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Crisi dei Precari nell’Università Italiana: L’Allarme di Alessandro Barbero e le Gravi Conseguenze di un Sistema in Stallo
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Crisi dei Precari nell’Università Italiana: L’Allarme di Alessandro Barbero e le Gravi Conseguenze di un Sistema in Stallo

Disponibile in formato audio

L'accorato intervento di Barbero, la voce dell’Assemblea Precaria e uno sguardo sulla precarizzazione del lavoro accademico in Italia

Crisi dei Precari nell’Università Italiana: L’Allarme di Alessandro Barbero e le Gravi Conseguenze di un Sistema in Stallo

Indice dei contenuti

  • Introduzione: L’appello di Barbero e una situazione allarmante
  • Il fenomeno della precarizzazione nel sistema universitario italiano
  • Le cifre spaventose dell’espulsione: dati e testimonianze
  • Post dottorandi senza contratto all’Università di Torino: lo specchio di un problema nazionale
  • L’Assemblea Precaria: la mobilitazione dei precari universitari
  • Le cause strutturali: assenza di investimenti e scelte politiche miopi
  • Le ripercussioni su ricerca, didattica e sviluppo del Paese
  • Confronto internazionale: quanto investono gli altri Paesi in ricerca e università?
  • Le richieste dei precari e le prospettive future
  • Sintesi e conclusioni: una sfida urgente per l’università italiana

Introduzione: L’appello di Barbero e una situazione allarmante

L’università italiana attraversa una crisi profonda e strutturale che tocca direttamente la vita di migliaia di lavoratori e lavoratrici della ricerca e della didattica. Alessandro Barbero, storico di fama internazionale e professore presso l’Università del Piemonte Orientale, ha scelto di intervenire direttamente, portando la sua autorevole voce nel dibattito sull’espulsione dei precari dall’università italiana. Attraverso un video messaggio, diffuso anche dalle principali testate nazionali, Barbero ha denunciato una situazione che definisce “spaventosa” e, al contempo, sintomatica dell’assenza di una reale volontà politica di investire nella cultura e nell’alta formazione.

Secondo Barbero, la precarizzazione del lavoro accademico in Italia ha raggiunto livelli tali da produrre quello che l’Assemblea Precaria dell’Università definisce la più grande espulsione dal lavoro nella storia dell’università italiana. Le sue parole rappresentano non solo una presa di posizione importante nel dibattito pubblico ma anche un punto di riferimento per chi, ogni giorno, vive sulla propria pelle le conseguenze delle scelte politiche ed economiche compiute negli ultimi decenni.

Il fenomeno della precarizzazione nel sistema universitario italiano

La precarizzazione del lavoro università è ormai un fenomeno strutturale dell’accademia italiana. Da oltre vent’anni, le politiche di riduzione della spesa pubblica hanno colpito duramente il sistema universitario, limitando le assunzioni, frenando la possibilità di carriera per i giovani ricercatori e imponendo, sempre più spesso, contratti atipici, temporanei e sottopagati.

Il lavoro svolto da migliaia di precari è spesso invisibile, sebbene rappresenti l’infrastruttura portante della ricerca, dei servizi e di molte attività didattiche. Queste figure sono ricercatori, assegnisti, dottorandi, post-dottorandi, tutores, tecnici amministrativi: persone che, pur lavorando quotidianamente al funzionamento e all’innovazione dell’università italiana, non vedono riconosciuto né il proprio contributo né il diritto a una prospettiva di stabilizzazione professionale.

Le cifre spaventose dell’espulsione: dati e testimonianze

A rendere ancor più evidente la drammaticità della situazione sono i dati presentati dalle principali organizzazioni sindacali e dai movimenti dei lavoratori universitari. Un caso su tutti è quello dell’Università di Torino, dove, come denunciato recentemente dai rappresentanti dell’Assemblea Precaria dell’università, ben un post dottorando su quattro risulta oggi senza contratto di lavoro regolare.

