Carta docente, la Consulta estende il diritto ai precari
Indice dei paragrafi
- Introduzione: una svolta per la scuola italiana
- Origine del contenzioso e le questioni sollevate dal Tribunale di Torino
- La legge 107/2015 e la natura della Carta del docente
- La sentenza 121/2025 della Corte Costituzionale
- La motivazione della Consulta sulla copertura finanziaria
- Le reazioni del mondo della scuola e dei sindacati
- Implicazioni pratiche e finanziarie per le scuole e il Ministero
- La situazione dei docenti precari: cosa cambia ora?
- Il ruolo della giurisprudenza nella tutela dei lavoratori della scuola
- Profili comparativi ed europei
- Attese e prospettive future
- Sintesi e conclusioni
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Introduzione: una svolta per la scuola italiana
Il 2025 si rivela un anno di svolta per la scuola pubblica italiana. Con la sentenza n. 121 del 2025, la Corte Costituzionale ha sancito un principio destinato a incidere profondamente sull’assetto giuridico e finanziario del settore istruzione: la cosiddetta Carta del docente, fino ad oggi prerogativa esclusiva del personale di ruolo, viene estesa con pieno diritto anche ai docenti non di ruolo, cioè ai cosiddetti precari. Si tratta di una decisione dalle implicazioni ampie, non solo per la categoria direttamente interessata, ma per l’intero sistema scolastico nazionale.
La scelta della Consulta di estendere il diritto alla Carta docente ai supplenti rappresenta infatti una risposta tanto attesa dalle rappresentanze sindacali e dagli insegnanti che, seppur in servizio, si vedevano esclusi da uno strumento di aggiornamento e valorizzazione professionale riconosciuto ai colleghi "stabili". La Corte, con una sentenza solenne e argomentata, ha ritenuto non fondate tutte le questioni di legittimità costituzionale sollevate da un giudice del lavoro del Tribunale di Torino, aprendo così ad uno scenario inedito per la scuola pubblica e per la gestione delle risorse destinate alla formazione dei docenti.
Origine del contenzioso e le questioni sollevate dal Tribunale di Torino
Tutto nasce negli anni scorsi attorno a un acceso dibattito sulla Carta del docente, introdotta dalla "Buona scuola" (legge 107/2015), che attribuisce annualmente 500 euro agli insegnanti di ruolo per l’aggiornamento e l’acquisto di materiali didattici. Un lavoratore precario della scuola aveva avanzato ricorso presso il Tribunale del lavoro di Torino, sostenendo che l’esclusione dei supplenti dal beneficio violasse principi costituzionali di uguaglianza e parità di trattamento nei confronti della stessa categoria lavorativa impiegata con forme contrattuali diverse.
Il giudice torinese, nel valutare la fondatezza della pretesa del ricorrente, aveva sollevato anche questioni di legittimità costituzionale della normativa escludente, sottolineando in particolare il possibile conflitto con l’art. 3 della Costituzione (uguaglianza sostanziale) e i profili di copertura finanziaria dell’estensione del beneficio. Quest’ultimo aspetto si rivelava centrale: attribuire il bonus a decine di migliaia di docenti precari implica un impegno di spesa significativo per le casse dello Stato, potenzialmente non previsto dalla finanziaria allegata alla legge istitutiva.
La legge 107/2015 e la natura della Carta del docente
La "Carta del docente" rappresenta uno degli strumenti simbolici e materiali con cui l’Italia ha inteso valorizzare la professionalità docenti dopo anni di critiche, investimenti scarsi e condizioni lavorative poco attrattive. Destinata inizialmente ai soli insegnanti assunti a tempo indeterminato presso scuole statali, la carta aveva da subito generato un ampio movimento di rivendicazione da parte degli insegnanti assunti con contratti a termine, che rivendicavano la parità di trattamento rispetto ai colleghi più stabilizzati.
Con 500 euro all’anno – erogati attraverso una piattaforma elettronica dedicata – ogni docente può investire in libri, corsi di formazione, hardware e software utili all’attività didattica. Questa misura, oltre a rispondere agli standard europei sulla formazione permanente, è stata fin dall’inizio oggetto di attenzione sindacale e di contenzioso giudiziario, spesso con esiti alterni presso i diversi tribunali.
