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Università: Presidio dei Precari a Montecitorio, Tra Appelli e Proteste per una Vita Dignitosa

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I ricercatori precari chiedono certezze: "Ci viene negata anche la possibilità di progettare una vita adulta". Il presidio si svolge durante la discussione dell’emendamento Occhiuto-Cattaneo.

Università: Presidio dei Precari a Montecitorio, Tra Appelli e Proteste per una Vita Dignitosa

Indice

* Il contesto: presidio e ragioni della protesta * I numeri della precarietà universitaria in Italia * L’emendamento Occhiuto-Cattaneo e le sue ripercussioni * La voce dei precari: testimonianze e appelli * La solidarietà dei parlamentari dell’opposizione * Le risposte (e le mancate risposte) delle istituzioni * Il confronto europeo: come si tutela la ricerca all’estero? * Strategie per un’università sostenibile e inclusiva * Ruolo dei sindacati e delle associazioni di categoria * Sintesi finale: una questione aperta

Il contesto: presidio e ragioni della protesta

Il 3 giugno 2025, Montecitorio ha assistito a una delle più significative manifestazioni degli ultimi anni del settore accademico: ricercatori e ricercatrici precari delle università italiane hanno dato vita a un presidio davanti alla Camera dei Deputati, in concomitanza con la discussione in aula del contestato emendamento Occhiuto-Cattaneo.

Le motivazioni alla base della mobilitazione risiedono in una condizione lavorativa sempre più insostenibile all’interno del comparto universitario pubblico. Negli ultimi mesi, la discussione politica ha messo in secondo piano le esigenze dei lavoratori precari della ricerca, aggravando ulteriormente una situazione che rischia, a detta degli stessi protagonisti della protesta, di "privare migliaia di giovani altamente formati della possibilità di progettare una vita adulta".

In questo clima di tensione, i lavoratori precari delle università hanno voluto portare fisicamente la loro voce presso il cuore delle istituzioni, chiedendo attenzione, rispetto e soprattutto risposte concrete sulla loro stabilizzazione.

I numeri della precarietà universitaria in Italia

La precarietà nel sistema universitario italiano è ormai una costante, come testimoniato da numerosi rapporti e statistiche ufficiali.

Negli ultimi anni, gli indicatori parlano chiaro:

* Più del 70% dei contratti per ricercatori e docenti under 40 è a tempo determinato, spesso su progetti di ricerca dalla durata anche inferiore a 12 mesi. * Sono circa 25.000 i ricercatori precari attivi in Italia, tra assegni di ricerca, docenze temporanee e contratti di collaborazione a progetto. * Oltre il 40% dei precari universitari ha meno di 35 anni, ma quasi nessuno riesce ad accedere a un contratto a tempo indeterminato prima della soglia dei 40. * Il tasso di "fuga di cervelli" dall’Italia, accentuato dalle condizioni insostenibili di inserimento, è stimato in oltre 10.000 cervelli in fuga ogni anno verso altre realtà europee o internazionali dove il sistema universitario offre garanzie di stabilità.

Questi numeri fotografano una realtà spesso ignorata dalle politiche universitarie nazionali: la sostenibilità della ricerca italiana, così come la continuità dell’insegnamento accademico, è oggi affidata a professionalità che vivono, letteralmente, nell’incertezza.

L’emendamento Occhiuto-Cattaneo e le sue ripercussioni

Il presidio dei precari università a Montecitorio si è svolto in concomitanza con il voto sull’emendamento Occhiuto-Cattaneo. Ma quali sono i contenuti e le possibili conseguenze?

L’emendamento, oggetto di vivaci discussioni sia in Parlamento che nei corridoi universitari, mira a razionalizzare – ufficialmente – la spesa per la ricerca e a “valorizzare il merito”. Tuttavia, secondo critiche diffuse, esso rischia di introdurre criteri ancora più selettivi per l’accesso ai percorsi di stabilizzazione e per il rinnovo dei contratti temporanei.

In particolare, l’emendamento prevede:

* Ulteriori limiti sui rinnovi degli assegni di ricerca. * Più strette soglie di valutazione per il passaggio di posizione. * Riduzione delle finestre temporali per partecipare a concorsi di stabilizzazione.

Come sottolineato da molti intervenuti al presidio, tali limitazioni avrebbero un effetto espulsivo sui lavoratori precari, tagliando fuori migliaia di profili che, pur avendo maturato anni di esperienza, rischiano effettivamente di essere esclusi dal sistema.

La voce dei precari: testimonianze e appelli

Durante la protesta davanti alla Camera, sono emersi numerosi racconti e testimonianze che rendono concreta la cifra drammatica della precarietà universitaria. Flaminia Carrocci, giovane ricercatrice e portavoce del presidio, è stata fra le voci più ascoltate."A trent’anni non posso permettermi nemmeno un affitto in una grande città universitaria come Roma o Milano. Siamo in migliaia a rischiare di essere espulsi dal sistema, dopo aver investito anni di studio, abnegazione e passione per la ricerca pubblica", ha dichiarato a margine della manifestazione.

Ma la forza del presidio è stata data anche dalla condivisione di un appello, firmato da centinaia di docenti, consegnato alle autorità parlamentari. Nel testo, si chiede esplicitamente una riforma dei meccanismi di reclutamento e di contratto, affinché chi contribuisce ogni giorno al funzionamento degli atenei riceva lo status e le tutele previsti per una dignitosa progettualità di vita.

