Contratto Scuola 2025: Insoddisfazione dei COBAS di fronte ad aumenti inferiori all’inflazione
Il 5 novembre 2025 è stato siglato il nuovo contratto nazionale del comparto Istruzione e Ricerca per il triennio 2022-2024. Un evento atteso da tutto il personale scolastico, ma che ha subito suscitato polemiche. I COBAS e altri sindacati di base denunciano un contratto «miseria», con aumenti stipendiali che non colmano la distanza rispetto all’inflazione galoppante e un mancato riconoscimento delle reali urgenze della scuola pubblica.
Indice
- Analisi del nuovo contratto scuola 2025
- Aumenti stipendiali e confronto con il costo della vita
- L’inflazione e le sue ripercussioni su docenti e personale ATA
- L’emolumento una tantum: soluzione o palliativo?
- Le emergenze della scuola pubblica ignorate dal contratto
- Disuguaglianze e mancato rispetto della parità di trattamento tra lavoratori
- Il ruolo dei sindacati e le reazioni di COBAS e FLC CGIL
- Conseguenze sulla qualità dell’istruzione e sulla motivazione del personale
- Confronto con i contratti di altre categorie e settore pubblico
- Il futuro della contrattazione nel comparto scuola
- Sintesi e prospettive
Analisi del nuovo contratto scuola 2025
La firma del nuovo contratto scuola 2025 avrebbe dovuto rappresentare una tappa fondamentale per il rilancio dell’istruzione pubblica, dopo anni di sacrifici e stipendi fermi. Il testo, sottoscritto da quasi tutti i sindacati rappresentativi (ad esclusione della FLC CGIL), stabilisce per il triennio 2022-2024 una serie di misure riguardanti aumenti stipendiali per docenti e personale ATA, l’erogazione di un emolumento una tantum e alcune modifiche normative.
Tuttavia, secondo i COBAS ed altri sindacati autonomi, questo contratto si rivela un passo indietro rispetto alle necessità reali di chi lavora nella scuola. Il principale nodo critico, ampiamente sottolineato anche dai portavoce dei COBAS, riguarda l’entità degli aumenti salariali: soltanto il 6% rispetto ad un’inflazione certificata del 14,8% nel triennio coperto dal contratto.
Aumenti stipendiali e confronto con il costo della vita
Uno degli aspetti che ha generato maggiore scontento è la disparità tra gli aumenti stipendiali docenti 2025 e il reale aumento del costo della vita. Secondo i dati ISTAT, dal 2022 al 2024 l’inflazione generale in Italia ha infatti raggiunto il 14,8%. Alla luce di questo scenario macroeconomico, l’incremento salariale del 6% previsto dal nuovo contratto scuola risulta ben al di sotto delle aspettative e, soprattutto, delle esigenze.
Per gli insegnanti e il personale ATA, ciò si traduce in una perdita di potere d’acquisto effettiva: il salario reale diminuisce, mentre le spese per bollette, trasporti, alimentari e servizi crescono in modo significativamente superiore.
Esempio concreto
Poniamo il caso di un docente con stipendio medio annuo di 28.000 euro lordi. Il 6% di aumento previsto dal nuovo contratto comporta circa 1.680 euro lordi in più all’anno. Tuttavia, l’inflazione del periodo, pari quasi al 15%, suggerirebbe un aumento necessario di circa 4.200 euro per mantenere invariato il potere d’acquisto. Questa differenza si traduce, materialmente, in una perdita economica che si ripercuote sulla qualità della vita personale e familiare di migliaia di lavoratori della scuola.
L’inflazione e le sue ripercussioni su docenti e personale ATA
Secondo l’analisi dei principali sindacati, la crescente inflazione nella scuola pubblica si abbatte con particolare forza sui dipendenti del comparto istruzione. Negli ultimi anni, con l’aumento dei prezzi di prodotti di prima necessità e servizi essenziali, il gap tra gli stipendi della scuola e la media europea si è ulteriormente ampliato. Tale situazione comporta una progressiva demotivazione del personale e rischia di innescare una fuga verso altri settori o verso l’estero, dove i livelli retributivi risultano più competitivi.
Le sigle sindacali sottolineano, inoltre, come l’incremento del 6% rappresenti un recupero solo parziale delle somme perse negli ultimi anni, senza rappresentare un reale incentivo per il comparto.
L’emolumento una tantum: soluzione o palliativo?
Un altro tema al centro del dibattito riguarda l’erogazione di un emolumento una tantum: 111 euro per i docenti e 277 euro per il personale ATA. Questo bonus straordinario, che dovrebbe rappresentare una sorta di parziale compensazione per il mancato adeguamento agli indici inflattivi, viene giudicato dai COBAS una misura puramente simbolica e temporanea.
La scelta di prevedere un’indennità forfettaria invece di una revisione strutturale degli stipendi lascia molti lavoratori insoddisfatti e solleva dubbi sull’efficacia delle politiche di sostegno al personale della scuola pubblica. A detta degli stessi interessati, l’emolumento non basta a coprire l’aumento dei prezzi neppure per pochi mesi, lasciando ancora una volta i lavoratori insoddisfatti e precari dal punto di vista economico.
Le emergenze della scuola pubblica ignorate dal contratto
Mentre il contratto si concentra quasi esclusivamente sull’aspetto economico, secondo molti osservatori e addetti ai lavori le vere emergenze della scuola pubblica restano sullo sfondo o del tutto ignorate.
