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Il profilo psicologico del mobber: le sue vere armi

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Tra pettegolezzo, maldicenza e diffamazione: strategie e prevenzione nella scuola

Il profilo psicologico del mobber: le sue vere armi

Indice

* Introduzione: Il mobbing e la sua diffusione nelle scuole * Origini e definizione del mobbing in ambito scolastico * Il profilo psicologico del mobber * Le armi del mobber: pettegolezzo, maldicenza e diffamazione * Il ruolo delle dinamiche relazionali e dell’isolamento * Narrazioni, insicurezza e narcisismo nel comportamento del mobber * Il mobbing come strategia di carriera: annientare la concorrenza * L’impatto sulle vittime: manifestazioni di violenza psicologica * Il ruolo del CUG nella prevenzione e promozione di ambienti sani * Strategie di prevenzione e contrasto al mobbing scolastico * Conclusioni e prospettive future

Introduzione: Il mobbing e la sua diffusione nelle scuole

Negli ultimi anni, il fenomeno del mobbing a scuola è diventato oggetto di crescente attenzione da parte delle istituzioni educative, degli specialisti e dell'opinione pubblica. Questa forma di violenza psicologica, purtroppo ancora troppo spesso sottovalutata, si sta rivelando una delle principali minacce alla salute emotiva e professionale del personale scolastico e degli studenti. Secondo numerosi studi, episodi di mobbing si manifestano sempre più frequentemente all’interno delle scuole italiane, dove il clima lavorativo può essere contaminato da dinamiche relazionali tossiche e strategie di sopraffazione invisibili ma devastanti.

Dietro il termine "mobbing" si cela una realtà fatta di tensioni, isolamento, pettegolezzi e atteggiamenti manipolativi che minano progressivamente la dignità e la stabilità psicologica delle vittime. In questo scenario, emerge la figura centrale del mobber, una persona che, guidata spesso da insicurezze profonde e tratti narcisistici, utilizza l’arma della parola e dell’esclusione sociale per auto-affermarsi o per eliminare possibili "avversari" all’interno del contesto scolastico.

Origini e definizione del mobbing in ambito scolastico

Il termine "mobbing", importato dalla letteratura anglosassone, deriva dal verbo inglese "to mob", che significa letteralmente "assalire in gruppo". Già negli anni ’80, il fenomeno ha iniziato ad essere indagato negli ambienti di lavoro, ma solo più recentemente si è compreso come le dinamiche del mobbing siano particolarmente insidiose e pervasive anche all’interno della scuola. Qui, infatti, i rapporti tra colleghi sono spesso caratterizzati da una forte componente emotiva e da una certa rigidità gerarchica, elementi che possono favorire lo sviluppo di comportamenti ostili e persecutori.

Il mobbing scolastico si manifesta attraverso una molteplicità di azioni sistematiche, rivolte a una o più persone con l’intento di minare la loro reputazione, la serenità lavorativa e, in casi estremi, la stabilità emotiva. Si va dai pettegolezzi alle vere e proprie campagne di diffamazione, dal rifiuto della comunicazione all’esclusione progressiva dalla vita lavorativa e sociale della comunità scolastica.

Il profilo psicologico del mobber

Chi è davvero il mobber? Quali sono le caratteristiche psicologiche che contraddistinguono chi ricorre al mobbing come strumento di relazione? Secondo le ricerche più recenti, il profilo psicologico del mobber risulta piuttosto complesso. I mobber agiscono spesso in gruppo, ma la guida delle azioni persecutorie è normalmente affidata a una figura centrale che riesce a catalizzare attorno a sé il consenso di alcuni colleghi.

Sovente, il mobber è una persona caratterizzata da una profonda insicurezza personale, che cela dietro tratti narcisistici, atteggiamenti autoritari e, non di rado, una forte necessità di controllo. Costoro, incapaci di tollerare il successo altrui o di accettare le diversità, vedono nell’altro un potenziale rivale da eliminare piuttosto che un collega con cui cooperare.

