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Scioglimento dei ghiacci: nuovo rischio per i vulcani
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Scioglimento dei ghiacci: nuovo rischio per i vulcani

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Una ricerca sulle Ande cilene rivela un legame tra riscaldamento globale e aumento delle eruzioni vulcaniche

Scioglimento dei ghiacci: nuovo rischio per i vulcani

Una ricerca sulle Ande cilene rivela un legame tra riscaldamento globale e aumento delle eruzioni vulcaniche

Indice dei paragrafi

  • Introduzione
  • Il contesto della ricerca: le Ande cilene come laboratorio naturale
  • Lo scioglimento dei ghiacciai: cause e conseguenze
  • Il collegamento tra ghiacciai e attività vulcanica
  • I risultati della ricerca della University of Wisconsin e Madison
  • Le tecniche scientifiche impiegate nello studio
  • Le implicazioni per il futuro: rischi di grandi eruzioni
  • Il precedente islandese: cosa abbiamo imparato negli anni '70
  • Conseguenze globali: rischi, prevenzione e misure di monitoraggio
  • Conclusioni e sintesi finale

Introduzione

Negli ultimi decenni la preoccupazione per lo scioglimento dei ghiacci ha assunto una rilevanza crescente, riflettendosi in molteplici ambiti della nostra società, dalla sicurezza alimentare alla tenuta delle città costiere. Tuttavia, una recente ricerca condotta dalla University of Wisconsin e Madison ha posto l'accento su una minaccia emergente, finora poco esplorata: il collegamento tra la diminuzione delle calotte glaciali e un possibile risveglio vulcanico, con la possibilità che centinaia di vulcani, oggi dormienti sotto la crosta terrestre o celati dai ghiacci, tornino attivi. Lo studio, pubblicato nel luglio 2025, ha preso in esame sei vulcani delle Ande cilene, ma le sue implicazioni, sottolineano gli stessi ricercatori, vanno ben oltre i confini sudamericani.

Il contesto della ricerca: le Ande cilene come laboratorio naturale

La scelta delle Ande cilene non è casuale. Questa imponente catena montuosa ospita numerosi ghiacciai e una delle più elevate concentrazioni di vulcani al mondo. Muchas cime delle Ande risultano ricoperte, parzialmente o totalmente, da ghiacci che, da sempre, hanno rappresentato un fattore di stabilità e contenimento per l'attività vulcanica della regione. Il contesto geografico e morfologico delle Ande consente così di osservare in modo privilegiato ciò che potrebbe accadere in altri contesti montuosi del pianeta investiti dal riscaldamento globale.

Secondo l’ultimo rapporto dell’Organizzazione Meteorologica Mondiale, le Ande stanno subendo una delle più rapide riduzioni glaciali a livello globale. In queste zone, lo spessore dei ghiacci si è drasticamente assottigliato nell'arco di pochi decenni, lasciando scoperti strati di roccia fissurata, che possono diventare vie di risalita per il magma vulcanico.

Lo scioglimento dei ghiacciai: cause e conseguenze

Il principale motore di questa trasformazione è il riscaldamento globale, fenomeno di natura prevalentemente antropica che sta causando l'aumento delle temperature atmosferiche e, di conseguenza, lo scioglimento progressivo di grandi masse di ghiaccio sia a livello polare che montano. I ghiacciai delle Ande cilene, come quelli di altre parti del globo, si stanno ritirando rapidamente.

Lo scioglimento non comporta soltanto la perdita di riserve idriche, con implicazioni economiche e sociali rilevanti per le popolazioni locali, ma secondo la ricerca pubblicata, funge anche da innesco per processi geologici di enorme portata. Quando il peso dei ghiacciai si riduce, cessa quell'effetto di "cappuccio" che per lungo tempo ha compresso la crosta terrestre, esercitando una forza frenante sull’emersione del magma sottostante. Togliendo questo cappello di ghiaccio, le rocce si rilasciano e il magma può risalire più facilmente verso la superficie.

