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I precari occupano la sede del Cnr: la protesta romana che scuote la ricerca scientifica

Mobilitazione nazionale e accampamento a Roma: la lotta dei ricercatori precari per il futuro della ricerca pubblica in Italia

I precari occupano la sede del Cnr: la protesta romana che scuote la ricerca scientifica

Indice degli argomenti

* Introduzione * Il contesto dell’occupazione: chi sono i precari Cnr? * Le ragioni della protesta: il precariato nella ricerca scientifica * L’occupazione della sede centrale del Cnr a Roma * Le dichiarazioni di Antonio Sanguinetti e il grido d’allarme * Il rinvio dell’incontro con il presidente Andrea Lenzi * Trentamila ricercatori a rischio: numeri e scenari * La mobilitazione si allarga: sostegno delle amministrazioni locali * Il nodo dei finanziamenti e le prospettive per la ricerca italiana * Proposte e possibili soluzioni: la stabilizzazione dei precari * La reazione delle istituzioni e della politica * Le testimonianze dei ricercatori: storie e speranze * Conclusioni e sintesi della situazione

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Introduzione

La mattina del 6 dicembre 2025, una nuova pagina si è scritta nella travagliata storia della ricerca pubblica italiana. Decine di ricercatori precari hanno occupato la sede centrale del Consiglio Nazionale delle Ricerche (Cnr) a Roma. La protesta, parte di una più ampia mobilitazione dei precari Cnr, rappresenta il culmine di una tensione crescente nell’ambito della ricerca, dove la precarietà lavorativa è divenuta ormai una condizione sistemica. Con l’obiettivo di richiamare l’attenzione delle istituzioni e dell’opinione pubblica, i manifestanti hanno allestito un piccolo accampamento nei pressi degli uffici direzionali, dichiarando apertamente che "la ricerca è accampata" e denunciando una politica di finanziamenti giudicata insufficiente e inadeguata a garantire un futuro dignitoso a migliaia di giovani scienziati.

Il contesto dell’occupazione: chi sono i precari Cnr?

Il Consiglio Nazionale delle Ricerche è il principale ente pubblico di ricerca in Italia, con oltre 8.000 dipendenti e una presenza capillare in tutto il territorio nazionale. Tuttavia, più di un terzo del personale impiegato nelle attività scientifiche e tecniche si trova oggi in una condizione di precariato nella ricerca scientifica. Si tratta principalmente di laureati, dottori di ricerca, assegnisti e tecnologi che, dopo anni di formazione e sacrifici, si trovano a dover rinnovare periodicamente contratti a tempo determinato o collaborazioni esterne, senza la certezza di una stabilità futura.

Questi lavoratori rappresentano una risorsa cruciale per la competitività del Paese nel campo scientifico, ma spesso si trovano "fuori dai radar" della politica e dell'opinione pubblica. La loro condizione incerta genera frustrazione, instabilità personale e ostacola sia la progettualità scientifica sia la crescita professionale.

Le ragioni della protesta: il precariato nella ricerca scientifica

Alla base della mobilitazione precari ricerca vi sono elementi strutturali: scarsità di bandi di stabilizzazione, livelli esigui di finanziamenti, stop and go nei processi di reclutamento e una percezione sociale della ricerca come ambito sacrificabile. Questo ha portato a una situazione ormai insostenibile, dove professionalità di altissimo livello vivono quotidianamente nel timore di perdere il proprio posto di lavoro.

Il fenomeno del precariato nella ricerca scientifica è una questione annosa in Italia, acuita dalle riforme degli ultimi decenni che hanno frammentato le carriere e ridotto drasticamente il ricambio generazionale. Il risultato è una riduzione dell’efficienza e della continuità nell’attività di ricerca, in un settore che dovrebbe invece essere strategico per lo sviluppo del Paese.

L’occupazione della sede centrale del Cnr a Roma

La protesta del 6 dicembre ha visto un gruppo di ricercatori munirsi di tende, striscioni e megafoni per dar vita a un accampamento precari Cnr Roma, proprio davanti agli ingressi della sede centrale di Piazzale Aldo Moro. L’iniziativa, definita "simbolica ma determinata", ha avuto fin da subito un forte impatto mediatico: le immagini delle tende montate all’ombra dei palazzi storici del Cnr sono rimbalzate sui social network suscitando empatia, ma anche interrogativi sull’incapacità dello Stato di garantire il minimo di sicurezza lavorativa ai suoi scienziati.

