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È davvero finita la corsa al Transnational Education? Il futuro incerto dei campus esteri delle università nordamericane

Dalla rapida espansione all'esame di sostenibilità: perché la strategia nordamericana nel TNE si sta ridimensionando

È davvero finita la corsa al Transnational Education? Il futuro incerto dei campus esteri delle università nordamericane

Indice

* Contesto storico della TNE nel Nord America * L’espansione iniziale delle università statunitensi e canadesi all’estero * Il caso Qatar: un simbolo della crisi dei campus internazionali * Le ragioni dietro la chiusura dei campus esteri * La qualità dell’insegnamento e le sfide della TNE * Il modello di business dei campus esteri: un fallimento? * Le differenze tra Stati Uniti e Canada nella TNE * Il futuro della TNE: ridefinizione delle strategie e nuove prospettive * L’impatto globale della fine della “corsa al TNE” nordamericana * Considerazioni finali e prospettive per le università

Contesto storico della TNE nel Nord America

Lo sviluppo della Transnational Education (TNE) nel Nord America ha segnato profondamente il panorama accademico internazionale degli ultimi vent’anni. Il termine TNE Nord America individua l’insieme delle attività con cui le istituzioni universitarie degli Stati Uniti e del Canada hanno aperto campus o programmi formativi permanenti fuori dai rispettivi confini nazionali, con l’obiettivo di esportare modelli di insegnamento, diplomare studenti stranieri e rafforzare la propria reputazione globale. Questa “_corsa TNE Nord America_” ha visto, agli inizi degli anni 2000, una vera e propria esplosione nel numero di campus universitari internazionali USA e, in misura molto minore, di campus esteri Canada.

Nonostante la pandemia di Covid-19 e le fluttuazioni geopolitiche abbiano introdotto nuovi rischi e incertezze, la crescita degli ultimi due decenni resta impressionante: ben 97 campus esteri statunitensi e 8 canadesi sono stati creati secondo i dati più recenti. Tuttavia, oggi gli esperti e gli osservatori del settore concordano: la “_corsa all’oro_” dei campus universitari internazionali sembra essersi esaurita.

L’espansione iniziale delle università statunitensi e canadesi all’estero

Nella fase pionieristica, molte delle migliori università nordamericane vedevano nei campus esteri un’opportunità per:

* Diversificare le fonti di guadagno. * Ampliarsi nei mercati emergenti. * Rafforzare il proprio brand internazionale. * Attirare studenti brillanti da ogni parte del mondo.

Questa tendenza rifletteva la ricerca di nuovi mercati, soprattutto in Medio Oriente, Asia e Nord Africa. Negli anni Duemila, destinazioni come Qatar, Cina, Emirati Arabi Uniti e Singapore vennero considerate eldoradi della formazione. Gran parte degli investimenti statunitensi nella TNE erano incentivati anche da generosi fondi offerti dai governi ospitanti, desiderosi di importare know-how e modelli educativi occidentali. Parallelamente, il Canada ha seguito la stessa strada, seppur con molta più cautela e con un coinvolgimento numericamente inferiore.

Il caso Qatar: un simbolo della crisi dei campus internazionali

Se la TNE nordamericana poteva contare su una varietà di destinazioni, il Qatar rappresenta però la storia simbolo di un cambiamento di rotta. Dopo vent'anni di attività, Texas A&M University ha annunciato la chiusura del suo storico campus qatarino – una presenza iconica nell’Education City di Doha. Una decisione che segue a ruota quella dell’Università di Calgary, che senza fornire pubbliche motivazioni ha chiuso anch’essa il proprio sito in Qatar.

Queste decisioni hanno destato scalpore nel settore e sono state interpretate come un chiaro segnale del declino della strategia dei campus esteri, almeno per quanto riguarda il Nord America. Non si tratta di episodi isolati: diversi altri operatori stanno rivedendo drasticamente la propria presenza internazionale o chiudendo del tutto progetti ritenuti non più sostenibili.

Le ragioni dietro la chiusura dei campus esteri

Diversi fattori spiegano perché, negli ultimi anni, molte università nordamericane hanno avviato una fase di ripensamento critico relativamente alla TNE.

