Solo il 44% dei fondi PNRR destinati alla ricerca in Italia è stato speso: tra successi e criticità
Indice
- Introduzione
- Il quadro generale della spesa dei fondi PNRR per la ricerca
- Le principali destinazioni dei fondi: personale e nuovi ricercatori
- La transizione digitale, l’aerospazio e altri settori di investimento prioritari
- Distribuzione territoriale: il divario tra Nord e Sud
- L’innovazione nei bandi a cascata: risorse e progetti finanziati
- Criticità nella spesa e prospettive per il futuro
- Impegni europei, impatto sull’ecosistema nazionale e best practices
- Conclusioni e sintesi
Introduzione
Lo stato di attuazione del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) rappresenta una delle questioni più centrali per lo sviluppo della ricerca e dell’innovazione in Italia. La quinta edizione della Relazione sulla Ricerca e l’Innovazione, presentata a Roma e curata da tre prestigiosi istituti del Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR), offre un’analisi accurata della destinazione e dell’utilizzo degli 8,5 miliardi di euro stanziati dal PNRR per il settore ricerca pubblica italiana. Tuttavia, i dati rivelano criticità e opportunità ancora da cogliere, soprattutto rispetto alla distribuzione territoriale, alla scelta delle priorità strategiche e ai tempi di impiego dei fondi.
Il quadro generale della spesa dei fondi PNRR per la ricerca
Le risorse del PNRR destinate alla ricerca avrebbero dovuto rappresentare una leva strategica per rilanciare il sistema innovativo nazionale, ma secondo la relazione del CNR, a fine 2025 è stato speso solo il 44% degli 8,5 miliardi previsti. I fondi PNRR ricerca Italia risultano dunque sottoutilizzati rispetto alle aspettative del governo e delle istituzioni scientifiche, soprattutto considerando l’urgenza di modernizzare il sistema Paese.
Questa lentezza nella spesa è dovuta a vari fattori: burocrazia, complessità nella definizione dei progetti ammessi a finanziamento, lentezza nei bandi pubblici e difficoltà amministrative degli enti attuatori. Tuttavia, la parziale realizzazione delle misure non sminuisce i progressi compiuti in alcuni ambiti strategici, seppure il saldo complessivo solleciti la necessità di strategie correttive.
Le principali destinazioni dei fondi: personale e nuovi ricercatori
Un dato significativo emerge dall’analisi sulle destinazioni dei fondi: il 60% degli stanziamenti è stato utilizzato principalmente per il personale. Questo si traduce, in termini quantitativi, nell’assunzione di oltre 12mila nuovi ricercatori, di cui il 47% sono donne, a conferma di un tentativo concreto di promuovere la parità di genere nella ricerca pubblica Italia.
Questi numeri sono particolarmente rilevanti se confrontati con la situazione degli anni scorsi: l’ingresso massiccio di giovani ricercatori, molti dei quali vincitori di bandi destinati specificatamente all’incremento delle quote femminili, denota una svolta culturale e operativa. Tuttavia, resta aperto il tema della stabilizzazione delle carriere e del rapporto tra assunzioni finanziate a progetto e necessità strutturali delle istituzioni di ricerca.
L’importanza di consolidare le carriere scientifiche
A fronte delle numerose assunzioni, occorre sottolineare che una crescita quantitativa non sempre si accompagna a un miglioramento qualitativo delle condizioni lavorative: molti contratti sono a tempo determinato e legati alla durata dei finanziamenti PNRR. Questo fenomeno pone il rischio di una futura "fuga dei cervelli" qualora non si creino reali sbocchi professionali stabili.
La transizione digitale, l’aerospazio e altri settori di investimento prioritari
Tra i comparti maggiormente finanziati si distingue il settore della transizione digitale e dell’aerospazio, a cui è stato destinato il 30,3% dei fondi. Questo dato, emerso dalla relazione del CNR, testimonia la volontà di orientare gli investimenti verso settori a più alto valore aggiunto, dove la competitività internazionale e l’innovazione tecnologica sono elementi chiave.
Sono stati finanziati progetti volti a:
- incrementare la digitalizzazione delle infrastrutture di ricerca,
- sviluppare competenze ICT avanzate tra i ricercatori,
- promuovere studi finalizzati alla sicurezza informatica,
- sostenere la ricerca in campo aerospaziale, con particolare attenzione a propulsione, satelliti e nuove tecnologie per l’osservazione della Terra.
Investimenti nel settore digitale e aerospaziale rappresentano non solo un’opportunità di crescita economica, ma anche un elemento di attrattività per talenti internazionali e aziende ad alta specializzazione.
Distribuzione territoriale: il divario tra Nord e Sud
Uno degli aspetti più critici evidenziati dalla Relazione sulla ricerca innovazione Italia 2025 è la disomogeneità nella distribuzione territoriale dei fondi. Il Centro-Nord ha assorbito il 68,7% delle risorse, lasciando al Sud solo il 31,3%. Questa disparità richiama l’attenzione sulle storiche differenze nella dotazione infrastrutturale, nella capacità amministrativa e nell’attrattività progettuale delle istituzioni meridionali.