Secondo fonti interne, il numero di precari coinvolti sarebbe nell’ordine delle centinaia per ciascuna delle principali università italiane. In molte sedi, il turn over non basta a coprire le uscite: al termine dei contratti, i giovani ricercatori vengono spesso lasciati fuori dal sistema senza alcuna prospettiva, costretti a reinventarsi professionalmente o a tentare la strada dell’emigrazione all’estero.

Testimonianze dirette dei precari

Numerose sono le testimonianze raccolte negli ultimi mesi dalla stampa e dai media accademici. Molti precari parlano di anni vissuti all’insegna dell’incertezza, senza garanzie minime né tutele previdenziali degne di questo nome. Le storie si somigliano: contratti rinnovati anno dopo anno senza nessuna possibilità di stabilizzazione, assenza di accesso ai concorsi pubblici, mancata valorizzazione delle competenze acquisite e precarietà non solo lavorativa, ma anche esistenziale.

Post dottorandi senza contratto all’Università di Torino: lo specchio di un problema nazionale

Il caso dell’Università di Torino, dove il 25% dei post dottorandi sarebbe privo di contratto, è solo la punta dell’iceberg. In tutta Italia, la situazione non è diversa. Dati forniti da sindacati e osservatori indipendenti mostrano che la situazione negli altri atenei pubblici, da Milano a Napoli, da Bologna a Palermo, segue la stessa tendenza.

L’assenza di un contratto di lavoro regolare impedisce a questi giovani professionisti non solo di accedere a diritti minimi (come ferie pagate, maternità, previdenza), ma anche di partecipare a progetti di ricerca strategici per lo sviluppo nazionale. La drammatica realtà dei post dottorandi senza contratto Italia costituisce un vero e proprio paradosso in un Paese che, spesso a parole, si dichiara impegnato nel rilancio della ricerca e dell’innovazione.

L’Assemblea Precaria: la mobilitazione dei precari universitari

In risposta a questa condizione diffusa di insicurezza e vulnerabilità, negli ultimi anni sono nate molteplici forme di mobilitazione. Centrale è il ruolo dell’Assemblea Precaria università, un organismo che riunisce precari, ricercatori e solidali di tutte le principali università italiane.

L’Assemblea rappresenta un punto di riferimento per chi chiede maggiore dignità e diritti nel mondo accademico. Attraverso azioni collettive, scioperi, petizioni e momenti di confronto pubblico, i precari cercano di sensibilizzare l’opinione pubblica e le istituzioni unendosi nella richiesta di misure strutturali per il riconoscimento dei diritti precari università.

Le principali richieste dell’Assemblea Precaria

L’Assemblea chiede, in sintesi:

  • Stanziamento di fondi aggiuntivi per nuove posizioni strutturali.
  • Introduzione di meccanismi trasparenti di reclutamento.
  • Maggiore trasparenza nelle selezioni e nei rinnovi dei contratti.
  • Riconoscimento delle competenze e delle esperienze maturate dai precari.
  • Accesso ai diritti minimi del lavoro: previdenza, maternità, ferie pagate, malattia.

Le cause strutturali: assenza di investimenti e scelte politiche miopi

Barbero, nel suo messaggio, ha sottolineato con forza la totale assenza di investimenti adeguati nell’università e nella ricerca in Italia. Questa denuncia aggiorna, con esempi concreti, un problema storico: la spesa italiana per università e Ricerca & Sviluppo (R&S) è tra le più basse dell’Europa occidentale.

Le cause:

  1. Tagli di bilancio: negli ultimi decenni, le manovre finanziarie hanno ridotto drasticamente i fondi per l’università.
  2. Mancanza di pianificazione a lungo termine: le strategie di breve periodo hanno impedito la costruzione di percorsi di carriera stabili.
  3. Difficoltà di accesso ai concorsi e assunzioni: i tempi e le modalità dei bandi pubblici rendono difficile ogni programmazione.
  4. Favoritismo e clientelismo: in alcune situazioni, l’assenza di regole chiare ha alimentato prassi non sempre meritocratiche.

