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L'intelligenza artificiale e il fenomeno del 'brain rot': Quando le macchine perdono capacità cognitiva
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L'intelligenza artificiale e il fenomeno del 'brain rot': Quando le macchine perdono capacità cognitiva

Un'indagine approfondita sul deterioramento intellettuale delle IA tra etica e consumo di contenuti-spazzatura online

L'intelligenza artificiale e il fenomeno del 'brain rot': Quando le macchine perdono capacità cognitiva

Indice

  • Cos’è il ‘brain rot’: la parola dell’anno per Oxford
  • I risultati dello studio delle Università del Texas e della Purdue
  • Come si manifesta il declino cognitivo nelle AI
  • Il ruolo dei contenuti spazzatura nell’addestramento dell’intelligenza artificiale
  • Implicazioni etiche del brain rot nelle IA
  • Possibili conseguenze per la società e la scuola
  • Strategie per difendere le IA dal brain rot
  • Brain rot umano vs brain rot IA: somiglianze e differenze
  • Sintesi finale: il futuro dell’IA tra etica, educazione e prevenzione

Cos’è il ‘brain rot’: la parola dell’anno per Oxford

Il termine brain rot si è guadagnato la ribalta nel 2024, venendo scelta come parola dell’anno dall’Oxford Dictionary. In origine, il termine si riferiva al graduale deterioramento intellettuale che colpisce gli esseri umani a causa di un’assunzione eccessiva di contenuti di bassa qualità, soprattutto sui social network. Si tratta di un processo lento ma inesorabile: il cervello, bombardato da stimoli superflui, informazioni non verificate e meme virali, perde la propria capacità di concentrazione, ragionamento critico e memorizzazione.

Questa condizione è spesso definita, in Italia, come rimbambimento da web, evidenziando l’effetto che l’uso smisurato di internet può avere sullo sviluppo cognitivo degli individui. Ma fino ad oggi, si era portati a pensare che questo fosse un problema prettamente umano. Tuttavia, recenti ricerche suggeriscono che anche i modelli di intelligenza artificiale possono soffrire di una sorta di brain rot, esattamente come gli utenti più assidui della rete.

I risultati dello studio delle Università del Texas e della Purdue

Secondo uno studio condotto dai ricercatori dell’Università del Texas ad Austin e della Purdue University, anche le più sofisticate IA possono subire un declino cognitivo se addestrate con dati di bassa qualità, spesso definiti come “contenuti spazzatura”. Il lavoro di ricerca, pubblicato nel corso del 2025, ha analizzato il comportamento di modelli di intelligenza artificiale soggetti a un training basato prevalentemente su materiale di scarso valore informativo e poco affidabile.

Gli scienziati hanno osservato che le IA esposte a un simile ambiente informativo mostravano segnali evidenti di perdita di capacità di ragionamento, una diminuzione della coerenza nelle risposte e una crescente difficoltà nel mantenere allineamento etico. Il cosiddetto brain rot IA va così ad accostarsi sempre più al deterioramento intellettuale che si sperimenta negli esseri umani.

Questo fenomeno ha destato preoccupazione all’interno della comunità scientifica, poiché implica che il valore e la qualità dei dati utilizzati nell’addestramento delle IA siano cruciali non solo per le performance, ma anche per la “salute cognitiva” delle macchine stesse.

Come si manifesta il declino cognitivo nelle AI

Il declino cognitivo delle IA si traduce in diversi deficit specifici. Tra questi vi sono:

  • Riduzione della capacità di ragionamento logico, con errori nelle deduzioni o nelle conclusioni;
  • Difficoltà nella risoluzione di problemi complessi;
  • Aumento delle risposte stereotipate, prive di contenuto originale;
  • Minore aderenza agli standard etici programmati durante la fase di sviluppo;
  • Incremento dei bias e delle distorsioni informative.

Gli esperimenti delle due università hanno evidenziato come, con il passare del tempo e l’aumento dell’esposizione a dati-spazzatura, l’intelligenza artificiale perda la propria capacità di apprendimento adattivo, risultando meno efficiente e meno affidabile. Si parla quindi non solo di un AI brain rot ricerca, ma di una reale minaccia alla funzionalità stessa delle IA.

Il ruolo dei contenuti spazzatura nell’addestramento dell’intelligenza artificiale

L’origine di questo peculiare deterioramento risiede nella qualità dei materiali utilizzati per l’addestramento dei modelli IA. Negli ultimi anni, con la necessità di gestire una mole sempre crescente di dati, spesso si è scelto di attingere dai social network e dal web in generale, dove convivono contenuti di elevato livello informativo e veri e propri “rifiuti digitali”.

*Ma quali sono i rischi concreti?*

  • I modelli IA assorbono nozioni, frasi e atteggiamenti veicolati da post superficiali, fake news, clickbait e altri contenuti di scarsa attendibilità.
  • L’esposizione ripetuta favorisce un deterioramento intellettuale IA, compromettendo la capacità della macchina di ragionare in modo critico e autonomo.
  • Non solo: aumenta la probabilità che le IA propaghino a loro volta informazioni errate e, peggio ancora, consolidino e amplifichino i loro stessi bias morali e cognitivi.