Tra gli slogan più ricorrenti: "Nessuna ricerca senza ricerca stabile" e "Non si vive di passione". I lavoratori hanno inoltre organizzato assemblee pubbliche, momenti di confronto con la cittadinanza e una conferenza stampa per illustrare con dati alla mano la situazione dei ricercatori a rischio lavoro.

Le dichiarazioni di Antonio Sanguinetti e il grido d’allarme

Tra le voci più autorevoli della mobilitazione spicca quella di Antonio Sanguinetti, che ha dichiarato apertamente: _"Senza finanziamenti la ricerca è accampata"_. Con questo slogan, Sanguinetti ha voluto sottolineare come la mancanza di risorse rischi di lasciare la ricerca scientifica in una condizione di precarietà strutturale e materiale.

Sanguinetti ha inoltre specificato che "la ricerca italiana ha bisogno di investimenti costanti e di un piano di stabilizzazione che tenga conto della professionalità e del sacrificio dei lavoratori che da anni contribuiscono ai risultati scientifici del Paese". Il rischio, secondo il rappresentante dei lavoratori, è che l’Italia perda competitività internazionale e ricchezze di conoscenze, con ripercussioni su sanità, tecnologia, innovazione e formazione.

Il rinvio dell’incontro con il presidente Andrea Lenzi

Uno dei momenti più delicati della giornata è stato il rinvio dell’incontro previsto con Andrea Lenzi, presidente del Cnr. L’appuntamento, inizialmente fissato per la stessa giornata del 6 dicembre, è stato spostato al 10 dicembre. Una decisione che, sebbene motivata da necessità organizzative, ha suscitato ulteriore insoddisfazione tra i manifestanti, già provati da mesi di tensioni e incertezza.

Il dialogo tra i vertici del Cnr e il movimento dei precari è stato definito "aperto, ma ancora troppo lento e lontano da soluzioni concrete". Lenzi, in dichiarazioni ufficiali, ha comunque assicurato il proprio impegno per costruire "una cornice normativa che consenta agli enti di ricerca di procedere a una stabilizzazione seria e trasparente".

Trentamila ricercatori a rischio: numeri e scenari

Secondo le stime rese note durante la protesta ricercatori Cnr, in tutto il Paese sono circa 30.000 i ricercatori e tecnici precari degli enti pubblici di ricerca che rischiano concretamente di vedere sfumare il proprio lavoro nel giro di pochi mesi.

Un dato allarmante che si inserisce in quello che i sindacati e le associazioni di categoria definiscono il “grande spreco di capitale umano italiano”. Le possibilità di impiego stabile sono ridotte all’osso, e le prospettive di carriera paiono sempre più un miraggio. L’età media dei lavoratori precari è in costante aumento e molti sono costretti, nonostante anni di contributi e progetti di successo, ad abbandonare la ricerca per cercare soluzioni lavorative alternative, anche all’estero.

La mobilitazione si allarga: sostegno delle amministrazioni locali

Una delle novità di questa protesta è rappresentata dall’ampio sostegno ricevuto da numerose amministrazioni locali di tutta Italia. Diversi comuni capoluogo e regioni hanno espresso la propria solidarietà, chiedendo al governo nazionale politiche più incisive per la stabilizzazione precari ricerca e per la valorizzazione del sistema scientifico nazionale.

Il sostegno si è espresso in varie forme: ordini del giorno, comunicati ufficiali, partecipazione degli rappresentanti istituzionali alle assemblee pubbliche degli occupanti. La consapevolezza che la crisi della ricerca pubblica abbia ricadute su tutta la società sembra ormai radicata anche a livello territoriale.

Il nodo dei finanziamenti e le prospettive per la ricerca italiana

La questione dei finanziamenti ricerca scientifica Italia è stata posta con forza dai manifestanti: senza una significativa inversione di tendenza nelle risorse destinate agli enti pubblici di ricerca, ogni piano di stabilizzazione rischia di essere vano.

