Zhang Zhan, la voce soppressa: Nuova condanna in Cina per la reporter di Wuhan che sfidò il silenzio sul Covid-19
Indice
- Introduzione
- Il profilo di Zhang Zhan: giornalista, attivista e cristiana
- Il contesto: Wuhan, il Covid-19 e il controllo dell’informazione
- Le accuse: "causare litigi e disordini" in un paese sotto stretta sorveglianza
- Le reazioni internazionali: proteste dall’ONU e dai gruppi per i diritti umani
- La fede cristiana di Zhang Zhan e il suo impatto sull’attivismo
- La libertà di stampa sotto pressione in Cina
- Il significato della condanna per la società civile cinese
- Le campagne per la liberazione degli attivisti e i rischi del loro impegno
- Conclusioni: verso il futuro dei diritti umani e della libertà d’espressione in Cina
Introduzione
Il 23 settembre 2025, la comunità internazionale ha assistito a una nuova e drammatica svolta nel caso di Zhang Zhan, la celebre giornalista cinese nota per aver raccontato i primi giorni della pandemia di Covid-19 a Wuhan e che ora è stata condannata nuovamente a quattro anni di carcere. La decisione delle autorità di Pechino ha suscitato una reazione globale, con proteste dell’ONU, di importanti associazioni per i diritti umani e di moltissimi sostenitori della libertà di stampa. In questo articolo approfondiremo la storia di Zhang Zhan, il contesto sociopolitico in cui si è svolto il suo lavoro, i motivi della sua condanna e le conseguenze per la società cinese e internazionale. L’obiettivo è quello di offrire un’analisi dettagliata su uno dei casi più emblematici del difficile rapporto tra diritti individuali, informazione libera e autoritarismo nella Cina contemporanea.
Il profilo di Zhang Zhan: giornalista, attivista e cristiana
Zhang Zhan è diventata un simbolo della resistenza civile e della capacità dell’individuo di opporsi alle pressioni di un sistema oppressivo. Laureata in economia, la sua attività di giornalista indipendente è iniziata ben prima della pandemia, ma è durante lo scoppio del Covid-19 a Wuhan che la sua voce si è fatta sentire in tutto il mondo. Zhang Zhan ha utilizzato i social media e varie piattaforme per condividere informazioni, video e testimonianze dirette dalla città focolaio della pandemia, diventando rapidamente un punto di riferimento per chi cercava notizie non filtrate dal governo cinese.
Il suo attivismo, oltre al coraggio giornalistico, è motivato anche dalla sua profonda fede cristiana, che lei stessa ha spesso citato come fonte di ispirazione per la sua lotta per la verità e la giustizia. Questo ha contribuito a renderla un bersaglio ancora più scomodo per le autorità cinesi, che temono la convergenza tra movimenti religiosi e spirito di dissidenza, soprattutto in contesti ad alta esposizione mediatica.
Il contesto: Wuhan, il Covid-19 e il controllo dell’informazione
Wuhan, città cinese della provincia di Hubei, è diventata tristemente celebre per essere stata il punto di origine della pandemia di Covid-19. Nei primi mesi del 2020, mentre il mondo osservava con crescente preoccupazione il diffondersi del virus, il governo cinese impose un rigoroso controllo sull’informazione, cercando di minimizzare le notizie su ciò che stava realmente accadendo nei centri ospedalieri, nei mercati e tra la popolazione civile.
In questo contesto, la figura di Zhang Zhan si inserisce come una delle poche voci libere e coraggiose. Il rischio affrontato dalla giornalista cinese era enorme: raccogliere e diffondere informazioni veritiere sulla situazione sanitaria a Wuhan costituiva una sfida diretta all’autorità centrale, abituata a reprimere con forza qualsiasi narrazione alternativa a quella ufficiale. L’azione di Zhang si è così trasformata in una vera e propria battaglia per la libertà di stampa in Cina.
