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Resilienza italiana: il ruolo inascoltato della fede nella società descritta dal Rapporto Censis 2025

Tra regressione antropologica, crisi del ceto medio e giovane generazione senza opportunità, la fede rimane la risorsa silenziosa della resilienza italiana che il Censis non prende in considerazione

Resilienza italiana: il ruolo inascoltato della fede nella società descritta dal Rapporto Censis 2025

Il Rapporto Censis 2025 torna a indagare le pieghe più profonde della società italiana, dipingendo uno scenario inquieto dove predominano paura sociale e edonismo diffuso. Tuttavia, la narrazione prevalente sembra trascurare un tratto identitario che per secoli ha sostenuto l’Italia nelle crisi: la resilienza alimentata dalla fede. Questo articolo esplora criticamente i dati del Rapporto Censis, offre uno sguardo sulle radici antropologiche della resistenza italiana e interroga il silenzio – forse programmatico – che circonda l’apporto della dimensione religiosa.

Indice dei contenuti

* Introduzione: il quadro delineato dal Censis * Regressione antropologica in Italia: una società che cambia * L’ombra della guerra e la tentazione autocratica * Crisi del ceto medio e giovani senza orizzonte * Il debito pubblico e la minaccia al welfare * Paura sociale edonismo: la fotografia di una popolazione ferita * La resilienza italiana tra storia e fede * Perché la fede è (ancora) una risorsa strategica * Lo sguardo del Censis e la mancanza di una prospettiva spirituale * Le opinioni sulla guerra e i sistemi autocratici: cause profonde * Fiducia religiosa e solidarietà nell’Italia post-moderna * Conclusioni: un futuro da riscrivere nella resilienza della fede

Introduzione: il quadro delineato dal Censis

Il più recente Rapporto Censis 2025 fotografa un’Italia fragile, impaurita, attraversata da profonde trasformazioni sociali e segnali di regressione antropologica. In questo scenario emergono dati preoccupanti: quasi quattro italiani su dieci, secondo il Censis, ritengono che i conflitti tra nazioni si risolvano con la guerra; tre su dieci guardano ai sistemi autocratici come più efficaci in contesti di crisi. Il debito pubblico cresce minacciando il welfare, il ceto medio si assottiglia e il 74% dei giovani non intravede possibilità concrete per il futuro. Di fronte a questo quadro, la narrazione centrale sembra concentrarsi sull’analisi delle paure collettive, omettendo però la profonda tradizione di resilienza italiana fondata sulla fede.

Regressione antropologica in Italia: una società che cambia

Il termine regressione antropologica, centrale nel Rapporto Censis, identifica un’inversione di tendenza nella struttura antropologica della società italiana. Un quadro fosco in cui la perdita di riferimenti stabili – sociali, culturali e valoriali – si unisce all’emergere di pulsioni primarie. L’Italia edonista di oggi è meno protesa verso l’altro, meno fiduciosa nella solidarietà e più incline alla protezione individualistica.

Il Rapporto Censis sottolinea come questa regressione sia frutto di crisi multiple, dagli shock economici alla pandemia e ai cambiamenti geopolitici. Tuttavia, accanto a questa lettura materialista della realtà, rimane inevasa la domanda su cosa abbia permesso agli italiani di resistere nel tempo alle innumerevoli traversie storiche. Qui si annida la dimenticata ricchezza della resilienza italiana alimentata dalla fede.

L’ombra della guerra e la tentazione autocratica

Un dato allarmante offerto dal Rapporto Censis 2025 è rappresentato dall’aumento della percentuale di italiani che ritengono la guerra una soluzione accettabile (38,8%) e che percepiscono i sistemi autocratici (29,7%) come strumenti efficaci in un contesto di conflitto. Questi numeri riflettono una società sottoposta a tensioni, disorientata e guidata dalla paura.

Tali tendenze rischiano di consolidare una rappresentazione della crisi troppo angusta. Si dimentica che l’Italia possiede, stratificata nei secoli e nelle generazioni, una capacità di resilienza non solo materiale, ma anche spirituale. Proprio la fede, custode di una profonda cultura della pace e del dialogo, rappresenta quella risorsa invisibile che può orientare la popolazione verso scelte più costruttive e meno reattive.

Crisi del ceto medio e giovani senza orizzonte

Un altro elemento di rilievo sottolineato dal Rapporto Censis 2025 riguarda la crisi del ceto medio italiano e il dramma generazionale: negli ultimi vent’anni il ceto medio si è dimezzato e il 74% dei giovani italiani non vede possibilità concrete di realizzazione. Questo dato interpella la coesione sociale, la fiducia nel futuro e la centralità della prospettiva educativa.

Nel dibattito pubblico che segue la pubblicazione del Rapporto, raramente si sottolinea come la rete di parrocchie, associazioni di ispirazione cattolica e movimenti religiosi abbia svolto e stia svolgendo un ruolo essenziale nell’accoglienza, nel sostegno materiale e nella promozione delle opportunità per le generazioni più giovani. Tuttavia, il Censis sembra non prendere atto – o sottovalutare – questa dimensione, riducendo la narrazione della resilienza a un fenomeno di mera sopravvivenza individuale o familiare.

Il debito pubblico e la minaccia al welfare

Il crescente debito pubblico italiano viene giustamente segnalato dal Censis come minaccia per la tenuta del welfare e per la capacità dello Stato di garantire servizi essenziali alle famiglie. Questo scenario genera angoscia, soprattutto tra le fasce deboli della popolazione.

