La Scuola Holden tra polemiche e difese: il dibattito sulla retta da 20mila euro e il valore della cultura
Indice
* Introduzione * La Scuola Holden: storia, missione e offerta formativa * La retta della Scuola Holden: numeri, confronto e contesto italiano * L’articolo di MowMag e la difesa del costo * Scuole private in Italia: modelli a confronto * Cultura, accessibilità e meritocrazia: una visione complessa * Il ruolo del capitalismo nella formazione culturale * Le alternative pubbliche e private alla Scuola Holden * Opinioni, critiche e riflessioni dal mondo culturale * Cultura: diritto universale o bene di lusso? * Sintesi e prospettive future
Introduzione
Negli ultimi giorni, la Scuola Holden di Torino è tornata al centro del dibattito pubblico a causa della propria retta scolastica: il costo dell’iscrizione, fissato a ben 20mila euro, ha suscitato un’ondata di reazioni sui social e nell’ambiente culturale, sollevando domande cruciali sull’accessibilità della cultura in Italia e sul ruolo delle scuole private. Parallelamente, un articolo pubblicato su MowMag ha cercato di fornire una prospettiva alternativa alla polemica, argomentando che il costo elevato sia giustificato e in linea con il sistema capitalistico nel quale viviamo.
Quest’articolo propone dunque un’analisi articolata e professionale del caso, esplorando le ragioni dietro la scelta della scuola, i dati sul sistema scolastico privato italiano, le possibili alternative pubbliche e le opinioni sulla Scuola Holden retta e sulla dinamica cultura e capitalismo.
La Scuola Holden: storia, missione e offerta formativa
Fondata nel 1994 da Alessandro Baricco, la Scuola Holden si è affermata nel panorama italiano come un punto di riferimento nella formazione di scrittori e professionisti delle narrazioni. La Holden si è sempre contraddistinta per un’offerta didattica innovativa e interdisciplinare, che spazia dalla narrativa classica a linguaggi contemporanei quali sceneggiatura, storytelling aziendale, podcasting e tecniche di narrazione per i nuovi media.
Il percorso biennale proposto dalla scuola mira a formare storyteller del futuro, mettendo a disposizione degli studenti docenti di alto profilo, laboratori pratici e la possibilità di confrontarsi direttamente con figure di spicco della cultura italiana e internazionale. La mission della scuola, spesso celebrata per la capacità di valorizzare il talento individuale, entra così in tensione con l’accessibilità economica del percorso.
La retta della Scuola Holden: numeri, confronto e contesto italiano
La discussione si accende attorno a un dato oggettivo: quanto costa la Scuola Holden? L’attuale retta di “Storytelling & Performing Arts”, che rappresenta il percorso principale, è di 20mila euro per due anni, oltre a eventuali costi aggiuntivi legati a masterclass opzionali o attività extra-curriculari.
Paragonando questo importo alle medie delle università e delle scuole private italiane, si osserva una notevole difformità. Nelle principali università pubbliche, la tassa media annua si aggira tra i 1.000 e i 3.000 euro, mentre nei Atenei privati (come Bocconi, Luiss, Cattolica) il costo può variare da 5.000 a 15.000 euro l’anno (dati Censis 2024). La Scuola Holden si inserisce in una fascia di prezzo molto alta anche rispetto a numerosi Master italiani, avvicinandosi alle cifre di alcune prestigiose accademie estere.
Coloro che frequentano la Holden, dunque, si trovano ad affrontare non solo un impegno culturale, ma anche un vero e proprio debito culturale: finanziare in autonomia, o tramite prestiti e borse di studio limitate, un percorso che non tutti possono permettersi, generando inevitabilmente un dibattito sulla accessibilità della formazione culturale in Italia.
L’articolo di MowMag e la difesa del costo
A gettare benzina sul fuoco è arrivato in questi giorni l’intervento di MowMag, testata online che ha pubblicato un’analisi difensiva nei confronti della scuola. L’autore sostiene che le scuole private esistano in tutto il mondo e che, in fondo, la Scuola Holden costo risponde semplicemente alle logiche di mercato.
