Roma, Scuola e Società Civile in Piazze e Aule: Voci e Proposte per Fermare il Massacro a Gaza
Indice dei Paragrafi
1. Premessa: il contesto internazionale e la risposta italiana 2. La giornata del 22 settembre a Roma: una panoramica 3. Scioperi nelle scuole: il segnale degli insegnanti 4. La voce degli studenti: proteste e motivazioni 5. Il ruolo dei sindacati USB e CUB nella mobilitazione 6. Organizzazioni femministe e società civile: l’appello di Non Una di Meno 7. L'impatto del movimento sulle scuole romane e italiane 8. Bambini e civili: le vittime al centro del dibattito 9. Le richieste al Governo: cosa chiedono studenti e insegnanti? 10. Considerazioni sulla mobilitazione pro Palestina in Italia 11. Futuro delle azioni e prospettive di cambiamento 12. Sintesi finale e riflessioni
Premessa: il contesto internazionale e la risposta italiana
Negli ultimi mesi il conflitto israelo-palestinese ha raggiunto nuove vette di drammaticità, con la situazione nella Striscia di Gaza che desta ormai costante apprensione nell’opinione pubblica globale. Le immagini dei bombardamenti, i dati delle vittime civili – in particolare tra i bambini – e l’acuirsi di una crisi umanitaria senza precedenti hanno spinto molte realtà sociali e lavorative italiane ad organizzare manifestazioni di piazza.
In questo panorama si inserisce la manifestazione del 22 settembre 2025 a Roma. Un momento culminante di una serie di iniziative che hanno visto protagonista il mondo delle scuole, tra scioperi indetti dai principali sindacati di base come USB e CUB e manifestazioni spontanee di docenti, studenti e associazioni della società civile. La consapevolezza che "fermare la strage di civili a Gaza" sia una responsabilità condivisa ha unito voci spesso dissonanti.
La giornata del 22 settembre a Roma: una panoramica
Il 22 settembre la capitale si è risvegliata con piazze animate da una marea eterogenea di manifestanti, tanti striscioni colorati e parole d’ordine chiare: "Free Palestina", "Stop Bombing Gaza", "Basta stragi civili". Alla manifestazione si sono aggiunti numerosi presidi e azioni coordinate in altre città italiane, ma quella romana ha rappresentato il cuore pulsante della protesta nazionale.
Le scuole romane, da sempre sensibili alle tematiche internazionali, hanno visto un’ampia adesione allo sciopero. Laddove aule vuote hanno rappresentato la più eloquente delle denunce, in tanti altri istituti insegnanti e studenti hanno organizzato momenti di dibattito, assemblee e approfondimento su quanto stava succedendo a Gaza.
Molte le testimonianze a corredo della giornata: tra queste, le parole di una maestra che sottolinea come “le azioni devono partire dal basso”, rappresentando il senso diffuso di una comunità che non vuole più restare spettatrice passiva.
Scioperi nelle scuole: il segnale degli insegnanti
Lo sciopero promosso dai sindacati USB e CUB, diffuso in moltissimi istituti della capitale e non solo, ha rappresentato una scelta forte e simbolica. Gli insegnanti, categoria spesso in sofferenza rispetto alle grandi tematiche politiche, hanno deciso di non limitarsi alle ore di lezione, ma di prendere posizione pubblica con un gesto concreto: l’astensione dal lavoro.
La motivazione di fondo è stata chiara: mettere in risalto il diritto all’istruzione anche (e soprattutto) delle giovani generazioni di Gaza, garantendo visibilità a chi, in questo conflitto, rischia di essere dimenticato. Numerosi cartelli rilanciano lo slogan “fermare la strage dei bambini a Gaza è un dovere per tutta l’umanità”, collegando il ruolo educativo della scuola a quello politico di cittadinanza attiva.
Tra le richieste avanzate ai rappresentanti istituzionali italiani, emerge la necessità di una presa di posizione netta: la scuola chiede che le autorità si impegnino nelle sedi internazionali affinché si ottenga il cessate il fuoco e si tutelino i civili.
La voce degli studenti: proteste e motivazioni
Non sono mancati neanche gli studenti, dai più giovani delle secondarie di primo grado fino agli universitari. Particolarmente significativo il contributo di uno studente di Scienze Politiche, che ha prestato la propria testimonianza durante la manifestazione.
Il movimento studentesco per la Palestina si è distinto in questi anni per la capacità di collegare la tematica internazionale ad altri temi sociali come il diritto allo studio, la libertà di espressione e la necessità di una scuola inclusiva e solidale. Scioperi scuola Palestina e proteste studenti Free Palestina sono espressione di un’inquietudine diffusa, che dal locale si proietta verso scenari globali.
Il ruolo dei sindacati USB e CUB nella mobilitazione
USB e CUB, sindacati storicamente schierati su posizioni di tutela dei diritti dei lavoratori, hanno assunto un ruolo di primo piano nella mobilitazione. Loro la promozione dello sciopero, la richiesta di un coinvolgimento maggiore della scuola pubblica nella discussione politica, la sollecitazione al Governo ad assumere un atteggiamento più deciso sul dossier Gaza.
La loro piattaforma unitaria, rilanciata anche durante la manifestazione del 22 settembre, ha posto l’accento su alcuni dei punti chiave:
* Sostegno alla mobilitazione pro Palestina Italia * Richiesta al Governo d’interrompere qualsiasi collaborazione con realtà che contribuiscono alla guerra * Lavoro per la costruzione di una pace giusta e duratura
Inoltre, hanno sottolineato la centralità delle scuole come luoghi di formazione politica, ribadendo la legittimità dell’azione delle insegnanti contro guerra Gaza nelle loro aule.
