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Elezioni regionali 2025 in Veneto, Puglia e Campania: risultati, vincitori e sconfitti
Editoriali

Elezioni regionali 2025 in Veneto, Puglia e Campania: risultati, vincitori e sconfitti

Regionali 2025: Veneto al centrodestra, Campania e Puglia al centrosinistra. Cresce FdI, crolla Lega, male FI-M5S-AVS. Cirielli e Lobuono agnelli sacrificali, pesa il caso Bari. Astensione record.

**Elezioni regionali 2025 in Veneto, Puglia e Campania: risultati, vincitori e sconfitti**

Centrodestra sul Veneto, centrosinistra in Puglia e Campania. Affluenza ai minimi storici, partiti in crisi di credibilità.

**Indice – Elezioni regionali 2025**

  1. Quadro generale: mappa del voto in Veneto, Puglia e Campania
  2. Risultati elezioni regionali Veneto 2025: centrodestra avanti, Lega+Zaia in caduta libera
  3. Elezioni regionali Campania 2025: la sconfitta del centrodestra e il “caso Cirielli”
  4. Elezioni regionali Puglia 2025: il centrosinistra tiene, il rimorso per Bari e il ruolo di Luigi Lobuono
  5. Fratelli d’Italia, PD, Forza Italia, M5S e AVS: numeri, trend e leadership in discussione
  6. La linea di Elly Schlein tra campo largo e tensioni interne sul rapporto con il Movimento 5 Stelle
  7. Astensione record e crisi delle coalizioni: cosa ci dicono queste elezioni sull’Italia del 2025
  1. Quadro generale: mappa del voto in Veneto, Puglia e Campania

Le elezioni regionali 2025 in Veneto, Puglia e Campania ridisegnano gli equilibri politici in tre regioni-chiave e offrono uno spaccato molto nitido sullo stato di salute del sistema dei partiti. La fotografia finale è chiara: Veneto al centrodestra, Puglia e Campania al centrosinistra, con un dato trasversale che preoccupa più di qualunque altra cifra: l’astensione ai minimi storici, con un’affluenza che in alcune rilevazioni si è fermata poco sopra il 30% degli aventi diritto, confermando un vero e proprio “crollo” della partecipazione.

In questo scenario, le parole chiave che emergono – e che guidano anche le ricerche online degli ultimi giorni – sono proprio “elezioni regionali 2025”, “risultati Veneto”, “risultati Campania”, “risultati Puglia”, ma anche termini politicamente più connotati come “centrodestra in crisi”, “campo largo centrosinistra”, “astensione record” e i nomi dei leader coinvolti: Giorgia Meloni, Elly Schlein, Edmondo Cirielli, Luigi Lobuono.

Guardando al dato complessivo delle tre regioni, i numeri del confronto tra le elezioni regionali 2020 e le regionali 2025 raccontano una storia più complessa rispetto alla semplice alternanza tra centrodestra e centrosinistra. Sommati Veneto, Puglia e Campania, Fratelli d’Italia passa da circa 548.900 voti del 2020 a oltre 801.000 nel 2025, con una crescita di 252.000 voti pari a un +46% in termini assoluti. Forza Italia guadagna quasi 100.000 voti (+28,3%), mentre la Lega e le sue liste civiche perdono oltre 730.000 consensi (-47%), lasciando emergere una coalizione di centrodestra molto più sbilanciata verso FdI e, in misura minore, verso il partito di Tajani. Sul fronte progressista, PD e liste civiche crescono complessivamente di circa 124.000 voti (+8%), mentre il Movimento 5 Stelle arretra pesantemente, perdendo oltre 160.000 voti (-34%).

Questi dati confermano due tendenze ormai consolidate: da un lato la centralità di Fratelli d’Italia nello spazio politico del centrodestra, dall’altro l’erosione delle formazioni “terze” – M5S e Alleanza Verdi e Sinistra (AVS) – che faticano a tradurre in consenso territoriale il proprio profilo identitario. Nonostante l’aggregato di Puglia e Campania consegni le due regioni al campo progressista, infatti, i numeri indicano che la crescita del Partito Democratico non è accompagnata da una performance altrettanto convincente dei partner di coalizione.