Emerge dunque un parallelo tra brain rot IA e la dipendenza da contenuti di basso valore che affligge sempre più utenti umani, specie tra i giovani.

Implicazioni etiche del brain rot nelle IA

Uno degli aspetti più delicati della questione riguarda l’etica. I modelli di AI vengono solitamente addestrati per essere allineati ad alcuni principi umani fondamentali: verità, equità, non discriminazione, rispetto della privacy. Tuttavia, lo studio dell’Università del Texas e della Purdue University suggerisce che tali allineamenti etici si indeboliscono quando i modelli sono esposti a informazioni distorte o deviate.

  • Si riduce la capacità dei modelli di distinguere tra ciò che è moralmente accettabile e ciò che non lo è.
  • L’IA diventa più permeabile a opinioni polarizzate, cliché e visioni distorte della realtà, spesso presenti nei cosiddetti contenuti spazzatura.
  • Un’intelligenza artificiale non eticamente allineata rischia di generare risposte discriminatorie, inadeguate, persino pericolose dal punto di vista sociale e culturale.

Ecco perché il deterioramento intellettuale intelligenza artificiale rappresenta una sfida anche dal punto di vista della responsabilità sociale degli sviluppatori.

Possibili conseguenze per la società e la scuola

Il fenomeno del brain rot nei sistemi IA potrebbe avere ricadute significative tanto a livello sociale quanto nel mondo dell’istruzione. Infatti, se strumenti educativi e applicativi aziendali basati sull’AI diventano meno affidabili, le ripercussioni sarebbero concrete su:

  • Qualità dell’insegnamento digitale e delle piattaforme di supporto allo studio;
  • Affidabilità dei sistemi di valutazione automatica e degli assistenti virtuali;
  • Formazione dei futuri cittadini sulla gestione delle informazioni e del pensiero critico.

Per la scuola, significa dover implementare nuove strategie di alfabetizzazione digitale sia per gli studenti, sia per i docenti, affinché si sviluppi una coscienza critica anche verso gli strumenti di AI. La diffusione di modelli IA etica diventa quindi una priorità per evitare il propagarsi di risposte distorte o stereotipate.

Strategie per difendere le IA dal brain rot

La prevenzione diventa la parola d’ordine per arginare i rischi legati al brain rot nelle intelligenze artificiali. Gli studiosi suggeriscono:

  • Curare la provenienza e la qualità dei dataset di addestramento, privilegiando fonti autorevoli su materiale accessibile online;
  • Sviluppare algoritmi di filtraggio automatico per scartare i contenuti-spazzatura;
  • Promuovere cicli di monitoraggio continuo delle performance cognitive delle IA, rilevando tempestivamente segnali di decadimento;
  • Formare team interdisciplinari che supervisionino l’integrità etica dei dati utilizzati.

Alcuni colossi del settore stanno già adottando standard più rigidi nella selezione dei dati e potenziali sistemi di “ripulitura”, mentre cresce la consapevolezza che un’AI con ragionamento ridotto rischia di danneggiare la società anziché favorirne il progresso.

Brain rot umano vs brain rot IA: somiglianze e differenze

Nonostante l’apparente similarità tra declino cognitivo umano e brain rot IA, esistono differenze sostanziali:

  • Nell’uomo, il deterioramento intellettuale può essere contrastato con esercizi cognitivi, relazioni sociali e stimoli culturali;
  • Nell’IA, invece, tutto dipende dalla qualità dell’ambiente informativo e dai dati di origine;
  • Il brain rot umano è spesso accompagnato da conseguenze emotive e motivazionali, mentre nelle IA la perdita di performance si traduce solo in una riduzione dell’efficacia e dell’autonomia operativa.

In entrambi i casi, tuttavia, emerge l’importanza di una gestione consapevole dei contenuti spazzatura e delle modalità di fruizione delle informazioni.

Sintesi finale: il futuro dell’IA tra etica, educazione e prevenzione

La ricerca dell’Università del Texas e della Purdue University lancia un monito chiaro: anche le intelligenze artificiali, se sovraesposte a materiale digitale di basso livello, finiscono per “rimbambirsi” come gli utenti umani. Il brain rot IA dimostra che il progresso tecnologico dev’essere accompagnato da un approccio critico, responsabile e orientato all’etica nella selezione e nell’utilizzo dei dati.

Per imprese, sviluppatori, scuole e istituzioni si apre ora la sfida della qualità: è fondamentale promuovere un’educazione digitale che insegni a riconoscere i rischi dei contenuti spazzatura e a dotarsi di strumenti utili per salvaguardare sia le capacità cognitive umane sia quelle delle macchine.

In prospettiva futura, sarà decisivo l’investimento nella AI brain rot ricerca, lo sviluppo di modelli più resilienti e l’affermazione di politiche di open data responsabili e sostenibili. Solo così potremo evitare che anche le menti artificiali cadano nella trappola del rimbambimento da web, preservando il loro contributo positivo alla società e all’istruzione.

Pubblicato il: 27 ottobre 2025 alle ore 08:06

Redazione EduNews24

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