Queste dinamiche hanno prodotto un effetto domino, accentuando la precarizzazione lavoro università a tutti i livelli.

Le ripercussioni su ricerca, didattica e sviluppo del Paese

La fuoriuscita massiccia di competenze e professionalità qualificate dall’università non comporta solo un costo umano, ma anche gravi conseguenze per la qualità della didattica, della ricerca e della produzione di innovazione. I precari università italiana sono spesso coloro che gestiscono corsi, laboratori, progetti europei e attività di supporto indispensabili.

Quando questi lavoratori vengono “buttati via”, per riprendere le parole di Barbero, si perde anche una parte rilevante del capitale intellettuale collettivo dell’università. L’Italia rischia così di frenare il proprio sviluppo, allargando ulteriormente il divario con i principali competitor europei ed extraeuropei nei settori strategici dell’innovazione.

Confronto internazionale: quanto investono gli altri Paesi in ricerca e università?

Secondo i dati OECD, la media degli investimenti pubblici nella ricerca universitaria nei principali Paesi europei è sensibilmente superiore a quella italiana. Germania, Francia, Regno Unito e molti Paesi nordici dedicano stabilmente quote maggiori del PIL alla formazione avanzata, alla ricerca e alla stabilizzazione dei giovani ricercatori.

Le differenze principali riguardano:

  • Stabilità contrattuale: la maggioranza dei giovani ricercatori in Europa accede a contratti più lunghi e tutelati.
  • Fondi per la ricerca: le università europee godono di finanziamenti costanti e sostanziosi.
  • Meccanismi di progressione di carriera: in molti Paesi, il percorso verso la stabilizzazione è più lineare e trasparente.

L’Italia, come ricordato dallo stesso Barbero, resta invece tra i Paesi con le più basse percentuali di investimento in R&S a livello europeo.

Le richieste dei precari e le prospettive future

Le richieste dei precari universitari italiani sono chiare e articolate:

  • Assunzione stabile per chi ha svolto anni di servizio con contratti precari.
  • Adeguamento degli stipendi ai livelli europei.
  • Maggiore autonomia delle università nella gestione delle risorse umane, ma con regole comuni contro gli abusi.
  • Rilancio di un vero piano nazionale per la ricerca e il reclutamento dei giovani talenti.

Numerose proposte sono già sul tavolo del Ministero dell’Università e della Ricerca e oggetto di confronto politico. Tra queste emergono ipotesi di riforma del reclutamento e di stanziamento di risorse aggiuntive, ma la strada da percorrere resta lunga.

Il ruolo della società civile e della stampa

L’intervento di figure autorevoli come Alessandro Barbero testimonia quanto il tema stia diventando centrale anche nell’opinione pubblica. La stampa, le associazioni studentesche e il mondo della cultura possono svolgere un ruolo fondamentale per tenere alta l’attenzione e sostenere politiche di cambiamento.

Sintesi e conclusioni: una sfida urgente per l’università italiana

L’appello di Alessandro Barbero rappresenta una chiamata alle armi per tutti coloro che hanno a cuore il destino della conoscenza, della ricerca e dell’innovazione nel nostro Paese. La precarizzazione lavoro università non è un semplice problema “di categoria”, ma una minaccia alla possibilità stessa dell’Italia di restare competitiva nel mondo contemporaneo.

Solo un impegno collettivo – delle istituzioni, della politica e della società – può offrire una risposta adeguata alle criticità denunciate. Urgono scelte coraggiose e investimenti veri, perché nessuna università di qualità può essere costruita sulle spalle di lavoratori e lavoratrici sfruttati per anni e «buttati via».

Pubblicato il: 12 dicembre 2025 alle ore 09:00

Redazione EduNews24

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