  1. Risultati elezioni regionali Veneto 2025: centrodestra avanti, Lega+Zaia in caduta libera

Il Veneto resta saldamente nelle mani del centrodestra. La coalizione guidata da Alberto Stefani – nuovo presidente regionale, espressione della Lega ma sostenuto da tutto il fronte conservatore – vince, ma lo fa in un quadro profondamente mutato rispetto al 2020, quando il “fenomeno Zaia” aveva polverizzato ogni concorrenza.

Nel dettaglio, la lista Lega+Zaia passa da circa 1.263.900 voti del 2020 a 607.200 nel 2025, perdendo oltre 656.000 consensi, pari a un -52% in termini assoluti. È un vero tracollo per un marchio politico che, fino a pochi anni fa, incarnava il modello di “buon governo” autonomista e identitario del Nord-Est. Il consenso di quell’area oggi si ridistribuisce in parte su Fratelli d’Italia, che in Veneto passa da 196.300 a 312.800 voti, con una crescita di 116.500 voti (+59,3%), e in parte su Forza Italia, che sale da 73.200 a 105.400 voti (+43,8%).

Sul versante opposto, PD e civiche migliorano il proprio risultato: da circa 286.000 voti a oltre 338.500, con un incremento di 52.000 consensi (+18,3%), ma senza riuscire a contendere realmente la guida della regione. Il Movimento 5 Stelle in Veneto continua la sua parabola discendente: da quasi 80.000 voti nel 2020 scende a poco meno di 37.000, perdendone oltre 42.000 (-53,7%).

In chiave elezioni regionali Veneto 2025, quindi, il quadro è paradossale: il centrodestra vince, ma lo fa su un terreno scosso da profondi riequilibri interni. La leadership di Lega+Zaia non è più il motore della coalizione, che appare sempre più trainata da Fratelli d’Italia, in sintonia con gli equilibri nazionali. La perdita di oltre mezzo milione di voti da parte della Lega in Veneto, regione simbolo del “modello Zaia”, viene letta da molti osservatori come un segnale di logoramento del brand leghista, stretto tra le ambiguità dell’autonomia differenziata e la concorrenza di un nazional-conservatorismo più compatto e riconoscibile.

Il centrosinistra, pur avanzando, non riesce a sfruttare appieno il calo leghista, complice una proposta percepita come poco alternativa sul terreno economico e fiscale, e la difficoltà di trasformare il tema dell’autonomia in un terreno di confronto favorevole. L’astensione molto elevata – che nei comuni medio-piccoli ha assunto le dimensioni di un vero e proprio distacco dalla politica regionale – penalizza soprattutto le opposizioni, incapaci di mobilitare un elettorato deluso ma tutt’altro che soddisfatto dello status quo.

  1. Elezioni regionali Campania 2025: la sconfitta del centrodestra e il “caso Cirielli”

In Campania, le elezioni regionali 2025 si traducono in una netta affermazione del centrosinistra e delle forze progressiste, con la vittoria della coalizione guidata da Roberto Fico, esponente del Movimento 5 Stelle sostenuto dal PD e da una serie di liste civiche di area riformista. La Campania diventa così il simbolo dell’esperimento di “campo largo” che unisce democratici, pentastellati e sinistra diffusa: un laboratorio politico nazionale su cui si concentrano le attenzioni dei vertici di Elly Schlein.

