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La pesca a strascico nel Mediterraneo: un rischio crescente per la biodiversità locale – Nuovi dati e soluzioni

Uno studio Ogs e Ispra rivela un impatto drammatico su naselli, razze e squali tra il 2014 e il 2020. Le possibili strategie per la tutela del Mare Nostrum.

La pesca a strascico nel Mediterraneo: un rischio crescente per la biodiversità locale – Nuovi dati e soluzioni

Indice degli argomenti

1. Introduzione: La pesca a strascico e il suo contesto 2. Il quadro scientifico: lo studio Ogs e Ispra 3. Pesca a strascico nel Mediterraneo: dinamiche e peculiarità 4. L’impatto sulla biodiversità del mar Mediterraneo 5. Specie minacciate: il caso di naselli, razze e squali 6. Metodologia e analisi: il periodo 2014-2020 7. Differenze tra aree soggette e non soggette alla pesca a strascico 8. Davide Agnetta e il contributo della ricerca italiana 9. Le conseguenze ecologiche e sociali della riduzione della biodiversità 10. Politiche di tutela e sostenibilità della pesca 11. Prospettive future e raccomandazioni 12. Sintesi e conclusioni

Introduzione: La pesca a strascico e il suo contesto

La pesca a strascico Mediterraneo è una delle principali pratiche di prelievo delle risorse marine sin dall’epoca antica, ma negli ultimi decenni la tecnologia ha reso questa metodologia sempre più invasiva e capace di incidere profondamente sugli ecosistemi marini. L’allarme lanciato da numerosi scienziati riguarda la riduzione della biodiversità pesca e l’impatto pesante sull’assetto delle popolazioni ittiche del mar Mediterraneo. È in questo quadro che si inserisce lo studio realizzato dall’Istituto Nazionale di Oceanografia e di Geofisica Sperimentale (Ogs) in collaborazione con l’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (Ispra), focalizzato sull’impatto pesca a strascico tra il 2014 e il 2020.

Il quadro scientifico: lo studio Ogs e Ispra

Lo studio, guidato dal ricercatore Davide Agnetta Ogs ricerca, si presenta come una delle più approfondite analisi pesca a strascico 2014-2020 condotte nell’area mediterranea. Attraverso campagne di monitoraggio e raccolta dati, i ricercatori hanno evidenziato come la pressione esercitata dalla pesca a strascico abbia portato a una riduzione biodiversità pesca in diverse aree del bacino. Il lavoro scientifico si è avvalso di campionamenti sistematici, permettendo un confronto chiaro tra le zone soggette a intensa attività di pesca e quelle meno impattate.

In particolare, lo studio ha fatto emergere differenze significative nella varietà di specie presenti, confermando i timori già sollevati da altre ricerche e allineandosi con segnalazioni provenienti da organizzazioni internazionali coinvolte nella tutela della biodiversità marina.

Pesca a strascico nel Mediterraneo: dinamiche e peculiarità

La pesca a strascico Mediterraneo consiste nell’utilizzo di reti con pesi trascinate sul fondale marino, con lo scopo di catturare il maggior numero possibile di organismi bentonici e ittici. Questa tecnica, benché redditizia per le flotte commerciali in alcuni settori, ha un impatto estremamente elevato sulle comunità marine, tra cui anche habitat di pregio come le praterie di Posidonia oceanica e le barriere coralline profonde del Mediterraneo.

Fra le caratteristiche peculiari di questa pratica vi sono:

* Elevato bycatch di specie non commerciali * Distruzione meccanica degli habitat bentonici * Alterazione delle catene trofiche locali * Impoverimento dei fondali e loro capacità di rigenerazione

L’uso intensivo della pesca a strascico, spesso regolato solo parzialmente da leggi nazionali e sovranazionali, ha portato a conseguenze significative in termini di sostenibilità Mediterraneo.

L’impatto sulla biodiversità del mar Mediterraneo

Uno dei dati centrali emersi dallo studio Ogs-Ispra riguarda la perdita di varietà biologica in ragione dell’impatto pesca a strascico. Gli scienziati sottolineano che, mentre nelle zone meno soggette a tale pratica la gamma di specie osservata rimane più ampia e articolata, dove invece i fondali sono regolarmente arati dalle reti a strascico, il numero di specie diminuisce drasticamente.

Biodiversità mar Mediterraneo non significa solo una maggiore presenza di pesci, ma anche la stabilità e la resilienza degli ecosistemi marini. Una riduzione della diversità comporta, infatti, perdita di funzioni ecosistemiche cruciali come la depurazione dell’acqua, il sequestro del carbonio e il controllo dei processi di erosione dei fondali.

Specie minacciate: il caso di naselli, razze e squali

Tra le specie più colpite figurano i naselli razze squali Mediterraneo. Questi organismi svolgono ruoli chiave negli equilibri ecologici dei nostri mari. Di seguito, alcune delle specie maggiormente minacciate e le ripercussioni sulla popolazione ittica:

* Naselli (Merluccius merluccius): Specie target commerciali, ma essenziali anche nella catena alimentare marina. * Razze: Molte specie di razza Mediterranea sono classificate come vulnerabili o in pericolo a causa della bassa produttività biologica e della forte pressione delle catture accidentali. * Squaliformi: Gli squali, già in declino per via di una bassa fecondità, vedono le loro popolazioni drasticamente ridotte in presenza di pesca a strascico intensiva.

Il rischio è quello di una perdita irreversibile della biodiversità mar Mediterraneo, con evidenti conseguenze per l’intero ecosistema.