La sentenza 121/2025 della Corte Costituzionale
La svolta definitiva arriva con la sentenza 121/2025 della Corte Costituzionale, pubblicata il 22 luglio 2025. La Corte era stata chiamata in causa dal Tribunale di Torino, che aveva rimesso la questione ai giudici costituzionali evidenziando profili di discriminazione potenziale oltre ai limiti di bilancio. Secondo la Consulta, però, le questioni di legittimità sollevate non risultano fondate: la legge, così come formulata e applicata, non viola direttamente principi costituzionali né obblighi comunitari.
Tuttavia, il punto più rilevante della decisione risiede nell’estensione dell’ambito soggettivo della misura. I giudici sottolineano che la funzione della Carta docente – favorire la formazione continua di chi insegna nella scuola pubblica – non può essere ridotta per ragioni meramente formali relative alla tipologia contrattuale. Gli insegnanti a tempo determinato svolgono infatti, pur nel diverso regime giuridico, le stesse mansioni dei colleghi di ruolo, e come tali necessitano degli stessi strumenti per aggiornarsi e migliorare la qualità dell’insegnamento.
La motivazione della Consulta sulla copertura finanziaria
Molto discussa è la parte della sentenza relativa alla copertura finanziaria. Il Tribunale di Torino aveva infatti sottolineato che l’estensione del bonus avrebbe un rilevante impatto economico sulle finanze pubbliche, paventando profili di insostenibilità senza una revisione della legge di bilancio.
La Corte Costituzionale, nel motivare la decisione, ricorda tuttavia che il "principio di copertura finanziaria" è un vincolo che riguarda esclusivamente l’attività del legislatore e non può essere invocato dai giudici ordinari per restringere i diritti riconosciuti dalla legge e dalla Costituzione. In altri termini, la Consulta ribadisce che, una volta affermato un diritto (in questo caso la parità di trattamento per i precari), lo Stato ha l’obbligo di garantire le risorse individuando le procedure ordinarie per assicurare la copertura finanziaria, senza che ciò possa ostacolare il riconoscimento immediato del beneficio.
Inoltre, ricorda la Corte, l’ordinamento italiano prevede soluzioni e strumenti per affrontare gli incrementi di spesa derivanti dalle sentenze giurisdizionali, rimettendo a successive attività amministrative e legislative l’attuazione concreta dei diritti sanciti.
Le reazioni del mondo della scuola e dei sindacati
La sentenza ha avuto un’immediata eco nel mondo della scuola. I principali sindacati di categoria, a partire da Flc-Cgil, Cisl Scuola e Uil Scuola, hanno salutato con soddisfazione la pronuncia della Corte Costituzionale, sottolineando come si tratti di un passaggio storico nel percorso di parificazione delle condizioni di lavoro tra personale stabile e supplenti. Si realizza una giustizia sostanziale in un settore caratterizzato da un elevato tasso di precarizzazione, in cui la professionalità degli insegnanti non può essere valutata sulla base della tipologia contrattuale.
Molti precari hanno espresso entusiasmo e sollievo, considerato che fino a oggi si vedevano esclusi da strumenti indispensabili per aggiornare le proprie competenze. Tuttavia, non sono mancate critiche da parte di alcuni dirigenti scolastici, preoccupati per la complessità gestionale e amministrativa che l’estensione del beneficio potrebbe comportare, oltre che per le ripercussioni sulla già sofferta autonomia finanziaria delle scuole.
Implicazioni pratiche e finanziarie per le scuole e il Ministero
L’estensione della Carta docente a tutte le categorie di insegnanti pone questioni importanti dal punto di vista pratico e finanziario. Si stima che la platea degli aventi diritto aumenterà considerevolmente, con richieste che potrebbero attestarsi a decine di milioni di euro aggiuntivi ogni anno. Il Ministero dell’Istruzione sarà pertanto chiamato a lavorare, di concerto con il Ministero dell’Economia, per trovare e allocare le risorse necessarie, eventualmente rivedendo i capitoli di spesa o introducendo nuove misure di compensazione.
A livello gestionale, ci si attende la predisposizione di ulteriori linee guida operative e riferimenti tecnici per le scuole. La piattaforma digitale della Carta docente dovrà prevedere nuovi flussi e protocolli per la registrazione e la certificazione del servizio prestato dai supplenti, distinguendo tra tipologie di contratti, durata del servizio e diritto proporzionale al bonus.
La situazione dei docenti precari: cosa cambia ora?
I docenti precari – finora penalizzati non solo rispetto alla stabilità contrattuale, ma anche sotto il profilo delle opportunità di aggiornamento – si vedono finalmente riconosciuti nel loro diritto a essere inclusi tra i beneficiari della Carta docente. Si tratta in larga parte di insegnanti che ogni anno assicurano la copertura di migliaia di posti vacanti e che spesso garantiscono la continuità didattica nelle scuole più in difficoltà.