Organizzazioni femministe e società civile: l’appello di Non Una di Meno
Altro pilastro delle mobilitazioni sono state le organizzazioni femministe, in particolare il gruppo “Non Una di Meno”. Questo invito alla costanza dell’impegno civile è stato ben accolto da molti partecipanti, testimoniando come la lotta per fermare la strage di civili Gaza sia trasversale e inclusiva.
Le organizzazioni femministe hanno portato al centro della scena anche la tragedia delle madri e delle famiglie di Gaza, sottolineando la dimensione di sofferenza civile e sociale imposta dal conflitto. L’apporto delle reti civiche e delle associazioni è stato quindi determinante non solo nell’organizzazione ma anche nella costruzione di una narrazione alternativa alle sole notizie di guerra.
L'impatto del movimento sulle scuole romane e italiane
Le scuole di Roma hanno risposto in modo vario allo sciopero scuola Palestina e alle protesta studentesca. In alcune realtà la partecipazione è stata massiccia: interi istituti hanno sospeso la didattica ordinaria per dedicare la giornata al confronto e all’approfondimento. In altre, pur con minore adesione, sono prevalse le assemblee e i laboratori tematici.
Questa varietà di risposte dimostra la vitalità del tessuto educativo romano, in cui il rapporto tra scuola e società emerge come snodo fondamentale negli sviluppi della cronaca internazionale. Insegnanti contro guerra Gaza sono ormai un riferimento stabile, capaci di stimolare il dibattito su altre grandi questioni civili, dall’ambiente alla pace.
Bambini e civili: le vittime al centro del dibattito
Se c’è un tema che ha attraversato tutta la giornata è quello delle vittime civili, in particolare dei bambini. Striscioni e cartelli recitavano: "Ogni bambino ucciso è una condanna per l’umanità". Nelle molte testimonianze raccolte emerge dolore, ma anche una volontà di riscatto civile.
I dati diffusi dalle ONG internazionali parlano di migliaia di bambini vittime Gaza, una situazione insostenibile che scuote le coscienze in Italia e nel mondo. Il riferimento costante a questo dramma serve a ribaltare l’indifferenza e a cementare un fronte comune contro la guerra.
Le richieste al Governo: cosa chiedono studenti e insegnanti?
Alla base della protesta, secondo le testimonianze raccolte durante la manifestazione, c’è un appello pressante:
1. Impegno concreto dell’Italia affinché si fermi la strage di civili Gaza attraverso iniziative diplomatiche e pressioni nelle sedi internazionali. 2. Interruzione di tutte le collaborazioni con realtà coinvolte nell’escalation militare. 3. Assicurazione che le scuole italiane restino luoghi di formazione al pensiero critico e non spazi di indifferenza. 4. Promozione di iniziative per la pace e il dialogo.
Le richieste sono state sottoscritte da gruppi di studenti, insegnanti, genitori ma anche da rappresentanze della società civile più ampia.
Considerazioni sulla mobilitazione pro Palestina in Italia
La mobilitazione pro Palestina Italia ha assunto negli ultimi anni forme innovative e diffuse. Non solo manifestazioni, ma campagne di sensibilizzazione, petizioni e azioni nelle scuole e nelle università. Il caso della manifestazione Gaza Roma del 22 settembre 2025 rappresenta un tassello importante, ma non isolato, di una narrazione che pone la scuola e la società civile al centro del dibattito pubblico.
Le reti di solidarietà attivate in tutta Italia si sono tradotte in eventi, seminari, raccolte fondi e proposte di gemellaggio tra scuole italiane e palestinesi, dimostrando come sia possibile connettere l’agire locale alle dinamiche globali.
Futuro delle azioni e prospettive di cambiamento
Le prospettive che si aprono dopo la mobilitazione romana non sono prive di incertezze ma apprezzano una significativa inversione di tendenza: la centralità delle scuole nel dibattito politico, la capacità degli insegnanti di guidare e non solo assistere il cambiamento e la ferma volontà degli studenti di impegnarsi per la pace.
Le prossime settimane saranno decisive per capire se il Governo italiano saprà recepire il messaggio emerso dalle piazze e dalle aule. La pressione civica, alimentata da organizzazioni come USB, CUB e Non Una di Meno, rimarrà alta finché il tema delle vittime civili e dei bambini non riceverà l’attenzione necessaria sui tavoli della diplomazia internazionale.
Sintesi finale e riflessioni
In conclusione, la giornata del 22 settembre 2025 a Roma ha segnato, tramite la mobilitazione pro Palestina Italia, una svolta significativa nel panorama delle proteste contro la guerra nella Striscia di Gaza. La partecipazione di insegnanti, studenti, sindacati e associazioni ha offerto una visione polifonica di una società civile che non vuole arrendersi all’indifferenza ma cerca strade di cambiamento, anche e soprattutto dal basso.
Il messaggio delle piazze è un messaggio di responsabilità civile, di condanna della violenza e di invocazione di pace.
Le scuole, vere protagoniste di questa mobilitazione, hanno dimostrato di essere non solo luoghi di trasmissione del sapere ma anche laboratori di cittadinanza attiva, capaci di incidere sul reale e di promuovere il bene comune.
Questa esperienza, al di là del singolo evento, segna dunque un punto di svolta nella capacità della scuola italiana di affermarsi come spazio di dialogo, confronto e partecipazione. Un segnale che, se accolto dalle istituzioni, può tradursi in un rafforzamento del ruolo della scuola e della società civile nel promuovere pace e diritti umani su scala globale.