A livello emotivo, il mobber mostra scarsa empatia, una notevole tendenza alla manipolazione e una limitata capacità di autocritica. In alcuni casi, dietro la corazza di sicurezza e decisionismo, si cela una personalità fragile, vulnerabile alle critiche, che cerca nella sopraffazione degli altri una temporanea conferma di sé.

Le armi del mobber: pettegolezzo, maldicenza e diffamazione

Fra le strategie preferite dal mobber ci sono senza dubbio il pettegolezzo, la maldicenza e la diffamazione. Questi comportamenti rappresentano delle vere e proprie armi psicologiche, in grado di minare la fiducia nelle relazioni lavorative e di isolare progressivamente la vittima agli occhi della comunità scolastica. Il pettegolezzo, in particolare, è uno strumento subdolo e pervasivo: le voci si diffondono rapidamente, spesso prive di fondamento, e tendono a svuotare la vittima della sua credibilità professionale, seminando il dubbio e il sospetto.

La maldicenza, invece, si configura come una sorta di "diceria organizzata", finalizzata a screditare la persona presso i colleghi o i superiori. Spesso viene praticata in modo sotterraneo, attraverso allusioni, risatine, mezze frasi raccolte nei corridoi o all’interno delle chat d’istituto. Ancora più grave è la diffamazione, che consiste nella diffusione deliberata di notizie false e lesive dell’onore della vittima. In ambito scolastico, questo può tradursi nella segnalazione di presunte incapacità lavorative, errori inventati o comportamenti eticamente discutibili attribuiti alla persona presa di mira, con il solo scopo di danneggiarne la carriera e l’autostima.

Il ruolo delle dinamiche relazionali e dell’isolamento

Uno degli aspetti più drammatici del mobbing a scuola riguarda l’isolamento della vittima. Il mobber, spesso sostenuto da un piccolo gruppo di "fiancheggiatori", opera per tagliare tutte le connessioni relazionali della persona bersaglio. Questo isolamento si realizza nella vita quotidiana attraverso il rifiuto di coinvolgere la vittima nelle conversazioni, l’esclusione da progetti e momenti collettivi, la negazione di informazioni essenziali per lo svolgimento del proprio lavoro.

Nelle scuole, ambiente in cui la collaborazione è fondamentale, l’esclusione e la marginalizzazione diventano strumenti potentissimi. Progressivamente, chi subisce mobbing può trovarsi isolato non solo professionalmente, ma anche affettivamente: la mancanza di sostegno da parte dei colleghi può generare uno stato di profonda solitudine esistenziale.

Narrazioni, insicurezza e narcisismo nel comportamento del mobber

Non è raro che il mobber costruisca, intorno a sé e alla vittima, una vera e propria narrazione tossica. Il racconto fazioso e distorto degli avvenimenti diventa il mezzo per rafforzare la propria posizione e giustificare agli occhi degli altri la persecuzione in atto. Spesso, il mobber si presenta come vittima di un presunto torto subito dalla persona presa di mira, riuscendo a suscitare empatia e complicità nei colleghi meno attenti.

L’insicurezza, unita al narcisismo, spinge il mobber a cercare costantemente conferme dall’ambiente circostante. Questi individui temono di essere oscurati dal successo degli altri, si sentono minacciati dalla competenza o dalla popolarità altrui, e vedono nella distruzione sistematica dell’altro l’unica via per riaffermare la propria superiorità. Tale comportamento sfocia in una spirale perversa che, se non arginata, può produrre effetti devastanti sull’intero clima scolastico.

Il mobbing come strategia di carriera: annientare la concorrenza

In alcuni casi, il mobbing viene utilizzato come una vera e propria strategia di carriera. Questo accade soprattutto quando la posta in gioco è alta: incarichi di prestigio, ruoli di responsabilità o incarichi di coordinamento. Il mobber, mosso da ambizioni personali e da uno spiccato senso della competizione, può adottare pratiche scorrette per neutralizzare la concorrenza. Il bersaglio diventa allora un ostacolo da eliminare con ogni mezzo, anche a prezzo di produrre sofferenze profonde e prolungate.

