerose altre associazioni.
Le opinioni CESP sulla scuola italiana, riprese più volte nei documenti pubblici, riflettono un senso di frustrazione nei confronti di un processo ritenuto poco trasparente e poco democratico.
Il ruolo dei COBAS: mobilitazione e alternativa sindacale
I COBAS (Comitati di Base della Scuola) assumono una funzione di primo piano nel contestare le nuove linee guida. Da sempre critici nei confronti delle derive selettive e classiste delle riforme ministeriali, i COBAS propongono una lettura alternativa delle criticità e indicano possibili strategie di "rifiuto attivo" delle nuove Indicazioni Nazionali.
Le motivazioni principali della protesta sindacale contro nuove IN sono:
- Una visione della scuola come luogo di formazione inclusiva e non solo di istruzione disciplinare.
- La difesa della funzione emancipatrice dell’istruzione pubblica, in opposizione alle pretese di una riforma ritenuta da molti antiegalitaria.
- L’accento su metodologie didattiche partecipative, cooperative e orientate alla crescita individuale e collettiva.
Sul piano delle azioni, i COBAS hanno avviato una campagna nazionale di informazione presso docenti, personale ATA e famiglie, supportata da assemblee e materiali informativi. Emergono anche richieste di "difesa della scuola pubblica" contro ogni deriva privatistica o aziendalista.
Critiche alle Nuove Indicazioni Nazionali: classismo e conservatorismo
Una delle parole chiave nel dibattito sulle nuove linee guida è "classismo". Le critiche Indicazioni Nazionali Valditara si concentrano infatti sull'impianto culturale considerato classista e conservatore della riforma.
Gli aspetti contestati includono:
- Gerarchizzazione dei saperi: la riforma pare favorire un modello di scuola "alta" per pochi e "minima" per molti, in aperto contrasto con l’idea di una scuola come ascensore sociale.
- Ritorno a modalità trasmissive: l’insegnamento viene ricondotto a pratiche ormai superate, lontane dal metodo laboratoriale e dall’approccio esperienziale suggerito dalla pedagogia contemporanea.
- Appiattimento sui canoni della tradizione: la rinnovata insistenza su percorsi umanistici e classici è letta dai sindacati come volontà di restaurare logiche culturali di esclusione e privilegio.
- Scarsa considerazione per la pluralità degli ambienti scolastici: la riforma tende a ignorare particolarità e bisogni delle scuole di periferia o delle realtà multiculturali, riproponendo modelli standardizzati.
Inoltre, le critiche dei COBAS contro Indicazioni Nazionali trovano eco in un fronte ampio di associazioni laiche e progressiste, preoccupate per la restrizione degli spazi di autonomia didattica e progettuale degli insegnanti.
Focus: l’insegnamento della storia nella nuova riforma
Un punto di particolare rilievo è rappresentato dal cambiamento nella didattica della storia. La nuova stesura delle Indicazioni Nazionali, secondo le opinioni CESP sulla scuola italiana, introduce una visione "verticalizzata" e sequenziale della storia, con un ritorno a logiche cronologiche rigide e accentuazione dei quadri nazionali rispetto a quelli internazionali.
Le preoccupazioni sollevate sono di due tipi:
- Riduzione dello spazio critico: si teme che l’insegnamento della storia perda la sua carica formativa, riducendosi a una narrazione univoca e poco aderente alle sfide interpretative contemporanee.
- Esclusione delle storie marginali e delle esperienze collettive: il rischio, secondo molti docenti e ricercatori, è che venga dato minor spazio alle storie delle minoranze, delle donne, degli stranieri e dei lavoratori, elementi fondamentali per una didattica attenta alle dinamiche sociali attuali.
Le nuove linee guida, insomma, sono accusate di portare a una lettura "italocentrica" e poco plurale, in aperta contraddizione con le esigenze della società contemporanea e della stessa Unione Europea.