Il collegamento tra ghiacciai e attività vulcanica

Il legame tra scioglimento dei ghiacciai e vulcani non è del tutto nuovo, ma solo in tempi recenti la scienza è riuscita a fornire prove solide della relazione diretta tra diminuzione del ghiaccio e incremento dell'attività vulcanica. Già negli anni ‘70, in Islanda, furono osservati i primi indizi di una relazione tra la scomparsa dei ghiacci e la ripresa dell’attività eruttiva.

Secondo gli esperti, ciò dipende dal fatto che, quando la pressione superficiale esercitata dal volume dei ghiacci diminuisce, le camere magmatiche sottostanti ricevono un impulso decisivo: il magma, privato del peso che lo tratteneva, può risalire con maggiore facilità, arrivando talvolta a generare eruzioni esplosive.

La pressione dei ghiacci altera in modo significativo la composizione e la viscosità del magma. In particolare, la diminuzione della pressione consente la formazione di bolle di gas nel magma, rendendo le future eruzioni più frequenti e, soprattutto, più esplosive rispetto a quelle avvenute durante le ere glaciali.

I risultati della ricerca della University of Wisconsin e Madison

La nuova ricerca, guidata da un team internazionale e coordinata dalla University of Wisconsin e Madison, ha osservato sei vulcani delle Ande cilene: esemplari scelti per varietà di struttura geologica e comportamento storico. Utilizzando una combinazione di tecniche di datazione all’argon e sofisticate analisi dei minerali presenti nei prodotti eruttivi, i ricercatori hanno rilevato che periodi di abbondante attività vulcanica coincidono storicamente con fasi di rapido scioglimento dei ghiacci.

L’aspetto più sorprendente è la quantità di vulcani potenzialmente emergenti: centinaia di apparati, attualmente coperti o tenuti "a freno" dalla massa glaciale, potrebbero divenire attivi con la costante riduzione dei ghiacci. Ciò pone una nuova urgenza nella valutazione dei rischi territoriali e nella pianificazione di sistemi di monitoraggio avanzati su scala continentale, soprattutto in aree densamente popolate.

Nei campioni analizzati, sono state riscontrate tracce di antiche eruzioni corrispondenti a periodi caratterizzati da un deciso decremento delle calotte polari. I dati raccolti avvalorano l’ipotesi che il riscaldamento globale e i vulcani siano due entità sempre più connesse e interdipendenti nella nuova era geologica.

Le tecniche scientifiche impiegate nello studio

Per giungere a queste conclusioni, i ricercatori hanno applicato metodologie di frontiera. In particolare, la datazione all’argon ha permesso di determinare con precisione l’età delle precedenti eruzioni vulcaniche, mentre l’analisi dei cristalli in formazioni laviche ha svelato le condizioni fisico-chimiche del magma all’interno delle camere profonde.

Queste tecniche hanno permesso di ricostruire nel dettaglio non solo la storia eruttiva dei vulcani analizzati, ma anche di correlare ogni fase di intensa attività con i principali eventi di scioglimento glaciale. Gli indicatori minerali, tra cui pirosseni e feldspati, si sono rivelati veri e propri “registratori geologici” delle variazioni di pressione e temperatura dovute alle mutate condizioni ambientali in superficie.

L’uso combinato di diverse tecniche di controllo, tra cui analisi isotopiche e confronti radiometrici, ha aggiunto un grado ulteriore di attendibilità ai risultati, confermando che la riduzione dei ghiacci influenza sia la frequenza sia la potenza delle future eruzioni nelle aree osservate.

Le implicazioni per il futuro: rischi di grandi eruzioni

L’elemento che desta maggiore preoccupazione tra gli studiosi è il rischio che eruzioni più frequenti e violente possano diventare la nuova normalità nelle regioni di montagna soggette a rapido scioglimento glaciale. Il team di ricerca sottolinea come non sia da escludere che la situazione attuale possa portare, nell’arco delle prossime decadi, ad una moltiplicazione delle grandi eruzioni vulcaniche con ricadute per la salute, l’ambiente e le economie locali.

