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Donne, scuola e fatica: il matriarcato gentile tra educazione e welfare parallelo
Scuola

Donne, scuola e fatica: il matriarcato gentile tra educazione e welfare parallelo

Una radiografia della professione docente in Italia tra burnout, gender gap e riconoscimento sociale

Donne, scuola e fatica: il matriarcato gentile tra educazione e welfare parallelo

Indice dei paragrafi

  • Il quadro dell’indagine: chi sono oggi gli insegnanti italiani
  • Il crollo del prestigio e della percezione sociale del ruolo docente
  • Il burnout tra i docenti: sintomi, cause e conseguenze
  • Il ruolo delle donne nella scuola: un matriarcato gentile
  • Stipendio e condizioni di lavoro: il nodo della retribuzione
  • Gender gap, carichi emotivi e welfare parallelo
  • Strategie di sopravvivenza e risorse del corpo docente
  • Riflessioni finali: quale futuro per gli insegnanti e la scuola?

Il quadro dell’indagine: chi sono oggi gli insegnanti italiani

La recente indagine promossa sul corpo docente italiano, che ha coinvolto quasi 10.000 insegnanti di ogni ordine e grado, traccia un quadro dettagliato e non privo di ombre sulla situazione attuale nelle scuole. I risultati emersi offrono uno spaccato realistico della vita professionale degli insegnanti italiani e pongono al centro la questione fondamentale della sostenibilità e del benessere di questa categoria, spesso trascurata nelle discussioni pubbliche ma essenziale per il buon funzionamento dell’intero sistema Paese.

L’indagine mostra come oltre l’80% del corpo docente sia composto da donne. Un dato che testimonia la storica femminilizzazione della professione, particolarmente evidente nella scuola primaria e media inferiore, ma significativa anche nella scuola secondaria di secondo grado. Questa forte presenza femminile si inserisce all’interno di quello che alcuni osservatori hanno definito un “matriarcato gentile”, ovvero una sorta di governance implicita affidata alle donne che tengono in piedi, giorno dopo giorno, la scuola italiana, nonostante le croniche difficoltà del sistema.

Gli insegnanti intervistati sono spesso donne di età compresa tra i 40 e i 60 anni, un dato che sottolinea anche il problema dell’invecchiamento della classe docente e la scarsa capacità di attrarre i giovani verso questa professione. Lo scenario restituito dall’indagine conferma, dunque, la centralità della scuola quale luogo di formazione e crescita sociale, ma evidenzia anche i rischi di un sistema che poggia su fondamenta fragili, logorate da anni di mancati investimenti e riconoscimento.

Il crollo del prestigio e della percezione sociale del ruolo docente

Uno dei dati più allarmanti emersi dall’indagine riguarda la percezione, pressoché unanime, di un drastico crollo del prestigio connesso al ruolo dell’insegnante. L’84% del campione ritiene che la stima sociale nei confronti della professione sia sensibilmente diminuita negli ultimi anni.

Si tratta di un fenomeno che non investe soltanto l’Italia, ma che, nello specifico contesto nazionale, si accompagna a una progressiva perdita di autorevolezza, sia agli occhi degli studenti, sia di alcune famiglie. ___Un tempo il "maestro" o il "professore" erano figure centrali nel tessuto sociale, oggi spesso sono percepiti come semplici erogatori di un servizio, quasi sempre circondati da aspettative poco realistiche e pressioni crescenti.___

Questa erosione di prestigio, spesso sottovalutata dal discorso pubblico, genera un diffuso malessere tra i docenti, che talvolta sfocia in una profonda demotivazione personale e nella difficoltà a mantenere alta la qualità del proprio insegnamento. Va segnalato come tra le cause di questa crisi di reputazione vi sia anche la rappresentazione mediatica degli insegnanti, raramente valorizzata, anzi, spesso oggetto di stereotipi e narrazioni distorte.

Il burnout tra i docenti: sintomi, cause e conseguenze

Altro tema cardine emerso dall’indagine riguarda lo stato di salute psicofisica degli insegnanti. Quasi la metà dei docenti manifesta sintomi riconducibili al burnout: stress, ansia, disturbi del sonno, tendenza all’isolamento e senso di inadeguatezza.

