Loading...
Pensioni 2026: Irpef ridotto, ma non per tutti
Lavoro

Pensioni 2026: Irpef ridotto, ma non per tutti

Disponibile in formato audio

La nuova proposta del Governo Meloni: taglio IRPEF al 33% sulla seconda fascia e impatto limitato sui pensionati

Pensioni 2026: Irpef ridotto, ma non per tutti

Indice dei contenuti

  • Introduzione: nuovo intervento sulle pensioni
  • La proposta di taglio dell’Irpef dal Governo Meloni
  • Chi riguarda il taglio: le fasce di reddito interessate
  • Dettagli della misura: limiti, criteri e cifre
  • Analisi dell’impatto sulle pensioni: esempi pratici
  • Effetti sulla platea dei pensionati tra 28.000 e 60.000 euro
  • Pareri degli esperti e delle associazioni di categoria
  • Criticità e nodi irrisolti della riforma
  • Il contesto europeo e il confronto con altri Paesi
  • Prospettive future e possibili scenari
  • Sintesi e conclusioni

Introduzione: nuovo intervento sulle pensioni

Nel dibattito politico e sociale attuale, il tema delle pensioni rappresenta una delle priorità più sensibili, soprattutto alla luce dei cambiamenti demografici e del costante aumento dell’età media della popolazione. In questo scenario, la proposta di un nuovo taglio dell’Irpef pensato dal Governo Meloni per il 2026 si inserisce come intervento volto a migliorare la condizione economica dei pensionati, ma con effetti che, secondo le prime analisi, non saranno equamente distribuiti tra tutti i beneficiari.

Alla vigilia della pubblicazione della Legge di Bilancio, l’Esecutivo ha infatti annunciato una riduzione dell’Irpef che dovrebbe portare l’aliquota dal 35% al 33% per la cosiddetta seconda fascia di reddito. Si tratta, dunque, di una misura apparentemente di largo respiro ma che, analizzando nel dettaglio le condizioni di applicazione, si rivolge in modo selettivo e limitato ai pensionati con redditi tra 28.000 e 60.000 euro lordi annui. Vediamo dunque, nel dettaglio, in cosa consiste questa nuova riforma fiscale e quale sarà il suo impatto sulle pensioni nel 2026.

La proposta di taglio dell’Irpef dal Governo Meloni

Il Governo attualmente in carica ha indicato la necessità di intervenire sulla pressione fiscale, sia per stimolare i consumi, sia per garantire maggiore equità sociale all’interno del sistema di tassazione italiano. Da qui la previsione di un taglio dell’Irpef di due punti percentuali sull’aliquota destinata alla seconda fascia di reddito.

La proposta, secondo fonti del Ministero dell’Economia, è quella di ridurre l’aliquota dal 35% al 33%. Questo intervento andrebbe a semplificare, almeno in parte, la struttura dell’imposta sul reddito delle persone fisiche che negli ultimi anni è stata oggetto di continue revisioni e modifiche. Tuttavia, mentre il Governo sottolinea i potenziali benefici in termini di aumento delle pensioni, emergono dubbi sulla portata effettiva della misura e sulla sua sostenibilità finanziaria sul medio periodo.

Chi riguarda il taglio: le fasce di reddito interessate

È fondamentale chiarire che il taglio dell’Irpef previsto per il 2026 non avrà un impatto trasversale su tutta la popolazione dei pensionati, ma si concentrerà esclusivamente sulla seconda fascia di reddito, ovvero su coloro che dichiarano un reddito lordo annuo compreso fra 28.000 e 60.000 euro. Gli esclusi saranno, pertanto, sia i pensionati con trattamenti molto modesti (al di sotto dei 28.000 euro), sia coloro che percepiscono redditi superiori ai 60.000 euro lordi annui.

Questa scelta, secondo Palazzo Chigi, risponde alla necessità di concentrare le risorse disponibili a favore di una platea considerata "di mezzo": né troppo svantaggiata da rientrare nelle misure di sostegno specifico per le fasce più basse, né così avvantaggiata da non necessitare alcun alleggerimento fiscale. In questo modo la riforma mira ad aiutare coloro che troppo spesso risultano penalizzati da un sistema fortemente progressivo come quello italiano, in cui ogni scatto di reddito comporta uno scatto automatico di tassazione.