La precarietà, così dipinta dalle voci dei protagonisti, non è solo una questione economica, ma anche esistenziale: l’impossibilità di accedere a un mutuo, la difficoltà di costruire una familiari, la rinuncia forzata alla stabilità sono elementi centrali delle rivendicazioni.

La solidarietà dei parlamentari dell’opposizione

Alla manifestazione hanno preso parte, mostrando pubblica solidarietà, diversi parlamentari dell’opposizione. Questi deputati – appartenenti a partiti come il Partito Democratico, il Movimento 5 Stelle e Sinistra Italiana – hanno ascoltato le richieste dei precari università a Montecitorio, promettendo un impegno concreto in fase di discussione parlamentare.

La presenza dei parlamentari rappresenta un segnale importante. Anche se, come sottolineato dagli stessi precari, la loro vicinanza deve tradursi in atti legislativi e non solo in dichiarazioni di principio. I rappresentanti intervenuti hanno ribadito la necessità di politiche attive per il reclutamento stabile nella scuola e nell’università – due settori strategici che devono tornare al centro dell’agenda politica nazionale.

Le risposte (e le mancate risposte) delle istituzioni

Nonostante l’appello e la pressione pubblica, dal Governo e dalle forze di maggioranza non sono arrivate aperture immediate. La posizione ufficiale resta quella dell’“attenzione” al problema, pur senza interventi concreti. Il rischio, secondo quanto sottolineato dagli stessi precari e da numerose associazioni scientifiche, è che la situazione peggiori ulteriormente nei prossimi mesi.

Nessuna promessa di tavoli di confronto sistematico, nessun piano pluriennale per la stabilizzazione e il rinnovo dei contratti: è questa la fotografia, al momento, delle risposte ricevute. La mancanza di politiche di lungo periodo rende il futuro ancora più incerto.

Il confronto europeo: come si tutela la ricerca all’estero?

In diversi Paesi europei, la figura del ricercatore universitario gode di condizioni contrattuali migliori rispetto all’Italia. È importante, da un punto di vista comparato, osservare i modelli più virtuosi:

* In Germania e Francia, esistono percorsi di tenure track che al termine di un periodo compreso tra i 3 e i 5 anni offrono la stabilizzazione. * In Spagna e Regno Unito, le carriere accademiche prevedono regole trasparenti e possibilità di accesso a fondi pubblici e privati per sostenere i giovani scienziati nella fase iniziale. * La mobilità internazionale, inoltre, si basa su sistemi di welfare e politiche abitative che permettono ai giovani ricercatori di costruire realmente un progetto di vita.

Questi dati tengono insieme due elementi chiave: la qualità della ricerca e la dignità del ricercatore. Il presidio precari a Montecitorio si inserisce precisamente in questa cornice, chiedendo all’Italia di allinearsi con i Paesi europei più avanzati.

Strategie per un’università sostenibile e inclusiva

La protesta dei ricercatori precari Montecitorio solleva il tema della sostenibilità dell’università come bene pubblico. Le proposte avanzate dal movimento dei precari sono mirate a:

* Riformare i criteri di reclutamento, garantendo trasparenza e merito. * Introdurre piani di stabilizzazione previsti a livello nazionale. * Incrementare i fondi per ricerca e formazione. * Introdurre forme di tutela per maternità, malattia e previdenza dedicate anche ai lavoratori atipici.

A questo si aggiunge la richiesta di condizioni minime contrattuali, in termini di compensi, tali da permettere un’autonoma progettualità di vita. Università e ricerca, ricordano i promotori del presidio, non sono solo motori di innovazione, ma anche presidi di coesione sociale e inclusione.

Ruolo dei sindacati e delle associazioni di categoria

Sindacati confederali e associazioni di categoria sono stati presenti al presidio, sostenendo le richieste e promuovendo campagne di sensibilizzazione. Gli obiettivi? Radicare a livello nazionale la battaglia per i diritti dei precari università e ottenere tavoli di confronto stabili con il Ministero dell’Università e della Ricerca.

Importante risulta anche il lavoro di connessione tra le differenti realtà universitarie: il movimento dei precari, nato dal basso, sta acquisendo dimensione nazionale grazie alle reti create tra vari atenei. Questo lavoro di coordinamento mira a rafforzare la rappresentanza e a costruire azioni comuni, dalle mobilitazioni alla redazione di proposte legislative condivise.

Sintesi finale: una questione aperta

Il presidio dei precari università a Montecitorio rappresenta un momento di svolta nella discussione politica e sociale sulle condizioni del lavoro accademico in Italia. Al di là della contingenza legata all’emendamento Occhiuto-Cattaneo, la protesta rilancia una questione strutturale: è possibile progettare il futuro della ricerca pubblica senza garantire diritti minimi e dignità a chi la svolge?

La risposta, in termini di interesse pubblico e di efficacia delle politiche, non può essere elusa. Il presidio ha restituito centralità a un tema troppo spesso sottovalutato: la necessità che l’Italia investa in modo strutturale, non solo per trattenere i propri giovani ma per rilanciare innovazione e conoscenza. In assenza di risposte adeguate, il rischio è quello di perdere una generazione di innovatori e di lasciare l’università italiana priva delle sue risorse più preziose.

Una questione aperta, quindi, che richiede coraggio e visione da parte di politica e istituzioni.

Pubblicato il: 4 giugno 2025 alle ore 05:12