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Raddoppia la domanda di energia per l’IA: dati Unesco

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Allarme sull'impatto ambientale della crescita dell'intelligenza artificiale secondo lo studio presentato all'AI Global Summit

Raddoppia la domanda di energia per l’IA: dati Unesco

Indice

* Introduzione * Lo studio Unesco: dati e prospettive * Consumo energetico dell'intelligenza artificiale * L’esempio di ChatGPT e l’impronta energetica delle richieste * AI Global Summit: dibattito internazionale e reazioni * Come ridurre l’impatto ambientale dell’AI secondo l’Unesco * Crescita della domanda di energia: rischi e scenari futuri * L’efficienza energetica dell’intelligenza artificiale * Intelligenza artificiale e sostenibilità ambientale * Conclusioni e prospettive future

Introduzione

La rivoluzione dell'intelligenza artificiale si sta facendo strada in ogni ambito della vita contemporanea, dalle attività quotidiane alla gestione delle grandi infrastrutture digitali. Tuttavia, accanto a straordinarie innovazioni, emergono temi di grande rilevanza sociale e ambientale. È di questi giorni la pubblicazione di uno studio Unesco che evidenzia come la domanda di energia dell'intelligenza artificiale raddoppi ogni 100 giorni, uno scenario che solleva interrogativi cruciali sul futuro della sostenibilità e sulla gestione delle risorse energetiche a livello globale.

Secondo i dati presentati nella capitale italiana durante l’AI Global Summit del 2025, tali tecnologie diventano sempre più centrali e capillari, ma comportano un considerevole aumento del consumo energetico. Questo articolo analizzerà dettagliatamente i termini del problema, le implicazioni ambientali, le raccomandazioni degli esperti e i possibili interventi per rendere l’IA più efficiente e sostenibile nel lungo periodo.

Lo studio Unesco: dati e prospettive

Durante l’AI Global Summit tenutosi a Roma, l’UNESCO ha sottoposto all’attenzione internazionale uno studio approfondito sull’impatto energetico dell’intelligenza artificiale. Il documento è frutto della collaborazione tra esperti di tecnologie digitali, energetiche e ambientali che hanno voluto fotografare con precisione l’attuale scenario globale.

Il dato che ha colpito maggiormente stampa e addetti ai lavori riguarda il ritmo di crescita della domanda di energia dell’intelligenza artificiale, che secondo l’analisi raddoppia ogni 100 giorni. Un ritmo esponenziale che solleva serie preoccupazioni sulla sostenibilità dell’intero settore digitale.

Nel dettaglio, lo studio ha posto l’accento su alcuni tool di intelligenza artificiale ormai di uso quotidiano, come i chatbot conversazionali e gli assistenti virtuali, prendendo ad esempio proprio ChatGPT. L’utilizzo di questi strumenti da parte del grande pubblico si traduce, come vedremo, in un’impronta energetica sempre più visibile a livello mondiale.

Consumo energetico dell'intelligenza artificiale

Le statistiche dell’UNESCO presentate all’AI Global Summit aiutano a comprendere come il tema del consumo energetico AI sia ormai all’ordine del giorno anche tra i policy maker. La digitalizzazione crescente della società, unita all’esplosione degli algoritmi di machine learning e deep learning, comporta una richiesta senza precedenti di energia elettrica.

Secondo lo studio, oggi ogni richiesta inviata a un comune chatbot basato su intelligenza artificiale, come ChatGPT, consuma in media 0,34 Wh di elettricità. Questa unità di misura, apparentemente trascurabile su piccola scala, diventa imponente se si moltiplicano i dati per i miliardi di interazioni registrati ogni giorno nei vari Paesi del mondo.

Per dare una dimensione reale della questione, UNESCO ha calcolato che un miliardo di richieste giornaliere verso questi sistemi comporta un consumo annuo di energia pari a 310 GWh, una quantità equivalente al fabbisogno di una piccola città per diversi mesi. Nel complesso, il tema della crescita della domanda di energia per la AI è diventato un vero e proprio snodo per chi si occupa di ambiente, sviluppo tecnologico e sostenibilità.