La sindrome da burnout è un disturbo psicologico tipico delle professioni d’aiuto (cosiddette helping professions), tra cui quella dell’insegnamento figura in posizione prioritaria. Le cause risiedono nella continua pressione esercitata dall’ambiente scolastico, nelle crescenti richieste amministrative e burocratiche, nel confronto quotidiano con studenti spesso eterogenei e "difficili", nella scarsa disponibilità di risorse materiali e nella continua richiesta di aggiornamento.

Il burnout non è, però, una semplice "fatica" o una stanchezza passeggera, ma una vera e propria sindrome che si trasforma – se non viene affrontata – in sofferenza cronica. Colpisce soprattutto le donne, che apprendono a convivere con il carico mentale dovuto alla professione e, spesso, ai compiti di cura familiare. Le ripercussioni vanno dalla perdita di entusiasmo alla vera e propria difficoltà a mantenere relazioni efficaci con studenti e colleghi.

Oltre al disagio personale, il burnout ha anche un impatto sistemico: mina la qualità dell’insegnamento, aumenta l’assenteismo, favorisce la fuga dalla professione e alimenta il circolo vizioso dell’insoddisfazione. La scuola rischia così di diventare un luogo di routine e fatica, piuttosto che uno spazio creativo e stimolante.

Il ruolo delle donne nella scuola: un matriarcato gentile

Più dell’80% del corpo docente è rappresentato da donne. Questo non è solo un dato statistico, ma il segno tangibile di una vera infrastruttura sociale: la scuola italiana è retta da quello che si potrebbe definire, per usare una suggestione sociologica, un matriarcato gentile.

Ma cosa significa davvero questa espressione? Non si tratta, banalmente, di una maggioranza numerica. La presenza femminile è legata al modello pedagogico e relazionale adottato nelle scuole, al tipo di attenzione mostrata nei confronti degli alunni e al modo in cui le docenti gestiscono le connessioni tra famiglia, comunità e istituzione.

Le insegnanti sono spesso chiamate a svolgere anche compiti di supporto emotivo e sociale, colmando lacune di tipo assistenziale che dovrebbero competere – almeno in parte – ad altri soggetti del welfare. Si assiste, infatti, a una vera e propria opera di supplenza del welfare familiare, in cui il confine tra ruolo educativo e funzione di cura tende a sfumare. Questa predisposizione porta numerose docenti a esporre una doppia vulnerabilità: da una parte la fatica professionale, dall’altro il peso della gestione delle relazioni e delle emozioni (proprie e altrui).

Non va sottovalutato il fatto che, nonostante l’alto numero di donne tra i docenti, le posizioni direttive (come i Dirigenti Scolastici) segnano ancora una significativa minoranza femminile, segno di un gender gap persistente ai livelli apicali.

Stipendio e condizioni di lavoro: il nodo della retribuzione

Un docente di scuola media guadagna – in media – poco più di 1.500 euro al mese. Si tratta di una delle voci più ricorrenti tra i fattori di insoddisfazione per chi lavora nella scuola.

La questione della retribuzione degli insegnanti italiani rimane irrisolta da decenni. A essa si accompagna spesso la denuncia delle condizioni di lavoro: aule sovraffollate, strutture fatiscenti, carenza cronica di materiale didattico, burocrazia opprimente e mole di lavoro extrascolastica che spesso si traduce in ore non riconosciute, né retribuite.

In confronto ai colleghi europei, lo stipendio percepito dagli insegnanti italiani resta di molto inferiore, nonostante le responsabilità affidate e il ruolo centrale nel processo educativo delle nuove generazioni. Non va poi dimenticato il tema del precariato, che colpisce soprattutto le giovani donne e mina ulteriormente la stabilità lavorativa e psicologica del corpo docente.

Gli effetti di questi fattori combinati si riflettono negativamente sull’attrattività della professione: la generazione più giovane fatica a vedere nella scuola un investimento professionale di lungo periodo.