Le risposte del Ministero e la dinamica della consultazione
Il Ministero, guidato dal ministro Valditara, sostiene che la riforma sia espressione di una volontà di miglioramento dei livelli di apprendimento e di un rafforzamento dell’identità nazionale. Tuttavia, numerose fonti segnalano come il processo di consultazione sulle Indicazioni Nazionali sia stato vissuto dagli addetti ai lavori come parziale e inadeguato.
Secondo vari report sindacali e resoconti di assemblee, le criticità riguardano:
- Mancanza di reale ascolto delle posizioni dissentienti, specialmente di quelle avanzate da CESP e COBAS.
- Sovrapposizione tra consultazione e consultazione pubblicitaria: molte delle iniziative promosse dal Ministero sono percepite come “vetrina” e non come strumenti effettivi di partecipazione.
- Assenza di feedback strutturati: i partecipanti non ricevono quasi mai un riscontro sulle osservazioni avanzate, fatto che alimenta la percezione di una consultazione poco democratica.
CESP e COBAS denunciano questa situazione tramite documenti ufficiali e campagne sui social network, che trovano spesso l’attenzione anche di parte della stampa specializzata.
Impatti previsti dal 2026/27 e prospettive future
Con la prevista entrata in vigore delle nuove IN a partire dall’a.s. 2026/27, la maggioranza delle scuole italiane dovrà confrontarsi con una trasformazione profonda dei curricoli. Cambieranno gli obiettivi di apprendimento, le modalità di valutazione, la ripartizione disciplinare e i modelli di gestione della didattica.
Le preoccupazioni si condensano nei seguenti scenari:
- Rischio di aumento delle disparità: secondo numerose voci critiche, la riforma potrebbe accentuare ulteriormente il divario tra scuole dei centri e scuole delle periferie, tra contesti ricchi e svantaggiati.
- Possibile crisi della didattica laboratoriale: il ritorno a pratiche trasmissive potrebbe penalizzare l’innovazione metodologica.
- Maggiore precarizzazione del personale: l’aumento dei compiti di valutazione e rendicontazione potrebbe tradursi in una maggiore pressione sugli insegnanti, già gravati da numerosi adempimenti burocratici.
Alcuni esperti auspicano che la fase di transizione sia accompagnata da una nuova, vera consultazione e da un coinvolgimento più approfondito delle comunità scolastiche locali.
Cosa chiedono COBAS e CESP?
Tra le richieste principali si annoverano:
- Ritiro o revisione delle nuove IN tramite una procedura realmente democratica.
- Valorizzazione della scuola come bene comune e luogo di formazione critica.
- Investimenti strutturali nella scuola pubblica e aggiornamento delle infrastrutture didattiche.
- Sostegno alla formazione in servizio dei docenti.
Conclusioni: una scuola tra riforme e resistenze
La riforma delle Indicazioni Nazionali e la protesta dei COBAS rappresentano solo l’ultimo episodio di un confronto lungo e complesso tra istanze ministeriali e mondo della scuola. La crescente distanza tra politica educativa centrale e realtà delle scuole rischia di minare la coesione stessa del sistema scolastico italiano.
In conclusione, la partita sulla riforma istruzione Valditara e sulle nuove linee guida resta aperta, animata da richieste di maggiore partecipazione, trasparenza e rispetto delle pluralità. Il prossimo biennio sarà cruciale per capire se le proposte del Ministero resteranno inalterate o se prevarranno le istanze di rinnovamento democratico invocate dalla base.
Tra le questioni da monitorare nello scenario futuro:
- L’impatto effettivo delle nuove IN su didattica e inclusione
- La capacità dei movimenti sindacali e delle associazioni di proporre alternative credibili
- La qualità del dialogo tra istituzioni, lavoratori della scuola e famiglie
Chi vive quotidianamente la scuola, come studenti, docenti e famiglie, attende risposte chiare. La posta in gioco è alta: la scuola pubblica come motore di emancipazione collettiva o luogo di nuove divisioni sociali.