Metodologia e analisi: il periodo 2014-2020

L’analisi pesca a strascico 2014-2020 si distingue per la capillarità dei dati raccolti. I ricercatori hanno effettuato campionamenti su migliaia di chilometri quadrati di fondale, utilizzando sia tecniche scientifiche tradizionali sia strumentazioni avanzate di sorveglianza ambientale.

Tra le metodologie impiegate:

* Prelievo diretto tramite dragaggi controllati * Monitoraggio di popolazioni ittiche mediante rilievi visivi subacquei * Analisi genetiche delle specie presenti

Queste tecniche hanno permesso di stabilire con rigore scientifico il legame diretto tra l’attività di pesca a strascico e il decremento delle popolazioni di numerose specie marine.

Differenze tra aree soggette e non soggette alla pesca a strascico

Una delle risultanze più interessanti dello studio riguarda la diversa composizione delle specie tra aree soggette a pesca a strascico Mediterraneo e zone meno impattate. Dove la pesca è maggiormente regolata o vietata, si osserva una maggiore varietà di specie e una presenza superiore di organismi marini a crescita lenta, come le razze e alcuni squaliformi.

Al contrario, le zone “d’ombra” della regolamentazione sperimentano drammi ecologici e repentini cambiamenti nella composizione faunistica. Questo dato evidenzia come una gestione attenta delle attività di pesca possa effettivamente contribuire alla tutela delle specie minacciate Mediterraneo.

Davide Agnetta e il contributo della ricerca italiana

Davide Agnetta Ogs ricerca si è fatto portavoce di una nuova sensibilità scientifica sugli impatti della pesca industriale. Il suo lavoro ha permesso una maggiore consapevolezza sulla necessità di implementare strategie di mitigazione dell’impatto pesca a strascico e di promuovere politiche orientate alla sostenibilità Mediterraneo. Il contributo delle università e istituti di ricerca italiani si rivela essenziale nel proporre e testare soluzioni concrete per la conservazione degli ecosistemi marini.

Agnetta e il suo team continuano a promuovere campagne di sensibilizzazione e formazione, rivolte alle flotte di pesca e ai policy maker, per adottare pratiche più responsabili e meno invasive.

Le conseguenze ecologiche e sociali della riduzione della biodiversità

La riduzione biodiversità pesca non si limita agli effetti ambientali. Essa si ripercuote sulla stessa economia ittica italiana e mediterranea, producendo conseguenze di carattere sociale e occupazionale. Con la diminuzione delle specie target e accessorie, la stessa produttività della pesca diminuisce, causando un inevitabile calo dei redditi per le famiglie di pescatori e delle comunità costiere.

Le ripercussioni possono essere così schematizzate:

* Declino del pescato e aumento della vulnerabilità degli stock residui * Cambiamenti nelle reti alimentari marine * Difficoltà economiche per le flotte minori * Cultura e tradizioni locali minacciate dall’omologazione dei prodotti ittici

Politiche di tutela e sostenibilità della pesca

Per invertire la rotta, è necessario orientarsi verso una pesca responsabile, fondata su principi di sostenibilità e tutela della biodiversità. Numerosi organismi e autorità, tra cui l’Unione Europea, raccomandano:

* Aree marine protette e zone di ripopolamento * Moratorie temporanee nei periodi di riproduzione delle specie ittiche * Limitazioni all’uso della pesca a strascico nelle zone più vulnerabili * Tecniche alternative e meno impattanti (ad esempio palangari e reti da posta) * Sensibilizzazione del pubblico sul consumo responsabile di prodotti ittici

Sono strategie cardine per la sostenibilità Mediterraneo e per assicurare nuove opportunità alle prossime generazioni di pescatori.

Prospettive future e raccomandazioni

Il futuro del mar Mediterraneo dipenderà dalla nostra capacità di adottare soluzioni condivise e innovative. Le strade da percorrere includono:

* Investimenti nella ricerca e nel monitoraggio ambientale * Cooperazione internazionale tra Paesi del bacino * Educazione delle nuove generazioni su tematiche di biodiversità e uso sostenibile delle risorse marine

Il ruolo della comunità scientifica rimane centrale nel fornire dati aggiornati e nel suggerire i correttivi più efficaci per il settore della pesca.

Sintesi e conclusioni

La fotografia scattata dallo studio Ogs-Ispra, guidato da Davide Agnetta, è inequivocabile: la pesca a strascico Mediterraneo rappresenta una minaccia concreta alla biodiversità mar Mediterraneo e alla salute dei nostri mari. Le aree meno soggette a questa pratica sono anche quelle dove la varietà e l’abbondanza delle specie marine si mantengono elevate, mentre i fondali arati regolarmente sono sempre più poveri e fragili. Specie come naselli, razze e squali vedono ridursi drasticamente i loro numeri, innescando catene di conseguenze ecologiche e socio-economiche drammatiche.

L’urgenza, ora più che mai, è quella di proseguire nella ricerca, attuare politiche coraggiose e promuovere una nuova cultura del mare, capace di coniugare sviluppo e sostenibilità. Solo così il Mediterraneo potrà continuare a offrire la sua straordinaria ricchezza di vita, preservando quell’equilibrio fragile che da millenni accompagna la storia delle popolazioni costiere.

Questa sfida coinvolge istituzioni, ricercatori, pescatori e cittadini. L’impegno comune può garantire che il Mediterraneo resti un simbolo di biodiversità e prosperità anche per le generazioni future.

Pubblicato il: 6 agosto 2025 alle ore 09:12