Attualmente, la quota di PIL investita dall’Italia in ricerca e sviluppo rimane ben al di sotto della media europea. Secondo i più recenti dati Eurostat, mentre i principali paesi Ue destinano oltre il 2% del Pil a questi settori, l’Italia è ferma a poco più dell’1,4%, con una stagnazione che si protrae da anni.

Una maggiore dotazione finanziaria permetterebbe non solo di procedere con le assunzioni a tempo indeterminato, ma anche di potenziare i laboratori, attrarre talenti internazionali e rendere la carriera scientifica nuovamente attrattiva per le nuove generazioni.

Proposte e possibili soluzioni: la stabilizzazione dei precari

Al centro delle rivendicazioni vi è la richiesta di attivazione immediata di un piano nazionale per la stabilizzazione precari ricerca. Secondo i lavoratori, servirebbero misure straordinarie che, in linea con quanto già avvenuto in altri settori della pubblica amministrazione, permettano la transizione dal lavoro precario a quello stabile attraverso procedure trasparenti, basate sul merito e sull’esperienza maturata nei laboratori e nei progetti di ricerca.

Le soluzioni prospettate includono:

* Sblocco delle procedure di assunzione e incremento delle risorse destinate a bandi di concorso. * Riconoscimento dell’esperienza lavorativa maturata nei contratti a termine ai fini della valutazione per l’accesso alle posizioni a tempo indeterminato. * Introduzione di forme contrattuali più flessibili e innovative, che possano adattarsi alle specificità delle carriere scientifiche senza compromettere i diritti dei lavoratori. * Patti territoriali tra enti di ricerca, università e amministrazioni locali, per creare percorsi integrati di inserimento e valorizzazione del personale.

La reazione delle istituzioni e della politica

La mobilitazione dei precari Cnr non ha lasciato indifferente il Parlamento. Esponenti di diversi schieramenti politici hanno presentato interrogazioni e dichiarazioni di sostegno. Alcuni deputati e senatori hanno visitato l’accampamento, assumendo impegni formali per promuovere misure di riforma.

Tuttavia, al di là delle dichiarazioni ufficiali, resta la forte esigenza di passare dalle parole ai fatti: le procedure legislative sono spesso lente e gli iter burocratici rischiano di vanificare le aspettative dei lavoratori. Le associazioni sindacali vigilano affinché le promesse si traducano in risultati concreti, pronti a rilanciare la mobilitazione in assenza di risposte rapide e incisive.

Le testimonianze dei ricercatori: storie e speranze

Durante il presidio, molti ricercatori hanno condiviso le proprie storie personali. Alcuni hanno raccontato dei sogni di una carriera internazionale poi infranti dalla necessità di accettare continui rinnovi di contratti a termine; altri hanno evidenziato la difficoltà di conciliare la vita familiare e personale con la totale incertezza economica.

Le loro parole hanno dato un volto umano a una protesta che, pur con toni pacati e civili, denuncia una situazione di diffusa insicurezza e insoddisfazione. Alcuni hanno sottolineato l’importanza della ricerca scientifica per il progresso della società e la necessità che il Paese riconosca il valore non solo degli avanzamenti scientifici, ma anche delle persone che li rendono possibili.

Conclusioni e sintesi della situazione

La protesta ricercatori Cnr e l’occupazione della sede a Roma sono la punta dell’iceberg di una crisi strutturale della ricerca pubblica italiana. Il permanere della precarietà, la scarsità di finanziamenti e la lentezza nelle procedure di stabilizzazione rischiano di compromettere il futuro di migliaia di lavoratori e la competitività scientifica del Paese.

È auspicabile che, nei prossimi giorni, al confronto aperto tra le parti seguano risposte concrete, capaci di affrontare il problema su scala sistemica. Solo investendo con decisione nel capitale umano, valorizzando la professionalità dei ricercatori e garantendo prospettive certe, l’Italia potrà tornare a essere protagonista in ambito scientifico internazionale e offrire ai suoi giovani talenti un futuro all’altezza delle loro aspettative.

La mobilitazione di Roma sembra avere riaperto il dibattito pubblico sul senso e il valore della ricerca scientifica in Italia: una finestra di opportunità che i decisori non possono permettersi di ignorare.

Pubblicato il: 7 dicembre 2025 alle ore 04:03