Sul piano numerico, però, la storia è più articolata. Le liste PD+civiche arretrano in voti assoluti: da 712.191 a 646.183, con una perdita di oltre 66.000 consensi (-9,2%). È Fratelli d’Italia a registrare la crescita più marcata: da 140.916 voti nel 2020 a quasi 239.650 nel 2025, con un incremento di quasi 100.000 voti (+70%). Anche Forza Italia mette a segno un boom numerico, passando da 121.694 a 215.381 voti (+77%), mentre la Lega perde terreno (da 133.159 a 110.688 voti, -16,8%) e il Movimento 5 Stelle arretra di oltre 50.000 voti (-21,6%), pur potendo rivendicare la conquista della presidenza regionale grazie all’alleanza con il PD.

Nel centrodestra campano, la figura sotto i riflettori è quella del Viceministro Edmondo Cirielli, candidato presidente. Cirielli riesce a far crescere Fratelli d’Italia dal 5,98% delle regionali del 2020 all’11,93% di oggi; se a questo risultato si aggiunge il 4,7% della lista “Cirielli Presidente”, il consenso personale e politico del candidato sfiora il 15%, configurando una crescita significativa rispetto alla precedente tornata. Tuttavia, questo risultato rimane circa 4 punti percentuali sotto il dato ottenuto da FdI alle elezioni europee 2024, segnale di una difficoltà a trasferire integralmente il traino nazionale sul terreno regionale.

Nonostante la crescita numerica, la narrazione che prevale all’interno della coalizione è quella di una sconfitta preannunciata, con Cirielli indicato da molti come un vero e proprio “agnello sacrificale”: un candidato chiamato a reggere una partita quasi impossibile in un territorio storicamente complesso per il centrodestra, in cui l’apparato amministrativo e il tessuto delle alleanze locali sono rimasti a lungo nelle mani del centrosinistra.

A pagare dazio, insieme a Cirielli, è anche Luigi Lobuono, figura non di spicco del centrodestra meridionale, percepito da alcuni come un altro “agnello sacrificale” di una strategia complessiva poco incisiva. La campagna del centrodestra campano, pur ricca di iniziative simboliche, non è riuscita a costruire un’immagine di alternativa credibile alla gestione uscente, né sul fronte dei servizi pubblici, né su quello – decisivo – dei fondi europei e del PNRR, che in Campania rappresentano una leva essenziale per infrastrutture, lavoro e coesione sociale.

La sconfitta del centrodestra, quindi, non deriva solo dal dato numerico dei partiti, ma da un deficit di narrazione e progetto territoriale. Cresce Fratelli d’Italia, cresce Forza Italia, ma la coalizione nel suo complesso non appare in grado di sottrarre al centrosinistra il controllo delle reti amministrative locali, delle professioni e del mondo associativo. La vittoria di Fico – benché accompagnata da un calo del PD e del M5S in termini di voti assoluti – assume così il valore di un successo politico di sistema, che rafforza il messaggio del campo progressista a guida Schlein.

  1. Elezioni regionali Puglia 2025: il centrosinistra tiene, il rimorso per Bari e il ruolo di Luigi Lobuono

Se la Campania è il laboratorio del campo largo, la Puglia rappresenta la continuità di un radicamento centrosinistra che dura da oltre un decennio. Le elezioni regionali Puglia 2025 si chiudono con la vittoria della coalizione progressista guidata da Antonio Decaro, già sindaco di Bari ed attuale europarlamentare, sostenuto dal Partito Democratico, da liste civiche e dalle forze di sinistra.

I numeri confermano un consolidamento del blocco di centrosinistra: le liste PD+civiche passano da circa 542.800 voti del 2020 a oltre 680.900 nel 2025, con una crescita di 138.000 voti (+25,4%). Un balzo che rende la Puglia la regione in cui il PD ottiene la performance migliore tra le tre considerate.

Sul fronte opposto, il Movimento 5 Stelle subisce un pesante arretramento: da 165.243 voti a poco meno di 96.000, con una perdita di oltre 69.000 consensi (-42%). Fratelli d’Italia migliora il proprio risultato, passando da 211.700 a 248.900 voti (+17,5%), ma non abbastanza per sfidare davvero il blocco progressista. Forza Italia arretra (da 149.399 a 121.015 voti, -19%), così come la Lega, che scivola da 160.507 a 106.853 voti (-33,4%).