Dettagli della misura: limiti, criteri e cifre

Entrando nel dettaglio tecnico, la nuova disposizione prevede che a partire dal 1° gennaio 2026, l’aliquota Irpef per la seconda fascia di reddito passerà dal 35% al 33%. In termini pratici, questo significa che per ogni euro di imponibile compreso tra i 28.000 e i 60.000 euro, il prelievo fiscale sarà ridotto di due punti percentuali rispetto al regime oggi vigente.

È importante sottolineare che la misura non tocca né le fasce di reddito inferiori (che continueranno a godere delle aliquote agevolate, laddove previste), né quelle superiori. Resta invariata anche la struttura delle detrazioni, salvo ulteriori aggiornamenti che potrebbero essere definiti in sede di conversione parlamentare.

L’impatto massimo dell’intervento, secondo le simulazioni del Ministero dell’Economia, si registrerà per i soggetti che si collocano esattamente al limite superiore della fascia interessata, ovvero con redditi di 60.000 euro. In questi casi l’aumento netto di pensione potrebbe arrivare anche a 640 euro l’anno, una cifra certamente non trascurabile per questa tipologia di beneficiari.

Analisi dell’impatto sulle pensioni: esempi pratici

Affinché sia meglio comprensibile la portata della riforma, può essere utile simulare l’effetto della riduzione dell’aliquota su diverse tipologie di pensionati:

  • Un pensionato con reddito di 30.000 euro lordi, appartenente quindi alla seconda fascia, vedrebbe una lieve riduzione dell’Irpef dovuta, con un aumento di pensione netto variabile fra 390 e 420 euro all’anno, in base alle specifiche detrazioni personali.
  • Un pensionato con reddito di 45.000 euro lordi beneficerebbe di una riduzione più consistente della pressione fiscale, con un aumento netto potenziale che può superare i 500 euro annui.
  • Per chi è al limite massimo, ossia 60.000 euro, il beneficio ottenibile raggiunge la quota massima stimata della misura, cioè i 640 euro annui lordi.

Ovviamente, i valori reali varieranno a seconda della situazione familiare, delle altre detrazioni applicabili e di eventuali addizionali regionali o comunali.

Effetti sulla platea dei pensionati tra 28.000 e 60.000 euro

Secondo i dati dell’INPS, la platea dei pensionati che si colloca nella seconda fascia di reddito è significativa ma non maggioritaria, rappresentando circa il 28% dei pensionati italiani. Questi soggetti si trovano spesso in una posizione di relativo equilibrio: percepiscono una pensione superiore alla media nazionale, ma risentono di una tassazione che negli ultimi anni è cresciuta progressivamente.

Il taglio dell’aliquota, dunque, può rappresentare per questo segmento un importante alleggerimento, ma non modifica la sostanza di un sistema che continua a penalizzare chi supera di poco le soglie previste. Diversi osservatori hanno già fatto notare come il rischio di "trappola fiscale" resti concreto: chi supera anche di pochi euro il tetto dei 60.000 rischia infatti di non ricevere alcun beneficio, alimentando fenomeni di "ingabbiamento" salariale già riscontrati in altri comparti del lavoro pubblico e privato.

Non va dimenticato, inoltre, che una buona parte dei pensionati italiani – in particolare donne e lavoratori del Sud – continua a percepire trattamenti ben al di sotto delle soglie interessate dal nuovo taglio Irpef, rimanendo esclusa dai benefici della riforma.

Pareri degli esperti e delle associazioni di categoria

Il dibattito sulla proposta del Governo Meloni è particolarmente acceso tra gli esperti di previdenza e le associazioni di pensionati. Secondo molti analisti, il taglio dell’Irpef rappresenta una misura apprezzabile nel tentativo di rilanciare il potere d’acquisto, ma rischia di risultare insufficiente se non accompagnato da interventi più ampi a sostegno delle pensioni più basse e del sistema previdenziale nel suo complesso.