L’esempio di ChatGPT e l’impronta energetica delle richieste

L’attenzione dello studio Unesco si è concentrata in particolare su ChatGPT, uno dei chatbot più diffusi e utilizzati a livello globale. Analizzando i flussi e la natura delle richieste, i ricercatori hanno evidenziato come l’impronta energetica di ChatGPT sia direttamente proporzionale alla lunghezza e complessità delle domande sottoposte dagli utenti.

Oggi si stima che ogni richiesta comporti un consumo medio di 0,34 Wh. Può sembrare poco, ma, secondo le statistiche, quotidianamente miliardi di persone interagiscono con questi sistemi, ponendo domande sempre più dettagliate e articolate. La moltiplicazione di questo consumo su scala globale trasforma le singole interazioni in una massa critica di domanda energetica.

Da qui la raccomandazione da parte degli esperti Unesco: ridurre la lunghezza delle richieste ai chatbot, suggerendo una soglia ottimale di 150 parole rispetto alle abituali 300. Questo semplice accorgimento, ancor prima di ridisegnare algoritmi o infrastrutture, può contribuire a un risparmio energetico non trascurabile, mostrando come la sostenibilità sia anche una questione di buone pratiche e consapevolezza dell’innovazione.

AI Global Summit: dibattito internazionale e reazioni

Il tema dell’impatto ambientale dell’intelligenza artificiale ha dominato i lavori dell’AI Global Summit, dove l’Unesco ha chiamato a raccolta ricercatori, sviluppatori, big tech, regolatori e rappresentanti della società civile. L’assise è servita per condividere dati, confrontare strategie, discutere le possibili implicazioni di una crescita sfrenata dei consumi.

Nei saloni del summit si è discusso se alla base di questa crescita esponenziale di domanda energetica ci sia solo il progresso tecnologico oppure anche un uso non sempre razionale degli strumenti di IA. Gli esperti sottolineano che la facilità di accesso e la moltiplicazione dei servizi AI rischia di rendere invisibile il rapporto che intercorre tra uso della tecnologia e impatto sul pianeta. Le politiche energetiche e la regolamentazione internazionale dovranno tenere conto di questi nuovi paradigmi.

La reazione delle grandi aziende del settore digitale è stata, in alcuni casi, difensiva. Molti fornitori di servizi AI sottolineano gli sforzi già compiuti per migliorare l’efficienza energetica dei data center e promuovere l’acquisto di energia proveniente da fonti rinnovabili. Tuttavia, i dati dell’Unesco suggeriscono che queste azioni, seppur rilevanti, potrebbero non bastare a fronte di un fenomeno in costante accelerazione.

Come ridurre l’impatto ambientale dell’AI secondo l’Unesco

L’UNESCO ha puntato il dito non soltanto contro le big tech ma ha sottolineato l’importanza di responsabilizzare gli utenti finali. Molti strumenti di IA diventano energia-assorbenti proprio quando si intensifica la frequenza e la lunghezza delle richieste. L’appello lanciato a Roma è quello di porre domande più brevi e precise ai chatbot, passando da una media di 300 a 150 parole, per tagliare di almeno il 30-40% il fabbisogno energetico senza rinunciare alla qualità delle risposte.

Assieme a queste raccomandazioni di buon senso, lo studio sollecita l’industria a investire nella progettazione di algoritmi e hardware a basso consumo, oltre che a favorire modelli di machine learning che ottimizzino il rapporto tra prestazioni ed energia impiegata. Il tema della riduzione del consumo di energia dei chatbot va affrontato da più fronti: formazione degli utenti, aggiornamento normativo, ricerca sull’efficienza tecnologica.