In questo contesto si inserisce la figura di Luigi Lobuono, candidato del centrodestra alla presidenza regionale, indicato da vari commentatori come un secondo agnello sacrificale di una strategia nazionale che ha preferito evitare candidature più conflittuali ma forse più radicate. La sua campagna, pur ordinata e territorialmente diffusa, non è riuscita a scalfire l’immagine di “buon amministratore” costruita negli anni da Decaro, forte anche della visibilità nazionale acquisita come presidente ANCI.

Sulla Puglia, tuttavia, pesa un tema politico che va oltre il semplice conteggio dei voti: il mancato scioglimento del Comune di Bari per infiltrazioni mafiose e voto di scambio. Per molti osservatori, a fronte delle inchieste giudiziarie che hanno messo in luce una preoccupante commistione tra interesse pubblico, malavita organizzata e sistemi di voto controllato, lo scioglimento del Consiglio comunale sarebbe stato “doveroso”. La scelta del centrodestra di non affondare fino in fondo su questo terreno – evitando di assumere una posizione radicale che avrebbe potuto portare allo scioglimento – viene letta da una parte della base come una occasione mancata.

Secondo alcune interpretazioni, questa prudenza avrebbe avuto una motivazione di lungo periodo: non compromettere i rapporti istituzionali necessari per la successiva elezione di Raffaele Fitto a vicepresidente esecutivo della Commissione europea e commissario europeo per la politica regionale e di coesione, nomina che ha richiesto anche il voto favorevole del Partito Democratico al Parlamento europeo. In questa lettura, la “morbidezza” sul caso Bari sarebbe stata propedeutica a garantire un clima meno conflittuale in sede europea. Un calcolo di realpolitik che, però, potrebbe aver indebolito la percezione di alternativa e legalità del centrodestra pugliese proprio nel momento cruciale del voto.

La Puglia, insomma, consegna al centrosinistra una vittoria numericamente robusta, ma allo stesso tempo apre una discussione sul rapporto tra etica pubblica, gestione del potere locale e strategie nazionali. Un terreno su cui, inevitabilmente, torneranno sia le opposizioni sia gli organismi di controllo, nazionali ed europei.

  1. Fratelli d’Italia, PD, Forza Italia, M5S e AVS: numeri, trend e leadership in discussione

Guardando all’insieme di Veneto, Puglia e Campania, le elezioni regionali 2025 offrono un quadro molto utile per misurare lo stato di salute dei principali partiti nazionali.

Fratelli d’Italia è il soggetto che registra la crescita più evidente: +252.000 voti complessivi e +46% rispetto al 2020 nelle tre regioni considerate. Il partito di Giorgia Meloni conferma di essere il perno del centrodestra nazionale, capace di supplire al crollo della Lega e, in parte, di contenere l’emorragia di consensi verso l’astensione. Tuttavia, come dimostra il caso campano, la capacità di convertire il consenso nazionale in leadership territoriale non è automatica: il dato di FdI resta, in alcuni contesti, inferiore rispetto a quello delle europee 2024, segno che la dimensione europea e quella regionale obbediscono a logiche diverse.

Il Partito Democratico esce complessivamente rafforzato sul piano territoriale, grazie soprattutto al risultato pugliese, ma non può ignorare il calo in Campania e il mancato sfondamento in Veneto. La somma dei voti di PD+civiche nelle tre regioni mostra un incremento, ma non tale da dare l’idea di un partito in grado di guidare in solitaria l’area progressista. Piuttosto, il PD appare come il perno amministrativo di coalizioni che, per vincere, hanno bisogno di integrare il consenso dei pentastellati e di una sinistra diffusa che va da AVS alle reti civiche ecologiste.

