Oltre due anni di scuola in meno: a tanto corrisponde in media il divario di apprendimento in matematica tra uno studente della secondaria di II grado del Sud e uno del Nord-Est. Da più di vent'anni rilevati e confermati dall'Invalsi, ma anche dall'indagine internazionale Ocse-Pisa, i divari di apprendimento degli studenti sono una criticità grave della scuola italiana, con pochi eguali in Europa, un fenomeno
che penalizza l'equità del nostro sistema d'istruzione. Già
presenti, ma ancora contenuti, nella scuola primaria, i divari
di apprendimento crescono nella scuola media e si amplificano nella secondaria di II grado, dove la scuola non è più la stessa per tutti, ma si divide in indirizzi (licei, tecnici,
professionali).
A tentare di dare risposte a questo tema, è lo studio "Divari scolastici in Italia. Una indagine sulle differenze di apprendimento nei territori e tra le scuole", promosso da
Fondazione Agnelli e Fondazione Rocca, e presentato oggi alla Camera dei Deputati davanti alle istituzioni e a rappresentanti del mondo della scuola. Ha aperto i lavori la vicepresidente della Camera, Anna Ascani: ”ho avuto modo di constatare - ha detto - quanto i divari si proiettano sugli stessi diritti di cittadinanza. Ancora oggi l'Italia è spaccata, i divari continuano ad essere una significativa realtà. Queste differenze sono presenti già nella primaria e sono più forti nella secondaria". Limitarsi alla pure importante dimensione 'territoriale' dei divari - è la tesi delle due Fondazioni - è un errore di prospettiva.
L'indagine, alla quale ha contribuito anche un gruppo di
ricerca dell'Università Sapienza di Roma, si è concentrata - con analisi quantitative e qualitative - sui divari di apprendimento nella scuola secondaria di II grado, in particolare, nella classe seconda (cioè, dopo dieci anni di scuola), partendo dai dati Invalsi 2022-23, integrandoli con dati e informazioni da Ocse-Pisa 2022 sulle competenze dei quindicenni.
Tuttavia, annota la ricerca, suggerendo possibili correttivi, a lcune azioni che dipendono dalle scuole - dirigenza, docenti e intera comunità scolastica - possono fare la differenza nel contrasto ai divari di apprendimenti, certamente non risolutiva, ma comunque importante. Fra le azioni che possono mettere in campo le scuole - suggerisce lo studio - c'è un modello organizzativo ispirato a logiche cooperative fra dirigenti e docenti, orientato al contrasto dei divari di apprendimento, alla creazione di un clima scolastico positivo, a una gestione unitaria degli istituti con più indirizzi, a un'efficace comunicazione con le famiglie; una gestione dinamica e proattiva delle risorse finanziarie e materiali, capace di orientare i progetti finanziati dall'esterno (ministero, Pnrr, ecc.) in base ai fabbisogni della scuola - individuati attraverso un’attenzione costante e condivisa da dirigente, corpo docente, personale amministrativo, coinvolgendo studenti, famiglie, reti territoriali - e integrandoli con attività 'aggiuntive' proposte dalla scuola; una gestione collegiale della didattica e dei curricoli per favorire una più efficace declinazione degli obiettivi dell'indirizzo di studio in contenuti e priorità di apprendimento coerenti con i bisogni della scuola; attività extracurricolari ricche e dinamiche, in rete con gli enti locali, con le imprese e il mercato del lavoro locale (soprattutto per tecnici e professionali), il terzo settore.
In definitiva, dall'indagine viene un invito a puntare sullo
sviluppo di un'autonomia 'accompagnata' che proceda in modo differenziato e non generalizzato, che rischierebbe, invece, di ampliare i divari.
"La ricerca mostra grandi divari, ma anche che le singole
scuole, nella loro autonoma capacità di organizzazione, possono fare la differenza - ha commentato Gianfelice Rocca, presidente di Fondazione Rocca - per la scuola italiana, il tema non è aumentare il numero di insegnanti o di risorse, tra i più alti d'Europa, ma incidere sull'organizzazione. I casi analizzati nello studio mostrano che la leadership dei dirigenti, la capacità di lavorare in team e l'apertura della scuola a esperienze formative esterne sono caratteristiche determinanti per il successo degli studenti, anche nei contesti più fragili".
Natale Labia