Crescita della domanda di energia: rischi e scenari futuri

La prospettiva che la crescita della domanda di energia AI possa procedere con ritmi così serrati preoccupa non soltanto chi si occupa di ambiente, ma anche istituzioni e agenzie energetiche internazionali. Se il trend osservato negli ultimi mesi dovesse mantenersi stabile, il consumo legato all’intelligenza artificiale potrebbe superare nel giro di pochi anni la soglia critica di sostenibilità per molte reti elettriche nazionali, soprattutto nei Paesi ad alta penetrazione tecnologica.

Oltre all’impatto ambientale diretto - maggiore emissione di CO2, incremento del fabbisogno energetico, invecchiamento delle infrastrutture - esiste anche il rischio che la *competizione energetica* tra settori diversi riduca la capacità industriale complessiva. Vale a dire: se molta energia viene assorbita dai data center che gestiscono servizi AI, rimarrà meno margine per altre attività produttive, pubbliche e private. Si delinea dunque un futuro in cui sarà necessario bilanciare con grande attenzione i benefici apportati dalla tecnologia con gli oneri ambientali ed economici.

L’efficienza energetica dell’intelligenza artificiale

Migliorare l’efficienza energetica dell’intelligenza artificiale rappresenta una delle più grandi sfide tecnologiche del prossimo decennio. Oggi gli sviluppatori sono chiamati a lavorare su più livelli: dalla progettazione di algoritmi più leggeri e meno energivori, all’impiego di architetture hardware ottimizzate, fino all’adozione di policy di “green computing” a livello aziendale.

La buona notizia è che esistono già esempi virtuosi: alcune aziende hanno ridisegnato i propri server per essere raffreddati in modo più efficiente, altre stanno adottando processori specializzati in grado di abbassare la richiesta di energia per operazione. Tuttavia, la diffusione globale delle AI richiede soluzioni di sistema, che implichino una cooperazione tra imprese, enti pubblici e progettisti di infrastrutture. Per restare all’avanguardia, inoltre, bisognerà formare nuove generazioni di specialisti in materia di AI e sostenibilità ambientale.

Intelligenza artificiale e sostenibilità ambientale

Il rapporto tra intelligenza artificiale e sostenibilità ambientale aspetta ancora una regolamentazione chiara a livello internazionale. L’ONU e l’Unesco sottolineano la necessità di adottare pratiche orientate alla trasparenza: sistemi di monitoraggio in tempo reale del consumo energetico dei servizi AI, indicatori ambientali pubblici, strumenti di auditing per verificare l’impatto delle nuove release software e hardware.

L’AI può diventare da problema a soluzione se utilizzata per ottimizzare l’efficienza nelle reti di distribuzione, prevedere il fabbisogno energetico e ridurre gli sprechi. Ma questo diventerà possibile solo se l’adozione di tecnologie innovative sarà accompagnata da uno studio rigoroso dell’impatto ambientale. Senza un cambio di rotta nelle policy e nelle abitudini di utilizzo, il rischio è quello di trasformare un’opportunità unica in una minaccia per il pianeta.

Conclusioni e prospettive future

In conclusione, lo studio Unesco e il dibattito acceso all’AI Global Summit portano una ventata di consapevolezza in un settore spesso percepito come del tutto “smaterializzato”. Sviluppare l’intelligenza artificiale senza valutare la crescita della domanda di energia rischia di spingere il sistema oltre i limiti di sostenibilità. La partita si gioca sul doppio binario dell’innovazione tecnologica e della responsabilizzazione sociale.

Serve una riflessione collettiva sulla direzione da imprimere alla prossima ondata digitale: la crescita non può più essere solo quantitativa, ma deve puntare anche a ridurre il consumo energetico dei chatbot, adottando modelli a basso impatto, pratiche d’uso intelligenti e investimenti sistemici in efficienza. Solo in questo modo sarà possibile conciliare le potenzialità dell’IA con la salvaguardia delle risorse per le generazioni future, ponendo finalmente al centro non solo il progresso, ma anche la sostenibilità.

Pubblicato il: 9 luglio 2025 alle ore 12:22