Secondo l’articolo, nel sistema economico attuale – esplicitamente definito “capitalista” – non solo sarebbe inevitabile che la cultura sia anche un bene a pagamento, ma sarebbe addirittura utopico pensare di renderla universale e gratuita. “Non viviamo in un mondo ideale”, argomenta MowMag, evidenziando come, nel concreto, l’esistenza di scuole d’élite sia un dato di fatto e la meritocrazia possa sopravvivere solo tra coloro che hanno la possibilità di investire su di sé (o che ottengono una borsa di studio).
Altri punti toccati dall’articolo includono:
* L’assenza di un vero e proprio monopolio dell’offerta culturale: chi non può permettersi la Holden può scegliere percorsi alternativi; * Il diritto, per una scuola privata, di determinare il proprio prezzo in autonomia, così come avviene per scuole di musica, danza o arte; * Un tentativo di critica nei confronti di chi sostiene a priori l’idea di una cultura per tutti come diritto universale, bollando tale visione come utopia nel contesto attuale.
Queste posizioni hanno alimentato una discussione vivace, specialmente su temi come pagare per la cultura e il ruolo sociale dell’istruzione di eccellenza.
Scuole private in Italia: modelli a confronto
Il caso della Scuola Holden non è isolato: l’offerta di scuole private in Italia è varia e articolata, soprattutto nel settore artistico, musicale e dell’alta specializzazione tecnologica. Accademie di belle arti, scuole di moda e design, conservatori privati e altre strutture richiedono spesso rette molto alte, giustificate con la qualità dell’insegnamento, la presenza di docenti di fama, partnership importanti e servizi di placement post-diploma.
Nel settore delle scuole d’arte e comunicazione, altre realtà come la NABA di Milano, lo IED, il Centro Sperimentale di Cinematografia hanno rette annuali che variano dai 7.000 ai 15.000 euro, con costi che possono salire ulteriormente per i Master internazionali.
Quanto costa la Scuola Holden rispetto a queste realtà? La cifra è coerente con chi punta all’esclusività e a classi piccole, come sottolineato dai sostenitori, ma rimane fuori portata per molte famiglie, confermando una tendenza all’élitizzazione della formazione specialistica. Tuttavia, la presenza di queste scuole private rappresenta una possibilità di scelta, lasciando aperto il problema dell’accessibilità e della democratizzazione della cultura.
Cultura, accessibilità e meritocrazia: una visione complessa
La questione centrale resta quella dell’accessibilità culturale: la scuola, per definizione, dovrebbe essere un luogo di crescita e opportunità, non un elemento di discriminazione economica. Molti critici della Scuola Holden sottolineano come elevate barriere economiche rischino di rafforzare il divario tra chi può permettersi percorsi d’eccellenza e chi resta escluso per motivi indipendenti dal merito.
Alcuni punti chiave del dibattito:
* L’accesso ai migliori percorsi formativi dovrebbe essere vincolato al talento e all’impegno, non allo status socioeconomico. * Le borse di studio offerte sono spesso insufficienti e non azzerano il problema delle “quote rosa” sociali nella cultura. * La democrazia culturale richiede strumenti che oggi mancano: un vero sistema di prestiti studenteschi accessibili, politiche pubbliche di sostegno alla formazione di qualità e una maggiore attenzione da parte delle istituzioni.
D’altro canto, i sostenitori della Holden sottolineano che la scuola propone un’offerta “luxury” e non esclude chi abbia meriti e voglia accedere a borse di studio, pur rappresentando una realtà d’élite.
Il ruolo del capitalismo nella formazione culturale
Uno degli argomenti ricorrenti è la relazione tra cultura e capitalismo. Il sistema educativo, soprattutto nelle sue forme più innovative e specialistiche, si avvicina per molti aspetti al modello delle aziende private: l’offerta formativa viene trattata come un prodotto, il prezzo viene fissato in base a domanda e offerta, e il successo si misura anche nei tassi di inserimento lavorativo dei diplomati.
La retorica meritocratica si scontra però, secondo numerosi osservatori, con la realtà delle disuguaglianze economiche e culturali. Nel sistema attuale, pagare per la cultura significa spesso selezionare a monte una classe dirigente che, pur formata e competente, non sempre rappresenta appieno la società.
