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Barbero interviene sul precariato universitario: “Migliaia di ricercatori espulsi dal sistema"

Negli ultimi mesi gli atenei italiani stanno affrontando una crisi senza precedenti: centinaia di ricercatori, assegnisti e tutor didattici hanno perso il loro contratto, lasciando scoperti interi settori della didattica e della ricerca. I collettivi universitari parlano di una vera e propria “espulsione di massa”, denunciando fondi insufficienti, programmazione fragile e percorsi di reclutamento incapaci di garantire continuità.

Sommario

• Il contesto: la nuova ondata di precarietà negli atenei italiani

• L’intervento di Alessandro Barbero

• Le testimonianze dei collettivi universitari

• Le cause strutturali della crisi del reclutamento

• Le possibili conseguenze sul sistema universitario

• Le richieste di docenti e ricercatori

• Conclusione

Il contesto: la nuova ondata di precarietà negli atenei italiani

Negli ultimi mesi il mondo universitario italiano sta affrontando una fase critica, segnata da una forte riduzione dei contratti di ricerca e da un numero crescente di ricercatori che si ritrovano senza prospettive occupazionali.

Diversi collettivi studenteschi e gruppi di docenti hanno denunciato una dinamica definita come “espulsione di massa”, con particolare riferimento a figure come assegnisti, tutor didattici e precari della ricerca che, pur sostenendo ampie fette della didattica, non trovano una stabilità all’interno degli atenei.

L’intervento di Alessandro Barbero

In questo contesto si inserisce il video intervento dello storico Alessandro Barbero, diffuso dall’Assemblea Precaria Universitaria di Torino e confermato da altri quotidiani nazionali.

Barbero esprime solidarietà ai ricercatori rimasti senza contratto e parla apertamente di “cifre spaventose”, riferendosi al numero di precari che negli ultimi mesi hanno perso la loro posizione accademica.

Lo storico sottolinea il carattere sistemico del problema, affermando che la precarizzazione della ricerca sta diventando una condizione strutturale e non temporanea.

Le testimonianze dei collettivi universitari

I collettivi e le assemblee dei ricercatori hanno descritto questa situazione come una delle più grandi espulsioni di personale accademico nella storia recente dell’università italiana.

Le proteste, organizzate in diverse città, chiedono l’attenzione del Ministero dell’Università e della Ricerca e delle istituzioni competenti.

Le testimonianze raccolte sottolineano come molti ricercatori, nonostante anni di studio e contributi scientifici, si ritrovino a dover lasciare l’ambiente accademico per mancanza di prospettive.

Le cause strutturali della crisi del reclutamento

Tra le criticità segnalate emergono fondi insufficienti, una programmazione ritenuta inadeguata ed un sistema di reclutamento che, secondo i collettivi, non garantisce continuità né valorizzazione delle competenze maturate.

L’aumento di figure precarie impiegate in ruoli essenziali per la didattica e la ricerca rende il sistema vulnerabile, soprattutto in assenza di procedure stabili per il passaggio a posizioni a tempo determinato o indeterminato.

Le possibili conseguenze sul sistema universitario

La perdita simultanea di centinaia di ricercatori rischia di avere effetti immediati: riduzione dell’offerta formativa, aumento del carico didattico per il personale strutturato e rallentamento delle attività di ricerca.

Gli atenei potrebbero trovarsi in difficoltà nel garantire una didattica completa, soprattutto nei corsi che si basano in larga misura sul contributo dei tutor e degli assegnisti.

A lungo termine, la fuga di competenze rischia di compromettere la competitività internazionale delle università italiane.

Le richieste di docenti e ricercatori

I collettivi chiedono un intervento strutturale che includa finanziamenti stabili, percorsi di reclutamento trasparenti e l’introduzione di meccanismi che impediscano l’alternanza continua tra contratti brevi e periodi di inattività.

Anche Barbero, nel suo intervento, insiste sull’importanza di ridare dignità professionale ai giovani ricercatori, ricordando che l’università deve poter contare su figure qualificate e motivate per garantire la qualità della formazione.

Conclusione

L’appello di Alessandro Barbero e le mobilitazioni dei ricercatori portano alla luce un tema cruciale per il futuro dell’università italiana.

Il sistema accademico sta attraversando una fase di forte instabilità, con effetti che rischiano di ripercuotersi sulla qualità della didattica, sull’innovazione scientifica e sulle prospettive occupazionali dei giovani studiosi.

Le richieste avanzate dalle assemblee dei precari chiedono un ripensamento complessivo delle politiche di reclutamento e una maggiore attenzione da parte delle istituzioni.

Solo un intervento strutturato potrà evitare che la precarietà diventi la norma e che l’università perda una parte significativa delle sue competenze più giovani.

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Pubblicato il: 11 dicembre 2025 alle ore 16:49