Ancora una volta, però, il racconto trascurando la presenza di una “economia della fraternità” fatta di volontariato, supporto reciproco, iniziative caritatevoli e comunità religiose che nei momenti più drammatici sono state – e continuano ad essere – ammortizzatori sociali informali ma efficienti. Si tratta di reti silenziose, sorrette dalla fede e dalla fiducia religiosa, che garantiscono aiuto concreto dove le istituzioni faticano.

Paura sociale edonismo: la fotografia di una popolazione ferita

La paura sociale e l’edonismo evidenziati dal Rapporto Censis sono i tratti salienti di una società che cerca risposte immediate e gratificazioni facili per allontanare l’inquietudine. Tuttavia, la scelta del piacere individuale come rifugio serve solo a mascherare la mancanza di orizzonti collettivi.

Il mutamento antropologico in corso mette in crisi la trasmissione di valori profondi, tra cui la solidarietà e la fiducia nel prossimo. In questo contesto, la resilienza italiana basata sulla fede si afferma come l’antidoto “non visto” ai rischi dell’atomizzazione sociale.

La resilienza italiana tra storia e fede

L’Italia ha attraversato, nel corso dei secoli, carestie, guerre, divisioni politiche, catastrofi naturali e crisi economiche devastanti. La capacità di reggere l’urto, ripartire e persino innovare nei momenti peggiori ha radici lontane e complesse. La fede religiosa, soprattutto quella cattolica ma anche nella sua articolazione più ampia, ha agito come un collante sociale.

Le processioni popolari, le feste religiose, le opere caritatevoli, l’operosità dei monasteri e il ruolo delle parrocchie hanno rappresentato – e rappresentano tuttora – strumenti potenti di coesione, conforto e resilienza. Di fronte alla crisi del ceto medio o alla “sfiducia diffusa” delle nuove generazioni, è spesso nelle maglie silenziose delle comunità di fede che si trova la forza di resistere e di ricominciare.

Perché la fede è (ancora) una risorsa strategica

La fede rimane, per grandi numeri di italiani, una risorsa personale e comunitaria capace di:

* Offrire un senso di speranza oltre le contingenze storiche * Generare coesione attraverso riti, pratiche e reti sociali * Motivare le persone all’impegno civile e al volontariato * Accogliere le fragilità senza stigmatizzare le sconfitte

Questi aspetti risultano assai poco tematizzati nelle analisi sociologiche recenti e spesso ridotti a variabili irrilevanti. Tuttavia, in epoche straordinarie, il capitale sociale generato dalla fiducia religiosa si dimostra vitale per la sopravvivenza collettiva.

Lo sguardo del Censis e la mancanza di una prospettiva spirituale

Il Rapporto Censis 2025 si distingue da altri per la capacità di leggere le tendenze profonde della società italiana. Tuttavia, nella scelta – comprensibile ma parziale – di un approccio laico e razionale, rischia di trascurare quel patrimonio invisibile che sostiene la comunità. Non è forse un caso che nei momenti di crisi la partecipazione alle celebrazioni religiose e alle attività parrocchiali sia aumentata?

Nella costruzione di una “nuova narrazione” della resilienza italiana, occorre integrare la dimensione spirituale, senza la quale si rischia di non cogliere la vera origine della tenuta sociale.

Le opinioni sulla guerra e i sistemi autocratici: cause profonde

Come interpretare il dato per cui quasi il 40% degli italiani ritiene la guerra uno strumento efficace per affrontare i conflitti? E come spiegare la crescita della simpatia verso sistemi autocratici?

* Disillusione verso la politica democratica * Disintegrazione delle reti di fiducia tra istituzioni e cittadini * Sensazione di insicurezza economica e assenza di prospettive

Risposte tutte legate a un ecosistema sociale impoverito nei legami e nella fiducia reciproca. La fede può rappresentare una diga culturale a questa deriva: insegna la centralità della pace, il rispetto della diversità, la solidarietà, l’importanza del dialogo rispetto al ricorso alla forza.

Fiducia religiosa e solidarietà nell’Italia post-moderna

La fiducia religiosa non è solo un dato statistico, ma un’esperienza collettiva che si trasforma in solidarietà concreta. Molte reti e movimenti ecclesiali sono oggi impegnati su fronti decisivi: accoglienza ai migranti, servizi di mensa e assistenza, formazione culturale e risposta alla solitudine crescente tra giovani e anziani.

In un Paese frammentato e segnato dalla “regressione antropologica”, queste esperienze quotidiane di solidarietà restano il più potente antidoto all’impoverimento valoriale sottolineato dal Rapporto Censis.

Conclusioni: un futuro da riscrivere nella resilienza della fede

Il Rapporto Censis 2025 offre una radiografia precisa delle paure e delle trasformazioni sociali italiane. Il ceto medio in difficoltà, i giovani privi di speranza, il welfare a rischio e la crescita delle pulsioni autocratiche sono analisi preziose. Tuttavia, per scrivere una narrazione più veritiera e completa della resilienza italiana, occorre aggiungere la dimensione della fede come risorsa collettiva e personale.

Senza questa componente spirituale, rischiamo di ridurre l’Italia a una società che “galleggia” senza radici, ignorando la vena profonda che nei momenti più bui ha permesso di ripartire. In tempi di crisi, la resilienza italiana alimentata dalla fede può ancora rappresentare quella «forza tranquilla» capace di trasformare la paura in solidarietà e la perdita in rinascita.

Per una società che voglia pensare il futuro, riscoprire questa risorsa – trascurata e spesso sottovalutata – può fare la differenza tra una crisi passeggera e la possibilità di un vero riscatto collettivo.

Pubblicato il: 9 dicembre 2025 alle ore 15:20