Le ripercussioni di tali eventi potrebbero essere devastanti: dalla distruzione di infrastrutture alla contaminazione delle acque, fino a impatti significativi sulla qualità dell’aria e sulla salute pubblica, senza escludere l’influsso sul clima regionale e globale.

A fronte di queste evidenze, gli autori dello studio ribadiscono la necessità di rafforzare i sistemi di allerta precoce e i programmi di monitoraggio costante dei vulcani nelle aree più esposte. Il monitoraggio dovrebbe estendersi, in particolare, alle zone in cui la fusione dei ghiacci potrebbe facilitare il risveglio di vulcani emergenti.

Il precedente islandese: cosa abbiamo imparato negli anni '70

Il primo riscontro empirico di una connessione tra ghiacciai e vulcani risale agli anni ’70, quando gli scienziati in Islanda notarono come la rapida scomparsa dei ghiacci in certe regioni fosse associata ad un aumento delle eruzioni. In Islanda, alcuni grandi eventi eruttivi seguirono direttamente periodi di innalzamento delle temperature e perdita record di superficie glaciale.

Questa osservazione fu considerata pionieristica e ha costituito la base di numerosi progetti di ricerca successivi in altre parti del mondo, incluso l’attuale studio sulle Ande cilene. L’esperienza islandese insegna che il cambiamento climatico può agire da catalizzatore di processi geologici di ampia portata, accelerando dinamiche che si sarebbero sviluppate in tempi geologici molto più lunghi.

Conseguenze globali: rischi, prevenzione e misure di monitoraggio

Le conseguenze di un tale scenario non possono essere sottovalutate a livello globale. Se il riscaldamento globale continuerà ad accelerare lo scioglimento dei ghiacciai, sarà fondamentale predisporre strategie di prevenzione non solo contro l’innalzamento dei mari, ma anche contro rischio di eruzioni vulcaniche. Le aree vulnerabili dovranno rafforzare significativamente sistemi di monitoraggio e meccanismi di evacuazione tempestiva delle popolazioni.

Le applicazioni di questa ricerca su scala internazionale sono molteplici: dalla creazione di database condivisi tra istituti geologici alla diffusione di sistemi di allerta precoce alimentati da satelliti e sensori a terra. Solo grazie a un’integrazione tra scienza, tecnologia e governance si potranno ridurre gli impatti potenzialmente catastrofici di processi naturali potenziati dal cambiamento climatico.

Conclusioni e sintesi finale

La riduzione dei ghiacci sta aprendo scenari inediti nel rapporto tra clima e geologia. La ricerca condotta sulle Ande cilene offre uno sguardo dettagliato e preoccupante sulle possibili conseguenze del riscaldamento globale sulle dinamiche vulcaniche. L’emergere del collegamento tra scioglimento dei ghiacciai e vulcani rappresenta uno dei nuovi filoni prioritari di indagine della comunità scientifica internazionale.

Cento o più vulcani potrebbero uscire dal loro letargo sottomarino o essere riportati all’attività dopo millenni, alterando non solo l’equilibrio delle regioni andine ma potenzialmente anche di altri contesti glaciali. La ricerca della University of Wisconsin e Madison segna un nuovo punto di riferimento nello studio degli effetti a catena del cambiamento climatico sul pianeta, evidenziando l’urgenza di uno sforzo globale integrato per la prevenzione, l’adattamento e la mitigazione dei rischi.

Prevenire, studiare e comprendere queste connessioni sarà cruciale per minimizzare l’impatto sulle comunità umane e per guidare future generazioni nella difficile sfida della convivenza con una natura sempre più dinamica e imprevedibile.

Pubblicato il: 9 luglio 2025 alle ore 14:34

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