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Burnout docenti: una malattia professionale ignorata

Burnout docenti: una malattia professionale ignorata

Disponibile in formato audio

Il grido silenzioso degli insegnanti e l'urgenza di una legge nazionale

Burnout docenti: una malattia professionale ignorata

Indice

  • Il burnout tra i docenti: definizione e quadro generale
  • I dati allarmanti: l’epidemia silenziosa tra le cattedre
  • Cause profonde dello stress e del burnout scolastico
  • Presenteismo e sottopagamento: due facce della stessa medaglia
  • Le conseguenze sulla salute mentale e fisica degli insegnanti
  • Ricadute sulla qualità dell'insegnamento e sul sistema scolastico
  • Riflessione europea: il confronto con altri paesi
  • Prevenzione, tutele e diritti: cosa dice (e cosa manca) la normativa
  • L’appello urgente: costruire una legge per il burnout docente
  • Conclusioni e proposte operative

Il burnout tra i docenti: definizione e quadro generale

Negli ultimi anni, il fenomeno del burnout tra gli insegnanti è diventato una vera emergenza sociale. È però importante precisare che il burnout non è una malattia, come spesso viene impropriamente definito, bensì una sindrome di esaurimento emotivo e psicofisico legata a dinamiche relazionali tossiche e a un contesto lavorativo logorante. Se fosse una malattia, esisterebbe una cura farmacologica; si tratta invece di una condizione che nasce e si alimenta all’interno dell’ambiente di lavoro, spesso caratterizzato da pressioni, conflitti e mancanza di supporto.

Nel mondo della scuola, il burnout assume caratteristiche peculiari: deriva da rapporti complessi con dirigenti scolastici autoritari, genitori invadenti, colleghi ostili e studenti difficili, talvolta iperprotetti e privi di limiti. Questa condizione mina in profondità la motivazione e la salute del docente, compromettendo anche la qualità della didattica e l’equilibrio complessivo del sistema educativo.

Oggi, il burnout docente non è più un argomento confinato agli studi specialistici: è entrato nei tavoli istituzionali e nel dibattito politico, spinto da numeri allarmanti e da movimenti nati dal basso che chiedono tutela, dignità e riconoscimento.

I dati allarmanti: l’epidemia silenziosa tra le cattedre

Le statistiche più recenti tracciano un quadro inquietante. Secondo ricerche condotte nel 2024, oltre il 67% dei docenti italiani dichiara di soffrire di sintomi riconducibili al burnout. Circa un insegnante su due è a rischio di esaurimento, mentre quasi la metà manifesta già livelli critici di stress lavoro-correlato.

Il 20% dei docenti ammette di praticare “presenteismo”, continuando a lavorare nonostante condizioni di salute precarie, e il 90% si sente sottopagato e socialmente svalutato. Questi dati delineano un disagio profondo, che non riguarda solo la sfera individuale ma l’intero assetto organizzativo della scuola italiana, ancora priva di un sistema di prevenzione strutturale.

Cause profonde dello stress e del burnout scolastico

Il burnout non nasce da fragilità personali, ma da un insieme di fattori ambientali, relazionali e organizzativi. Alla base si trovano l’aumento dei carichi burocratici, le classi sovraffollate, la carenza di risorse e di personale, la mancanza di formazione sul benessere lavorativo e l’assenza di sostegno psicologico.

A tutto questo si aggiunge il peso delle relazioni tossiche: dirigenti dispotici, genitori ipercritici e colleghi che attuano dinamiche di mobbing o isolamento. Il docente, chiamato a mantenere equilibrio, empatia e autorevolezza, finisce spesso per logorarsi nel tentativo di tenere insieme un sistema fragile.

Il burnout, dunque, non può essere ridotto a un generico “stress cronico correlato al lavoro”. È una vera sindrome di esaurimento emotivo e relazionale, riconosciuta dall’Organizzazione Mondiale della Sanità come rischio lavorativo per le professioni ad alto impegno umano.

Presenteismo e sottopagamento: due facce della stessa medaglia

In Italia, molti insegnanti continuano a lavorare anche quando le condizioni psicofisiche non lo consentono. Questo fenomeno, noto come presenteismo, è il risultato di una cultura che stigmatizza la fragilità e scoraggia la richiesta di aiuto.

A questo si aggiunge un mancato riconoscimento economico: il 90% dei docenti ritiene che la retribuzione non sia adeguata alle responsabilità e all’impegno richiesti. Ciò contribuisce a una crescente sensazione di isolamento e svalutazione, alimentando la spirale del burnout.Presenteismo e sottopagamento rappresentano quindi due sintomi dello stesso male: un sistema che chiede sempre di più ai suoi insegnanti, offrendo in cambio sempre meno.

Le conseguenze sulla salute mentale e fisica degli insegnanti

Le ripercussioni del burnout docente sono pesanti e spesso sottovalutate. Sul piano psicologico si manifestano ansia, depressione, insonnia, irritabilità e perdita di motivazione. Sul piano fisico, lo stress cronico aumenta il rischio di ipertensione, disturbi gastrointestinali, cefalee e abbassamento delle difese immunitarie.