Le criticità più rilevanti, che il nuovo contratto non affronta, possono essere sintetizzate come segue:
- Sovraffollamento delle classi
- Carenza di organico, sia nel personale docente che in quello ATA
- Strutture scolastiche obsolete e poco sicure
- Diffusione del precariato
- Mancanza di investimenti in formazione e aggiornamento del personale
- Scarsa attenzione alla digitalizzazione e alle nuove tecnologie educative
Questi temi, fondamentali per assicurare un’istruzione pubblica di qualità, sono rimasti sostanzialmente esclusi dal tavolo delle trattative, secondo COBAS e altre forze sindacali indipendenti.
Disuguaglianze e mancato rispetto della parità di trattamento tra lavoratori
Una delle accuse più forti mosse dai COBAS riguarda il fatto che il nuovo contratto ignora il principio di parità di trattamento tra lavoratori, creando differenze sia tra diverse fasce di personale, sia tra chi lavora a tempo determinato e chi a tempo indeterminato.
La mancanza di riconoscimento di una progressione salariale equa, associata a una politica di bonus una tantum solo per alcune categorie, rischia di aumentare il clima di divisione e insoddisfazione tra i lavoratori della scuola. Anche la gestione dei permessi, dei congedi e delle opportunità di carriera continua a polarizzare la categoria, penalizzando soprattutto chi si trova in situazioni più precarie o in aree periferiche del Paese.
Il ruolo dei sindacati e le reazioni di COBAS e FLC CGIL
Il rinnovo del contratto istruzione ricerca 2022-2024 ha visto la partecipazione della gran parte dei sindacati rappresentativi, tranne la FLC CGIL che ha scelto di non firmare il testo, sottolineando le stesse criticità evidenziate da COBAS.
I COBAS – attraverso comunicati e mobilitazioni – hanno espresso sdegno per la mancata condivisione delle scelte fondamentali e per l’assenza di una reale politica di valorizzazione della scuola pubblica. Secondo i portavoce delle organizzazioni di base, il contratto si è tradotto in “l’ennesimo accordo-miseria”, senza alcuna innovazione nella gestione delle risorse umane o nella risposta alle sfide educative e sociali della contemporaneità.
Conseguenze sulla qualità dell’istruzione e sulla motivazione del personale
Gli aumenti stipendiali insufficienti e il mancato riconoscimento delle urgenze della scuola pubblica rischiano di avere effetti negativi non solo sui lavoratori, ma anche sugli studenti e sulla qualità del sistema educativo nel suo complesso.
Tra le conseguenze più temute:
- Aumento dell’assenteismo per mancanza di stimoli e motivazione
- Difficoltà di reclutamento di nuovi docenti soprattutto nelle materie STEM e in zone disagiate
- Turnover elevato che indebolisce la continuità didattica
- Diminuzione dell’impegno nelle attività extracurricolari e progettuali
In questo quadro, la scuola rischia di diventare un settore sempre meno attrattivo per i giovani laureati, con un impatto negativo sul capitale umano e sulla coesione sociale del Paese.
Confronto con i contratti di altre categorie e settore pubblico
Non è un mistero che gli stipendi del personale scolastico italiano siano tra i più bassi in Europa e in Italia, se confrontati con gli altri comparti del settore pubblico.
Se guardiamo, ad esempio, agli aumenti concessi ad altri settori nella pubblica amministrazione, notiamo spesso percentuali superiori rispetto al settore scuola. Persino nei comparti sanitari e giustizia il recupero inflattivo è stato, in molti casi, più incisivo. Inoltre, in settori privati dove la pressione sindacale è stata più efficace, gli adeguamenti salariali hanno permesso di limitare la perdita di potere d’acquisto.
Questa disparità, sempre più evidente, mina ulteriormente la motivazione e la percezione del personale scolastico, contribuendo a fenomeni di malcontento e di ricerca di condizioni lavorative migliori altrove.
Il futuro della contrattazione nel comparto scuola
Alla luce di quanto avvenuto con il contratto comparto istruzione novità 2025, si impone una riflessione sulle prospettive future della contrattazione sindacale nel settore scuola. Sono molte le sfide che attendono governo, sindacati e personale nel prossimo triennio:
- Riconquistare una vera capacità salariale di fronte all’inflazione
- Rilanciare investimenti strutturali in formazione e infrastrutture
- Ridurre il precariato e rafforzare il reclutamento
- Ascoltare maggiormente la voce dei lavoratori nei tavoli negoziali
Secondo molti analisti, soltanto attraverso un nuovo patto sociale che riconosca la centralità della scuola sarà possibile invertire la rotta e rilanciare il valore dell’istruzione pubblica come pilastro della società.
Sintesi e prospettive
Il contratto scuola 2025 rappresenta, secondo la voce dei COBAS e di una fetta consistente del personale scolastico, un’occasione mancata per valorizzare chi ogni giorno garantisce il diritto allo studio. Gli aumenti stipendiali docenti 2025, largamente inferiori all’inflazione registrata, e l’indennità una tantum sono percepiti come misure insufficienti. Restano aperte le questioni relative al mancato rispetto della parità di trattamento tra lavoratori e all’assenza di soluzioni vere alle emergenze della scuola pubblica.
I riflettori sono ora puntati sui prossimi contratti e sulle eventuali azioni di mobilitazione che i sindacati, a partire dai COBAS e dalla FLC CGIL, potranno mettere in campo. La speranza di chi lavora nella scuola è che si apra finalmente una stagione di dialogo autentico e rinnovato, capace di restituire dignità economica, professionale e sociale all’intero comparto istruzione e ricerca.