Le accuse: "causare litigi e disordini" in un paese sotto stretta sorveglianza
Motivo formale della condanna di Zhang Zhan è l’accusa, ormai tristemente nota nella giurisprudenza cinese nei confronti degli attivisti, di aver "causato litigi e disordini” - un reato generico, spesso utilizzato contro chi sfida l’apparato statale. In realtà, questo capo di accusa viene frequentemente impiegato in Cina per soffocare il dissenso, colpendo non solo oppositori politici, ma anche giornalisti, blogger, attivisti dei diritti umani e leader religiosi.
Zhang era già stata condannata una prima volta proprio per aver raccontato la pandemia a Wuhan, e aveva scontato pesanti anni di detenzione durante i quali la sue condizioni di salute si sono gravemente deteriorate. Secondo fonti autorevoli, il regime carcerario e le privazioni subite hanno rappresentato un tentativo di piegare la sua volontà e intimorire tutti coloro che volessero seguire il suo esempio.
Nel nuovo processo, le autorità hanno ripetuto le accuse precedenti, sottolineando la "pericolosità sociale" delle azioni della reporter. In realtà, dietro questi processi farsa si cela l’intento di neutralizzare figure scomode e impedire il diffondersi di informazioni verificate e nuove proteste.
Le reazioni internazionali: proteste dall’ONU e dai gruppi per i diritti umani
La nuova condanna di Zhang Zhan ha provocato una vasta eco internazionale. L’ONU si è espressa ufficialmente chiedendo il suo rilascio immediato, mentre numerose organizzazioni non governative, come Amnesty International e Human Rights Watch, hanno denunciato quella che definiscono una flagrante violazione dei diritti umani. “Punire un giornalista per aver detto la verità è un attacco all’informazione e alla dignità della persona”, ha dichiarato Michelle Bachelet, ex Alto Commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani.
Nel contesto internazionale la difesa della libertà di stampa in Cina è uno dei temi più caldi. Gli Stati Uniti, l’Unione Europea e altri Paesi democratici hanno espresso altrettanta preoccupazione, sollecitando Pechino ad allentare la morsa contro i dissidenti politici e a rispettare gli standard minimi di tutela dei diritti civili.
Queste azioni hanno contribuito a mantenere alto il livello di attenzione attorno a un caso che rischiava di essere dimenticato sotto la pressione censoria dell’apparato cinese.
La fede cristiana di Zhang Zhan e il suo impatto sull’attivismo
Uno degli aspetti più distintivi del caso Zhang Zhan è la sua fede cristiana. In Cina professare liberamente una religione può già, di per sé, rappresentare un gesto di resistenza, dato che il regime vieta o limita fortemente l’attività religiosa non ufficialmente riconosciuta dallo Stato.
Zhang Zhan ha più volte dichiarato che la fede è stata ciò che le ha dato il coraggio di affrontare le prime indagini, le minacce e la detenzione. Per lei, la ricerca della verità ha assunto un significato profondamente etico e spirituale, spingendola a rischiare la propria libertà pur di opporsi all’inganno e all’omertà.
Questo elemento rende il suo caso anche un simbolo dell’intersezione tra diritti umani, libertà religiosa e libertà di stampa. Le persecuzioni contro i credenti, in particolare cristiani, sono documentate da numerose ONG e testimoniano la difficoltà di creare una vera società pluralistica in Cina. Zhang Zhan viene oggi ricordata anche come Zhang Zhan fede cristiana e Wuhan reporter arrestata, a sottolineare la natura composita della sua lotta.
La libertà di stampa sotto pressione in Cina
Il caso di Zhang Zhan è purtroppo solo la punta dell’iceberg della costante compressione della libertà di stampa in Cina. Il Paese asiatico si trova stabilmente nelle ultime posizioni delle classifiche annuali di Reporters Sans Frontières per la libertà dei media.
L’arsenale legislativo a disposizione di Pechino per fronteggiare e reprimere la diffusione di notizie scomode è vasto: dalle leggi sulla sicurezza nazionale, che prevedono pene severissime anche per presunte notizie "false", alle restrizioni sulla pubblicazione di podcast, blog e canali social, fino alla restrizione drastica degli accessi ai server internazionali e la sorveglianza digitale costante.