Secondo il presidente della Cgil Pensionati, "è positivo alleggerire la pressione fiscale su chi ha redditi medio-alti, ma questa misura rischia di lasciare completamente fuori la maggior parte dei pensionati. Serve una visione più organica, che sappia intervenire anche sui trattamenti minimi e sulle pensioni di reversibilità, spesso insufficienti per fronteggiare i rincari dei beni essenziali".

Anche da parte delle associazioni di categoria arriva una richiesta di maggiore equità. Lo Spi-Cgil, ad esempio, chiede che "ogni riforma dell’Irpef per le pensioni sia affiancata da un ampliamento delle detrazioni per chi ha redditi inferiori" e da misure strutturali per garantire la sostenibilità dell’intero comparto previdenziale.

Criticità e nodi irrisolti della riforma

Non mancano le criticità nella proposta del taglio Irpef sulle pensioni 2026. Un primo nodo riguarda la copertura finanziaria del provvedimento: reperire le risorse necessarie per un intervento fiscale di tale portata, senza aumentare il debito pubblico o tagliare servizi essenziali, rappresenta una sfida tutt’altro che semplice.

Un secondo punto critico è rappresentato dall’eccessiva focalizzazione sulla seconda fascia di reddito. La misura potrebbe infatti esacerbare le disparità tra pensionati "di fascia media" e quelli che percepiscono trattamenti modesti, già gravati da difficoltà crescenti. Infine, rimane il tema della sostenibilità a lungo termine del sistema pensionistico italiano, che dovrà fare i conti con una popolazione sempre più anziana e con una base contributiva che rischia di assottigliarsi nei prossimi decenni.

Il contesto europeo e il confronto con altri Paesi

Un’analisi comparata con gli altri sistemi pensionistici europei mostra come l’Italia si collochi in una posizione intermedia per quanto concerne la pressione fiscale sulle pensioni. In Francia e Germania, ad esempio, la tassazione effettiva risulta in molti casi più bassa sulle medie pensioni, mentre la Spagna applica modelli più simili a quello italiano, con detrazioni più generose per le fasce basse ma aliquote marginali elevate per le fasce alte.

Va tuttavia sottolineato che nei principali Paesi europei, parallelamente a eventuali tagli fiscali si pongono in essere anche interventi di natura sociale, come l’aumento delle pensioni minime e l’estensione della tutela sanitaria, con lo scopo di ridurre le disuguaglianze e assicurare dignità ai pensionati più fragili. Un approccio che in Italia resta, almeno per ora, ancora subordinato a futuri passaggi normativi.

Prospettive future e possibili scenari

La riforma dell’Irpef per i pensionati apre diversi scenari futuri. Secondo gli economisti, la misura avrà un effetto immediato, anche se limitato, sulla capacità di spesa di una parte significativa della popolazione anziana, ma rappresenta solo un tassello di una revisione necessaria di più ampio respiro.

Nei prossimi anni, l’equilibrio del sistema pensionistico italiano richiederà sicuramente ulteriori correttivi: dal rafforzamento delle pensioni minime, a una ridefinizione delle aliquote, fino a nuove forme di integrazione contributiva per i giovani lavoratori. Tutto ciò sarà possibile solo in presenza di una crescita economica consistente e duratura, senza la quale ogni intervento rischia di essere percepito come mera misura tampone.

Sintesi e conclusioni

La proposta del Governo Meloni di tagliare l’Irpef sulla seconda fascia di reddito per i pensionati rappresenta, senza dubbio, una novità rilevante nel contesto della riforma delle pensioni 2026. Tuttavia, il provvedimento rischia di avere effetti limitati e di lasciare esclusa una larga parte dei pensionati italiani, che si collocano al di sotto della soglia dei 28.000 euro annui.

Sarà fondamentale, nei prossimi mesi, accompagnare la riforma fiscale con misure più ampie e strutturali, volte a tutelare anche le fasce più deboli e a garantire, nel tempo, la sostenibilità e l’equità del sistema pensionistico italiano. Solo così si potrà rispondere con efficacia alle sfide demografiche ed economiche che attendono l’Italia nei prossimi anni.

Pubblicato il: 22 luglio 2025 alle ore 09:34

Articoli Correlati