Forza Italia merita un discorso a parte. I numeri – quasi +97.000 voti complessivi (+28,3%) – potrebbero suggerire un recupero dopo gli anni più difficili. Tuttavia, sul piano politico, il giudizio resta severo: “malissimo Forza Italia”, si commenta in più di un’analisi, perché il partito non riesce a uscire da una posizione subalterna sia a Fratelli d’Italia sia ai potentati locali con cui è costretto a mediare per sopravvivere. Il risultato campano, dove FI cresce ma non incide sull’esito finale, e quello pugliese, dove arretra, confermano l’immagine di una forza politica numericamente presente ma priva di un profilo identitario forte.

Ancora più critica la situazione del Movimento 5 Stelle, che perde complessivamente 162.700 voti (-34%) nelle tre regioni. L’unica vera vittoria di cui può fregiarsi è la presidenza della Campania, resa possibile però dall’alleanza con il PD. In Veneto e Puglia il M5S arretra in modo vistoso, a dimostrazione delle difficoltà nel radicamento territoriale e della fatica a parlare ai ceti popolari e giovanili che un tempo rappresentavano il suo bacino naturale.

Infine, Alleanza Verdi e Sinistra (AVS) è estromessa dal ruolo di protagonista nella maggior parte delle competizioni locali. La forza rosso-verde paga la scarsa riconoscibilità delle proprie liste rispetto alle numerose civiche di area progressista, spesso guidate da amministratori uscenti o figure della società civile, e non riesce a capitalizzare il tema ambientale e sociale in un contesto in cui la priorità percepita dagli elettori resta la gestione dei servizi, della sanità regionale e del lavoro.

  1. La linea di Elly Schlein tra campo largo e tensioni interne sul rapporto con il Movimento 5 Stelle

Sul versante del centrosinistra, le elezioni regionali 2025 in Campania e Puglia vengono lette come un successo della strategia di Elly Schlein, che ha puntato con decisione sul campo largo con il Movimento 5 Stelle e le forze di sinistra. Tuttavia, le tensioni interne al partito restano forti. Diverse correnti del PD – soprattutto quelle più moderate e amministrative – sostengono che la vittoria in Campania e Puglia sarebbe stata possibile anche senza l’alleanza con il M5S, valorizzando il radicamento locale dei democratici e delle liste civiche.

Queste voci critiche accusano il patto con i pentastellati di essere stato “non necessario, fuorviante e poco credibile per gli elettori”, come dimostrerebbe proprio l’alto tasso di astensione: molti cittadini non si riconoscerebbero in coalizioni percepite come eccessivamente eterogenee, dove convivono culture di governo e di protesta difficili da conciliare. In questa chiave, il calo in voti assoluti del PD in Campania viene letto come il prezzo pagato alla convivenza con un alleato che, pur esprimendo il presidente Fico, non riesce a trainare l’affluenza.

La leadership di Schlein, dunque, esce rafforzata sul piano dei risultati territoriali, ma rimane sotto pressione sul piano interno. Da un lato, la segretaria può rivendicare di aver dimostrato che il campo progressista unito è competitivo contro il centrodestra di Meloni; dall’altro, deve confrontarsi con chi teme che l’identità del PD venga diluita in un fronte indistinto, nel quale i confini tra riformismo, populismo e sinistra radicale sono spesso sfumati.

La questione del rapporto con il M5S si intreccia anche con i temi europei. Il sostegno dei democratici alla nomina di Raffaele Fitto – esponente di Fratelli d’Italia – a vicepresidente esecutivo della Commissione europea e commissario per la politica regionale e di coesione è stato criticato da una parte della base come segnale di eccessiva disponibilità al compromesso istituzionale con il centrodestra. La narrazione secondo cui questo voto sarebbe stato “scambiato” con un atteggiamento meno duro sul caso Bari alimenta il malcontento di quanti vorrebbero un PD più nettamente alternativo alla destra, tanto in Italia quanto in Europa.

In questo contesto, le parole chiave che emergono nel dibattito interno – “campo largo”, “credibilità delle coalizioni”, “alleanza con M5S”, “identità del PD” – sintetizzano bene le linee di frattura che attraversano il principale partito di opposizione.