Cause storiche e strutturali del divario
Tra i principali fattori che penalizzano il Sud si annoverano:
- una minore presenza di grandi centri di ricerca,
- una più debole interlocuzione con le grandi imprese,
- una carenza di reti collaborative tra università, enti locali e aziende,
- difficoltà nel reperimento di personale amministrativo e tecnico qualificato per la gestione dei progetti complessi.
Nonostante alcune iniziative specifiche del PNRR tese a colmare queste distanze, la relazione CNR sottolinea che le misure non sono ancora sufficienti a compensare le differenze storiche. Ciò potrebbe, sul medio periodo, ampliare ulteriormente il gap tra le due macroaree del Paese.
L’innovazione nei bandi a cascata: risorse e progetti finanziati
Un meccanismo fondamentale per il finanziamento della ricerca nel contesto italiano si è rivelato quello dei cosiddetti "bandi a cascata ricerca PNRR". Sono stati emessi 424 bandi a cascata, per un valore di circa 822 milioni di euro. Tali bandi permettono una distribuzione più capillare delle risorse verso università, centri di ricerca e imprese, spesso in collaborazione tra loro, e promuovono la multidisciplinarietà e l’innovazione diffusa su scala nazionale.
Caratteristiche e buone pratiche dei bandi a cascata
I bandi a cascata sono strutturati per:
- facilitare l’accesso anche a piccoli gruppi di ricerca e startup innovative,
- promuovere la progettazione "dal basso",
- stimolare il networking tra istituzioni di diversa natura,
- garantire una maggiore trasparenza nell’assegnazione dei fondi.
Nonostante alcune segnalazioni di rallentamenti nella pubblicazione delle graduatorie, il modello dei bandi a cascata è stato valutato positivamente per l’effetto leva generato soprattutto nelle regioni meno sviluppate, affiancando progetti di ricerca industriale, formazione avanzata e trasferimento tecnologico.
Criticità nella spesa e prospettive per il futuro
La spesa fondi ricerca 2025, come rilevato dal CNR, evidenzia diverse criticità che rischiano di rallentare o compromettere il pieno raggiungimento degli obiettivi strategici:
- complessità burocratica nelle fasi di progettazione e rendicontazione,
- difficoltà di coordinamento tra ministeri, università e centri di ricerca,
- frammentazione delle risorse su troppi piccoli progetti senza una visione unitaria,
- vincoli stringenti sulle tempistiche di attuazione, imposte dalla Commissione europea.
Prospettive e raccomandazioni del CNR
Il Consiglio Nazionale delle Ricerche raccomanda di:
- accelerare le procedure di spesa e semplificare gli iter amministrativi,
- concentrare le risorse su pochi grandi progetti strategici,
- potenziare i sistemi di monitoraggio e valutazione degli impatti,
- favorire la formazione gestionale e amministrativa del personale coinvolto nella gestione dei fondi.
Questi passaggi appaiono imprescindibili per evitare che una fetta consistente dei fondi venga all’ultimo momento ricollocata o vada persa.
Impegni europei, impatto sull’ecosistema nazionale e best practices
L’Italia, come tutti i paesi membri dell’Unione Europea, deve rispettare obiettivi precisi in termini di spesa e rendicontazione dei fondi Next Generation EU. La mancata o parziale spesa dei fondi rischia di compromettere non solo l’immagine del sistema-Italia, ma anche la reale capacità competitiva della ricerca pubblica nazionale su scala internazionale.
All’interno della relazione CNR vengono citate alcune best practices adottate da altri paesi europei, che potrebbero costituire modello anche per il nostro:
- maggiore autonomia gestionale dei centri di ricerca,
- utilizzo di piattaforme digitali unificate per la rendicontazione,
- coinvolgimento sistematico di soggetti privati e venture capital nella co-progettazione dei bandi.
Conclusioni e sintesi
In conclusione, la Relazione sulla Ricerca e Innovazione in Italia 2025 segna luci e ombre nell’utilizzo dei fondi PNRR ricerca Italia. Se da una parte si evidenzia uno sforzo concreto nell’assunzione di nuovi ricercatori e nell’orientamento verso settori chiave come transizione digitale e aerospazio, dall’altra resta irrisolto il nodo della spesa incompleta, delle disparità territoriali e delle complessità burocratiche.
Per trarre pieno vantaggio dagli investimenti PNRR, sarà dunque fondamentale:
- incrementare la qualità e la tempestività degli interventi amministrativi,
- favorire la stabilizzazione del personale ricercatore,
- promuovere una distribuzione più equa dei fondi tra Nord e Sud,
- capitalizzare l’esperienza dei bandi a cascata e delle partnership pubblico-private.
La sfida è ambiziosa ma fondamentale per posizionare la ricerca e l’innovazione italiana su livelli di eccellenza e garantire un futuro competitivo e sostenibile all’intero sistema Paese.