In tale cornice, ogni eco pubblica delle voci dissidenti diventa di per sé un atto rivoluzionario e rischioso. La vicenda della pandemia narrata da Zhang Zhan dimostra quanto sia urgente la presa di posizione delle istituzioni internazionali contro ogni tentativo di imbavagliare il giornalismo di inchiesta e, più in generale, le forme di attivismo informato e consapevole.
Il significato della condanna per la società civile cinese
Condannare ancora una volta una giornalista come Zhang Zhan significa, per le autorità cinesi, lanciare un chiaro messaggio intimidatorio non solo verso la stampa, ma anche verso tutti coloro che aspirano a una società basata sulla trasparenza e la responsabilità.
Molti osservatori sottolineano come il caso di Zhang Zhan sia paradigmatico delle difficoltà incontrate dagli attivisti e dai cittadini cinesi nel rivendicare i propri diritti. L’apparato repressivo è sempre più sofisticato e si avvale, oltre che dei mezzi tradizionali, della tecnologia digitale per sorvegliare, identificare e neutralizzare il dissenso.
Il rischio, come evidenziano numerosi rapporti delle associazioni per i diritti, è quello di una crescente autocensura, sia tra i giornalisti sia tra la popolazione generale, disincentivando chiunque dal proporre narrative alternative alla versione imposta dai centri di potere.
Le campagne per la liberazione degli attivisti e i rischi del loro impegno
La vicenda ha rilanciato le campagne internazionali a sostegno della liberazione di tutti i condannati politici e degli attivisti per i diritti civili e religiosi in Cina. Purtroppo, a fronte delle richieste ufficiali di rilascio e della pressione mediatica, il regime spesso inasprisce i controlli e pone ulteriori restrizioni a chiunque si mostri solidale verso i prigionieri di coscienza.
Ecco perché il caso di Zhang Zhan rappresenta una straordinaria occasione di riflessione sul valore della solidarietà globale, della diplomazia dei diritti umani e della determinazione individuale e collettiva necessaria per proseguire la lotta per un’informazione libera e una giustizia imparziale.
Per questo si moltiplicano le azioni di sensibilizzazione anche in Occidente: petizioni, presidi davanti alle ambasciate, concerti di solidarietà, raccolte fondi e iniziative pubbliche volte a mantenere alta l’attenzione sulle sorti di Zhang Zhan e degli altri attivisti perseguitati.
Esempi di campagne attive:
- Raccolte firme online per la liberazione di Zhang Zhan
- Appelli pubblici da parte di premi Nobel, scrittori e giornalisti
- Sessioni speciali di dibattito in organismi parlamentari
- Utilizzo di hashtag come #FreeZhangZhan e #LibertàdiStampa
- Lettere aperte alle autorità cinesi dai principali quotidiani internazionali
Conclusioni: verso il futuro dei diritti umani e della libertà d’espressione in Cina
Il nuovo caso di Zhang Zhan, la sua condanna e la battaglia internazionale per la sua liberazione sono destinati a rimanere a lungo come simbolo delle contraddizioni della Cina contemporanea. La libertà di stampa, la libertà religiosa e la possibilità di informare e informarsi senza censura sono valori universali che continuano a scontrarsi con i sistemi autoritari.
La storia di Zhang Zhan, Wuhan reporter arrestata, ci rammenta quanto il coraggio individuale possa diventare catalizzatore di cambiamento, ma anche quanto sia fragile il tessuto dei diritti stabili in mancanza di supporto istituzionale forte e di una società pronta a difendere i suoi membri più esposti ai rischi della verità.
Il mondo deve continuare a mobilitarsi, sia attraverso la pressione diplomatica sia tramite la mobilitazione della società civile, affinché il sacrificio di giornalisti come Zhang Zhan non cada nell’oblio ma rappresenti, al contrario, un punto di partenza per nuove battaglie a favore dell’informazione libera, della responsabilità e della dignità di ogni persona. In questo modo, la voce di una singola donna potrà continuare a ispirare tanti altri a non accettare il silenzio quando la verità è minacciata.