Si tratta di un atteggiamento che tradisce la mancanza di una cultura della meritocrazia e della collaborazione all’interno delle istituzioni scolastiche. L’ambizione personale, quando si traduce in persecuzione dell’altro, mina non solo la serenità delle persone, ma anche l’efficienza e la reputazione della scuola, con ripercussioni che possono propagarsi fino agli studenti.

L’impatto sulle vittime: manifestazioni di violenza psicologica

Le conseguenze del mobbing a scuola, sia a carico degli insegnanti sia del resto del personale, risultano estremamente gravi. Le vittime sviluppano spesso disturbi d’ansia, depressione, insonnia, perdita di autostima e disturbi psicosomatici. Nei casi più acuti, il mobbing può produrre un vero e proprio stato di "burnout", ovvero un esaurimento emotivo che costringe la persona a lunghe assenze dal lavoro o, nei casi estremi, alla decisione di abbandonare la propria professione.

La violenza psicologica subita erode progressivamente la fiducia in se stessi e nel valore delle proprie competenze, spingendo la vittima a interrogarsi sul proprio operato e sulla qualità delle proprie relazioni. I danni sono spesso aggravati dalla mancanza di un adeguato supporto istituzionale e dalla difficoltà, per la vittima, di trovare ascolto e comprensione all’interno della scuola.

Il ruolo del CUG nella prevenzione e promozione di ambienti sani

Un valido contributo alla lotta contro il mobbing scolastico è rappresentato dal CUG (Comitato Unico di Garanzia), organismo previsto dalla legge per la tutela delle pari opportunità e il benessere lavorativo all’interno delle amministrazioni pubbliche. Il CUG promuove un ambiente di lavoro sano e inclusivo, sviluppando azioni concrete di sensibilizzazione, formazione e ascolto, destinate sia ai dipendenti sia ai dirigenti scolastici.

Il lavoro del CUG appare cruciale non solo nella gestione dei casi segnalati, ma soprattutto nella costruzione di una cultura organizzativa basata sul rispetto, sulla trasparenza e sulla valorizzazione delle diversità. Solo attraverso percorsi condivisi di prevenzione e formazione si può sperare di estirpare alla radice i comportamenti tossici e di restituire dignità alle persone e alle relazioni.

Strategie di prevenzione e contrasto al mobbing scolastico

Affrontare il fenomeno del mobbing a scuola richiede interventi articolati su più livelli. In primo luogo, è fondamentale realizzare campagne di formazione e informazione rivolte al personale scolastico, volte a riconoscere i segnali del mobbing e a sviluppare competenze relazionali efficaci. Gli istituti possono dotarsi di regolamenti interni chiari, che prevedano procedure di segnalazione e gestione tempestiva dei comportamenti devianti.

È rilevante, inoltre, stimolare la cultura della collaborazione e valorizzare il lavoro di squadra, mettendo al centro la persona e non la prestazione individuale. I dirigenti scolastici devono promuovere ambienti aperti all’ascolto, prevedendo sportelli di consulenza psicologica e coinvolgendo attivamente il CUG nella risoluzione dei conflitti.

Non meno importante è il coinvolgimento degli studenti e delle famiglie, che devono essere informati sulle dinamiche del mobbing e sulla necessità di collaborare alla costruzione di una scuola veramente inclusiva e rispettosa dei diritti di ciascuno.

Conclusioni e prospettive future

Il fenomeno del mobbing a scuola rappresenta una sfida complessa e urgente per il sistema educativo italiano. La figura del mobber, con il suo profilo psicologico articolato fatto di insicurezza, proiezioni narcisistiche e grande capacità manipolativa, costituisce una minaccia silenziosa alla salute emotiva del personale scolastico e degli studenti.

Solo un approccio integrato, che metta al centro la prevenzione, la formazione e la cultura della responsabilità, potrà garantire scuole più sane e inclusive. Il lavoro instancabile del CUG e l’impegno di tutti gli attori dell’istituzione scolastica possono trasformare l’esperienza scolastica in una palestra di convivenza civile e benessere condiviso, dove la dignità personale non sia più violata dal potere delle parole e dell’isolamento.

Pubblicato il: 28 luglio 2025 alle ore 09:31