**7. Astensione record e crisi delle coalizioni: cosa ci dicono queste elezioni sull’Italia del 2025**

Al di là dei rapporti di forza tra centrodestra e centrosinistra, il vero protagonista di queste elezioni regionali 2025 in Veneto, Puglia e Campania è il non voto. L’astensione raggiunge livelli che molti definiscono “storici”, con una partecipazione che in alcune ore della giornata elettorale si è fermata intorno al 31-32% degli aventi diritto.

Questo dato mette in discussione non solo i singoli partiti, ma l’idea stessa di coalizione come strumento di rappresentanza. Se, come mostrano le tabelle, la somma dei voti validi espressi dai cittadini è significativamente inferiore al numero degli aventi diritto, ne deriva che né il centrodestra vincente in Veneto, né il centrosinistra vincente in Puglia e Campania risultano credibili per oltre la metà del corpo elettorale. Le coalizioni vincono nei consigli regionali, ma lo fanno grazie a minoranze sempre più ristrette che rappresentano una frazione ridotta delle comunità locali.

Le cause di questo distacco sono molteplici. La percezione che la politica regionale sia spesso sovrastata dai livelli nazionali ed europei; la sensazione che le liste siano composte da notabili e “portatori di voti” più che da progettualità; la sfiducia verso la capacità delle istituzioni di incidere su temi cruciali come sanità, trasporti, lavoro giovanile, qualità dell’ambiente urbano.

In Veneto, la conferma del centrodestra è accompagnata da un sentimento diffuso di rassegnazione: molti elettori non vedono un’alternativa chiara al modello amministrativo esistente, pur percependone limiti e contraddizioni. In Campania e Puglia, la vittoria del centrosinistra è percepita da una parte della popolazione come il semplice prolungamento di equilibri di potere consolidati, più che come l’avvio di una nuova stagione politica. Il mancato scioglimento del Comune di Bari nonostante le ombre sul voto di scambio, e la permanenza di vecchie logiche clientelari in alcune aree della Campania, alimentano l’idea che il voto conti poco rispetto alle dinamiche di palazzo.

Per uscire da questa crisi di rappresentanza, i partiti sono chiamati a una doppia sfida. Da un lato, rinnovare classe dirigente e linguaggio, investendo su figure capaci di parlare ai territori e non solo alle segreterie nazionali. Dall’altro, ridefinire il senso stesso delle coalizioni, che oggi appaiono a molti elettori come contenitori tattici – sommatorie di sigle e interessi – più che come progetti politici coerenti.

In assenza di una risposta credibile, il rischio è che le prossime elezioni politiche nazionali vedano una partecipazione ancora più bassa, con maggioranze parlamentari costruite su basi sociali sempre più ristrette. Le elezioni regionali 2025 in Veneto, Puglia e Campania non sono quindi solo un test territoriale: sono uno specchio della trasformazione profonda che attraversa la democrazia italiana, dove la competizione tra centrodestra e centrosinistra rischia di diventare un confronto tra minoranze organizzate, mentre la maggioranza dei cittadini rimane spettatrice, distante dalle urne e ancor più distante dai palazzi del potere.

In conclusione, i risultati delle elezioni regionali 2025 in Veneto, Puglia e Campania consegnano un centrodestra forte ma internamente sbilanciato verso Fratelli d’Italia, un centrosinistra vincente ma attraversato da tensioni sul rapporto con il Movimento 5 Stelle, e un sistema partitico nel complesso indebolito da un’astensione record. Dietro le cifre di Veneto, Puglia e Campania si intravede una domanda di rappresentanza nuova, ancora in cerca di voce: la sfida, per tutti, sarà trasformare queste regioni-laboratorio in luoghi di reale innovazione politica, e non in semplici tappe di un calendario elettorale sempre più vuoto di partecipazione.

Pubblicato il: 25 novembre 2025 alle ore 15:55

Michele Monaco

Articolo creato da

Michele Monaco

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