L’insegnante di un alunno di quinta di una scuola primaria paritaria in provincia di Treviso di fronte ad un errore grammaticale ha scritto una nota sul quaderno dell’allievo: «sinceramente sono stufa di correggere innumerevoli verifiche scritte con i piedi, piene zeppe di errori ortografici gravi e di inesattezze. Se la tua idea è di continuare così, per me puoi stare a casa!». Un giudizio che non è piaciuto ai genitori del ragazzo, i quali hanno contattato l’istituto il giorno stesso, il 12 maggio:
«siamo i genitori di un alunno e ci siamo dovuti nostro malgrado scontrare inaspettatamente con una metodologia di insegnamento che ricorda i racconti dei nostri nonni: quando i maestri bacchettavano i bambini o li facevano sedere sui ceci. A nostro figlio è toccata la punizione fisica “stai in piedi lì all’angolo in corridoio e non fai più ricreazione” e psicologica “se sbagli ancora non ti faccio fare la presentazione alla recita di fine anno”. Un comportamento della docente che esula a nostro modo di vedere da qualsivoglia finalità educativa e si trasforma in una vera e propria fonte di ansia e inquietudine».
Letta la missiva, il dirigente ha convocato i genitori provando a spiegare che si è trattata solo di “una caduta di stile dell’insegnante che lavora nell’istituto da vent’anni e segue quella classe da cinque”. Tuttavia, quando sembrava tutto rientrato, tanto più che il bambino ha finito l’anno nella scuola in questione, i genitori hanno deciso che per la scuola media sceglieranno un altro istituto. Facendo così intendere che l’incidente non era per nulla chiuso.
Intanto, la vicenda ha animato un dibattito sia tra i genitori che nel mondo della scuola e soprattutto sui social. Ovviamente con opinioni divergenti. Infatti, c’è chi plaude a “un pò di necessaria severità” e chi, invece, solidarizza con i genitori. Sta di fatto che, anche grazie a questo caso, molti insegnanti si guarderanno bene da rimproverare e stimolare gli alunni proprio per non incorrere nelle ire dei genitori.
nat lab