Gender gap, carichi emotivi e welfare parallelo

Se, da un lato, la scuola è la prima esperienza di parità di genere per moltissimi studenti, dall’altro al suo interno permangono disparità significative. Il gender gap nella scuola italiana riguarda tanto la distribuzione delle responsabilità apicali quanto il carico mentale di natura emotiva e relazionale.

Le insegnanti italiane non solo insegnano, ma svolgono una funzione di raccordo tra scuola, famiglie, servizi sociali e territorio. In molte realtà, soprattutto nei quartieri più fragili o con forte presenza di disagio sociale, la scuola diventa l’unica "antenna" capace di cogliere segnali di maltrattamento, disagio o esclusione e di attivare percorsi di aiuto paralleli.

Questa opera di welfare parallelo, sebbene rappresenti una risorsa fondamentale per la comunità, contribuisce però ad accrescere rapidamente i fattori di rischio per la salute psico-fisica degli insegnanti, soprattutto donne, che con maggiore frequenza si fanno carico anche dei casi più complessi.

Il gender gap risulta dunque duplice: da un lato, le donne sono sovraesposte nelle attività più "delicate" e impegnative; dall’altro, faticano ancora a raggiungere ruoli di vertice nel sistema scolastico.

Strategie di sopravvivenza e risorse del corpo docente

Alla luce di questa fotografia complessa, trae nuova rilevanza il tema della resilienza degli insegnanti italiani. Nonostante tutto, il corpo docente riesce ancora a mantenere la barra dritta, animato da una profonda motivazione etica e da un forte senso di responsabilità nei confronti delle giovani generazioni.

Le strategie di sopravvivenza adottate sono molteplici:

  • Creazione di reti informali di supporto tra colleghi;
  • Ricorso (quando possibile) alla formazione e all’aggiornamento professionale;
  • Utilizzo di strumenti digitali per ridurre i carichi amministrativi;
  • Ricerca di momenti di confronto e ascolto con psicologi ed esperti del settore;
  • Promozione della collaborazione scuola-famiglia-comunità come chiave di prevenzione dei rischi di isolamento.

Queste risorse consentono agli insegnanti di mantenere alta la qualità dell’insegnamento, ma, come evidenzia l’indagine, non sono sufficienti a compensare le criticità sistemiche descritte nei capitoli precedenti.

Riflessioni finali: quale futuro per gli insegnanti e la scuola?

Il quadro che emerge dall’indagine sui docenti italiani è, al tempo stesso, preoccupante e carico di potenzialità. Se, da un lato, è innegabile la fatica quotidiana, i sintomi diffusi di burnout, la diminuita percezione del prestigio sociale e il tema spinoso del gender gap, dall’altro il sistema scolastico continua a reggersi grazie alla professionalità, alla devozione e alla straordinaria resilienza dei docenti, soprattutto donne.

Per il futuro della scuola italiana, risulta indispensabile una riflessione a più livelli:

  1. Riavviare politiche di valorizzazione economica e sociale del ruolo docente, riconoscendo il valore aggiunto degli insegnanti nella tenuta democratica e culturale del Paese.
  2. Investire su formazione, benessere e salute degli insegnanti, anche attraverso strumenti di prevenzione per il burnout e di sostegno psicologico personalizzato.
  3. Superare le barriere del gender gap promuovendo una parità reale, attraverso incentivi e politiche di inclusione nelle posizioni di responsabilità e valorizzando le competenze delle donne nelle strategie decisionali.
  4. Ripensare il modello di welfare scolastico introducendo strumenti di supporto che alleggeriscano i carichi emotivi e organizzativi sulle spalle degli insegnanti, affinché la scuola possa tornare a essere un luogo di crescita serena e innovazione.

In sintesi, solo un patto sociale rinnovato tra istituzioni, società e mondo della scuola potrà restituire agli insegnanti italiani – donne e uomini – quella dignità, quello spazio di creatività e quel riconoscimento senza i quali nessun sistema educativo può davvero prosperare nella modernità.

Pubblicato il: 18 ottobre 2025 alle ore 10:25

Savino Grimaldi

Articolo creato da

Savino Grimaldi

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