Il danno non è solo individuale: quando un insegnante crolla, si incrina un intero ecosistema educativo. L’assenza di percorsi di prevenzione e recupero, infatti, trasforma le scuole in luoghi di malessere cronico invece che di crescita.

Ricadute sulla qualità dell'insegnamento e sul sistema scolastico

Un docente esausto non riesce a garantire la stessa qualità di relazione, attenzione e progettualità didattica. Ne risente il clima di classe, la gestione dei conflitti e la capacità di trasmettere entusiasmo e fiducia. Il burnout incide dunque direttamente sulla qualità dell’insegnamento e sulla tenuta del sistema scolastico, generando un circolo vizioso: meno benessere, meno efficacia, più stress.

La perdita di motivazione porta molti docenti a chiedere trasferimenti o a lasciare la professione. Questo svuotamento progressivo rappresenta un rischio concreto per il futuro della scuola pubblica.

Riflessione europea: il confronto con altri paesi

In altri paesi europei il problema è stato affrontato con maggiore lucidità. In Francia e Germania, il burnout docente è riconosciuto come condizione professionale tutelata, con accesso a congedi specifici e programmi di recupero. Nei paesi scandinavi esistono piani di prevenzione integrati e psicologi scolastici stabili in ogni istituto.

Il Regno Unito ha introdotto politiche di alleggerimento burocratico e supporto psicologico continuo per i docenti. L’Italia, invece, resta indietro, limitandosi a sperimentazioni locali e senza un quadro normativo organico.

Prevenzione, tutele e diritti: cosa dice (e cosa manca) la normativa

Nel nostro ordinamento, il burnout non è ancora riconosciuto come malattia o sindrome professionale, con gravi conseguenze sul piano delle tutele e dei risarcimenti. Alcune regioni hanno attivato sportelli di ascolto e progetti di sostegno, ma mancano direttive nazionali vincolanti.

L’assenza di una cornice giuridica chiara priva i docenti di diritti certi e lascia alle singole scuole la gestione del problema. Da anni, associazioni e comitati di insegnanti chiedono una legge specifica che riconosca il burnout e preveda strumenti di prevenzione obbligatori.

L’appello urgente: costruire una legge per il burnout docente

Un passo decisivo è stato compiuto nel luglio 2025 con la Proposta di legge contro il burnout docente, depositata a Montecitorio il 16 luglio 2025 e cofirmata dal dott. Vittorio Lodolo d’Oria insieme a Teresa Roberta Russo, una docente di Bologna, portavoce del gruppo Comitato Docenti – contro il burnout.

La proposta, sostenuta dalle onorevoli Rosaria Tassinari e Rita Dalla Chiesa con il supporto del vicepresidente della Camera Giorgio Mulè, rappresenta il primo tentativo concreto di affrontare il fenomeno alla radice.Essa mira non solo a riconoscere il burnout, ma a prevenirlo, intervenendo sulle dinamiche relazionali e organizzative che lo generano.

Tra i punti cardine:

  • tutela giuridica dei docenti vittime di mobbing e abusi gestionali;
  • monitoraggio del benessere nelle scuole;
  • formazione dei dirigenti sul clima relazionale;
  • sostegno psicologico strutturato e gratuito;
  • riduzione dei carichi burocratici.

Come ricordato dai promotori, l’obiettivo non è medicalizzare la categoria, ma restaurare la dignità e la salute professionale del docente, agendo sulle cause sistemiche e non solo sugli effetti.

Vale la pena ricordare che anche il Ministro dell’Istruzione Giuseppe Valditara aveva già espresso sensibilità sul tema, in occasione del convegno ANP e Laboratorio Apprendimento al Goethe-Institut di Roma nel febbraio 2023, sottolineando la necessità di tutelare la salute mentale degli insegnanti.

Conclusioni e proposte operative

Il burnout docente non è solo una questione sanitaria, ma una sfida culturale e politica. Significa ripensare il modo in cui la scuola italiana tratta i suoi professionisti, riconoscendo il valore umano ed emotivo del lavoro educativo.

Servono interventi urgenti:

  • una legge nazionale che definisca il burnout come sindrome professionale tutelata;
  • piani di prevenzione obbligatori;
  • sostegno psicologico gratuito;
  • riduzione del carico burocratico;
  • valorizzazione economica e sociale degli insegnanti.

Solo così sarà possibile restituire dignità e benessere a chi, ogni giorno, costruisce il futuro delle nuove generazioni. Il burnout non deve essere accettato come inevitabile: riconoscerlo, comprenderlo e prevenirlo è un dovere civile, oltre che una priorità per la scuola e per l’intero Paese.

Pubblicato il: 31 luglio 2025 alle ore 09:25

Redazione EduNews24

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