Di Natale Labia
La legge di bilancio 2025 non riduce le tasse sui salari, come era stato annunciato dal Governo, secondo il Rapporto sulla politica di bilancio 2025 dell’Ufficio parlamentare di bilancio.
Il governo presieduto da Giorgia Meloni ha reso strutturale il taglio al cuneo fiscale, trasformandolo in un sistema di nuove detrazioni e bonus per i lavoratori dipendenti. Tuttavia, questa scelta ha rafforzato il fenomeno del fiscal drag: l’effetto per cui gli aumenti salariali, spesso legati solo all’inflazione, spingono i contribuenti verso scaglioni Irpef più alti o riducono le detrazioni, aumentando così la pressione fiscale.
Secondo la presidente dell’Upb, Lilia Cavallari, “con la progressività è aumentato anche l’effetto di drenaggio fiscale_”_, e questo colpisce soprattutto i lavoratori dipendenti. L’analisi dell’Upb mostra che, a parità di inflazione rispetto al 2022, i lavoratori dipendenti pagano oggi 370 milioni di euro in più di tasse, con un incremento del 13 per cento.
Il fiscal drag si manifesta in un sistema fiscale progressivo come quello italiano: se scaglioni e detrazioni non vengono aggiornati all’inflazione, anche un semplice adeguamento salariale al carovita può spingere il lavoratore in fasce di reddito più alte, con un conseguente aumento delle tasse.
L’Ufficio sottolinea che la riforma fiscale 2025, con l’accorpamento dei primi due scaglioni Irpef e l’introduzione di nuove detrazioni decrescenti, ha reso il sistema più sensibile all’inflazione e quindi più esposto al drenaggio fiscale.
I numeri parlano chiaro: simulando un’inflazione del 2 per cento, il drenaggio fiscale ammonta oggi a 3.262 milioni di euro, contro i 2.892 milioni che avrebbe prodotto il sistema Irpef del 2022. La differenza, 370 milioni in più, grava quasi esclusivamente su operai e impiegati e quindi anche su insegnanti, docenti, personale Ata e ogni altro operatore del mondo dell’Istruzione.
Per gli operai, il fiscal drag passa da 800 a 942 milioni di euro, con un’incidenza che cresce dal 3,2 per cento al 5,5. Per gli impiegati, da 989 a 1.205 milioni, con un’incidenza che sale dall’1,7 per cento al 2,3. L’effetto su pensionati, autonomi e altri redditi è invece trascurabile.
Il paradosso è evidente: proprio le categorie che avrebbero dovuto beneficiare maggiormente del taglio al cuneo fiscale sono oggi le più penalizzate dal nuovo fiscal drag. Per ogni impiegato, il drenaggio fiscale medio è passato da 116 a 141 euro con un aumento di 25 euro, per ogni operaio da 67 a 79 euro.
Per i conti pubblici si tratta di un vantaggio, ma per i lavoratori è una perdita secca di potere d’acquisto. L’Upb avverte che “l’intensificazione del prelievo fiscale derivante dall’interazione tra inflazione e progressività rischia di erodere in misura significativa gli incrementi nominali delle retribuzioni, con rilevanti conseguenze sulla loro dimensione reale”.
Se non si interviene con un’indicizzazione dei parametri fiscali, il rischio è che il problema si auto-alimenti, rendendo progressivamente meno efficaci le misure di sostegno al reddito. Il taglio al cuneo, nato per sostenere i salari, rischia così di trasformarsi in un aumento delle tasse proprio per chi lavora, con operai e impiegati in prima linea tra i penalizzati.
Pnrr a rischio, lavoratori penalizzati e spazi di bilancio prosciugati. Il quadro tracciato dall'Upb demolisce pezzo dopo pezzo la narrazione di un'economia in salute, come cercano di raccontarci da tempo il Presidente del Consiglio e il ministro dell’economia Giancarlo Giorgetti. La realtà, purtroppo, è molto diversa. le speranze di crescita del Paese sono sempre più aggrappate alla piena attuazione di un Pnrr che sembra irrealizzabile ogni giorno di più e per rispettare gli impegni internazionali sulla difesa o le promesse agli italiani sulla sanità, il governo Meloni , che ha già aumentato la pressione fiscale da quando si è insediato, sarà costretto ad aumentare ancora le tasse e a modificare ulteriormente i servizi pubblici tra cui sanità e trasporti pubblico che usa la carota con i ricchi e il bastone con gli ultimi". E’ il commento del deputato Ubaldo Pagano, capogruppo Pd in commissione Bilancio, in merito al rapporto.