Alcuni ritengono che un substrato elitario sia inevitabile nella produzione culturale di qualità, altri invece vedono in questa chiusura una minaccia al tessuto democratico e all’innovazione sociale. La discussione sul modello di debito culturale Italia rimane quindi centrale, chiedendo alle scuole private maggiore responsabilità sociale e al pubblico un ripensamento degli investimenti nella formazione.
Le alternative pubbliche e private alla Scuola Holden
Chi è interessato alla scrittura o alle arti narrative può valutare diverse alternative alla Scuola Holden, sia pubbliche sia private. Università pubbliche come la Sapienza, l’Università di Bologna, la IULM di Milano e numerosi altri Atenei propongono corsi in “Lettere Moderne”, “Scienze della Comunicazione”, “Cinema e Media” a costi molto più ridotti.
Tra le offerte private, invece, oltre alla Holden figurano:
* Istituto Europeo di Design (IED) * NABA (Nuova Accademia di Belle Arti) * Centro Sperimentale di Cinematografia * Master in scrittura creativa in collaborazione fra diverse università e case editrici
Queste alternative, pur presentando livelli qualitativi e costi variabili, contribuiscono a una maggiore diversificazione dell’offerta, anche se resta il nodo dell’accessibilità e della reale possibilità di frequentarle per studenti di ogni ceto sociale.
Opinioni, critiche e riflessioni dal mondo culturale
Le reazioni nel mondo della cultura e della scrittura sono state variegate. Da una parte si evidenzia come la Scuola Holden opinioni siano polarizzate: c’è chi la considera una fucina di talenti, in grado di offrire opportunità concrete, e chi vede nella scuola un simbolo delle diseguaglianze crescenti nella società post-moderna.
Fra i punti più discussi:
* Il rischio di alimentare un’élite autoreferenziale e poco rappresentativa della realtà italiana; * L’importanza, comunque, di scuole di alta formazione che incentivino l’innovazione culturale; * Il ruolo delle fondazioni e delle imprese private nel sostenere il talento emergente.
Alcuni ex studenti segnalano un valore aggiunto in termini di reti relazionali e opportunità lavorative; altri, invece, manifestano delusione rispetto alle aspettative create dal brand Holden.
Cultura: diritto universale o bene di lusso?
Il caso della Scuola Holden riapre una questione antica ma sempre attuale: la cultura dev’essere considerata un diritto universale o può essere trattata come un bene di lusso?
Sul piano costituzionale, il diritto all’istruzione viene rimarcato (art. 34 e 33 della Costituzione italiana), ma il testo non specifica né limita l’esistenza di scuole private a pagamento. Piuttosto, invita lo Stato a rimuovere gli ostacoli economici che impediscono il pieno sviluppo della persona umana.
Secondo molti esperti, la risposta non può essere univoca. Se è vero che la qualità ha un prezzo e che l’innovazione si paga, è altrettanto vero che una società dinamica si rafforza allargando le basi di accesso ai luoghi della produzione culturale. In quest’ottica, borse di studio, politiche di inclusione e una rinnovata responsabilità sociale dovrebbero essere priorità sia per il pubblico che per il privato.
Sintesi e prospettive future
In conclusione, la vicenda della Scuola Holden retta da 20mila euro rappresenta molto più di una semplice polemica sul costo di una scuola privata; è lo specchio fedele di una società alle prese con dilemmi antichi e nuovi sull’accessibilità culturale, sulle logiche di mercato, sulle opportunità e sui limiti delle scelte individuali nel campo della formazione.
Se è vero che “viviamo in un sistema capitalistico”, come ricorda MowMag, è altrettanto doveroso chiedersi se, almeno nel campo della cultura, non occorra trovare un compromesso più avanzato fra eccellenza, inclusività e giustizia sociale. La sfida è garantire alle future generazioni non solo l’opportunità di scegliere dove studiare, ma la reale chance di costruirsi un futuro indipendentemente dal proprio punto di partenza.
Il dibattito prosegue e interesserà nei prossimi mesi chiunque creda che investire nella cultura – pubblica o privata – sia la chiave di un paese davvero moderno, dove pagare per la cultura non sia mai un privilegio, ma una scelta consapevole e responsabile.