In termini pratici, ogni docente con incarico a tempo determinato riceverà il bonus in misura proporzionata ai mesi di effettivo servizio prestato. Il Ministero dovrà specificare le soglie minime e le procedure di rendicontazione, evitando sovrapposizioni e abusi, ma la portata del provvedimento appare già evidente: la formazione, l’acquisto di libri e strumenti per l’attività didattica, non saranno più un privilegio dei soli "stabilizzati".
Il ruolo della giurisprudenza nella tutela dei lavoratori della scuola
La vicenda offre uno spaccato eloquente del ruolo svolto dalla giurisprudenza nell’estendere diritti e tutele ai lavoratori della scuola. Non è la prima volta che i giudici intervengono per garantire uguaglianza sostanziale, specie in presenza di discriminazioni legate alla precarizzazione diffusa nel settore. Già in passato, alcune Corti si erano pronunciate su questioni afferenti scatti d’anzianità, ferie non godute, maternità, riconoscendo progressivamente ai supplenti diritti sempre più vicini a quelli dei colleghi di ruolo.
La sentenza 121/2025 della Corte Costituzionale si inserisce dunque in un solco giurisprudenziale ampio, rafforzando un orientamento già maturato in altre pronunce e ora consacrato dalla più alta autorità costituzionale.
Profili comparativi ed europei
Non è superfluo ricordare che la posizione assunta dalla Consulta si pone in linea con alcuni pronunciamenti della Corte di Giustizia dell’Unione Europea, che negli anni hanno sollecitato gli Stati membri ad assicurare parità di trattamento economica e professionale nel pubblico impiego, evitando discriminazioni ingiustificate tra lavoratori a tempo determinato e indeterminato. Proprio la normativa europea costituisce spesso un riferimento imprescindibile per i giudici italiani, che nei casi di contrasto sottopongono questioni pregiudiziali alle corti continentali.
Con l’estensione della Carta docente anche ai precari, l’Italia recepisce ancora una volta le direttive comunitarie volte a valorizzare la funzione docente e a rimuovere le disparità interne, dotandosi di uno strumento più equo e moderno.
Attese e prospettive future
La decisione della Corte Costituzionale apre ora il delicato fronte dell’attuazione concreta. Nei prossimi mesi saranno necessari provvedimenti attuativi per regolamentare le nuove modalità di erogazione, nonché chiarire aspetti di dettaglio relativi a durata del servizio, contratti brevi, supplenze annuali e sospensioni involontarie.
Ampia attenzione andrà riservata anche alle coperture finanziarie: il Ministro dell’Istruzione dovrà avviare quanto prima tavoli di confronto con le rappresentanze sindacali per definire le priorità di spesa ed evitare ritardi nell’assegnazione dei fondi. Le risorse disponibili dovranno essere incrementate e distribuite con criteri trasparenti, anche per evitare futuri contenziosi amministrativi.
Da più parti, però, si rivendica che la vera sfida sia superare l’atavica precarizzazione del personale: la valorizzazione della professionalità non può prescindere da politiche assunzionali stabili e da investimenti strutturali sull’istruzione pubblica.
Sintesi e conclusioni
La sentenza 121/2025 della Corte Costituzionale segna una evoluzione storica nel sistema normativo della scuola italiana. L’estensione della Carta docente ai precari non è solo un atto di giustizia: rappresenta una scelta di campo verso l’eguaglianza e l’inclusione, finalmente confermata dalla più alta autorità giurisdizionale. Accolto con favore da una vasta platea di lavoratori e sindacati, il verdetto impone ora uno sforzo concreto e tempestivo per tradurre nella pratica i nuovi diritti affermati.
Permangono degli interrogativi sulle risorse e sulle procedure applicative, ma il segnale è chiaro: in una scuola che si vuole moderna e inclusiva, non possono più esistere docenti di serie A e serie B. D’ora in poi, anche i precari potranno accedere a strumenti formativi e culturali essenziali per la crescita professionale e il miglioramento della didattica.
Il mondo della scuola attende ora la traduzione operativa della decisione, consapevole che quanto deciso in questa occasione può divenire paradigma di politiche educative più eque e inclusive. La Carta docente per tutti è oggi realtà, e la scuola italiana si prepara finalmente a voltare pagina, ponendo nell’uguaglianza il suo nuovo fondamento.