Motivazioni finanziarie

Molti campus internazionali – nati sull’onda di incentivi pubblici o di partnership con grandi fondazioni locali – hanno mostrato fragilità dal punto di vista dei costi di gestione, soprattutto nel medio-lungo periodo. David Robinson, segretario esecutivo della Canadian Association of University Teachers, sintetizza così il problema: _“I campus esteri si sono rivelati un modello di business fallito”_. Spese impreviste, difficoltà negli investimenti a lungo termine, crisi nei rapporti con gli enti finanziatori e mancanza di autonomia economica hanno contribuito a rendere insostenibili molti progetti.

Difficoltà gestionali e culturali

Gestire campus all’estero comporta complessità legate a normative locali, differenze culturali, vincoli sui programmi di studio e sulle modalità di insegnamento. Lo scarto tra la cultura accademica nordamericana e le aspettative educative dei paesi ospitanti può creare frizioni e ostacoli difficili da superare.

Incertezze geopolitiche

Eventi politici, cambi di governo, crisi diplomatiche e persino tensioni sociali o economiche hanno reso alcuni paesi meno appetibili o stabili come sede di grandi progetti universitari transnazionali. Il rischio geopolitico ha un peso crescente nelle strategie degli atenei.

Impatto della pandemia

La situazione globale post-2020, con l’interruzione delle mobilità e la diffusione massiccia della didattica a distanza, ha ridefinito le priorità strategiche. Molti atenei hanno ridimensionato investimenti fisici fuori sede in favore di offerte digitali.

La qualità dell’insegnamento e le sfide della TNE

Uno dei nodi centrali, sottolineati dagli esperti, riguarda il mantenimento della qualità dell'insegnamento nei campus esteri. Jason E. Lane, tra i maggiori studiosi di TNE, ha evidenziato in diversi lavori che la qualità formativa rischia spesso di essere compromessa da:

* Difficoltà nel reclutamento di docenti qualificati disposti a trasferirsi stabilmente all’estero. * Dispersione del corpo accademico in piccole filiali isolate dall’università madre. * Vincoli sui curricula imposti dai governi ospitanti, che differenziano l’offerta formativa. * Complesse procedure di accreditamento e riconoscimento internazionale dei titoli di studio.

Questi elementi generano un gap tra le promesse accademiche del brand statunitense o canadese e la realtà dei servizi erogati nei campus esteri. L’esigenza di mantenere standard elevati si scontra spesso con problemi pratici, tra cui la difficoltà di attrarre e fidelizzare i migliori studenti e un corpo docente motivato.

Il modello di business dei campus esteri: un fallimento?

La corsa TNE finita è motivata anzitutto dalla constatazione che, nella maggior parte dei casi, il modello di business che aveva alimentato le prime espansioni internazionali delle università statunitensi e canadesi non si è rivelato sostenibile. Questo sistema si basava su alcune convinzioni, oggi messe radicalmente in discussione:

* Presenza fisica = successo: aprire un campus era sinonimo di autorevolezza e capacità di attrarre studenti, un’idea che la realtà ha smentito. * Bilanci solidi: si pensava che le partnership con governi locali avrebbero garantito finanziamenti illimitati, ma le crisi economiche e il cambio degli equilibri politici hanno ridotto le garanzie. * Domanda esponenziale: si ipotizzava una crescita costante degli iscritti internazionali, ma la concorrenza e la volatilità del mercato hanno smentito questa aspettativa.

Oggi molti analisti affermano che l’esperienza dei campus internazionali nordamericani rappresenta un modello di business fallito dal punto di vista della sostenibilità a lungo termine e della capacità di produrre valore sia per le istituzioni che per gli studenti.

Le differenze tra Stati Uniti e Canada nella TNE

Pur condividendo dinamiche affini, il caso canadese e quello statunitense presentano differenze importanti:

* Gli USA hanno aperto ed esportato il proprio modello di formazione in proporzioni enormemente superiori: 97 campus contro 8. * Il Canada si è mosso con maggiore cautela e ha concentrato i propri investimenti su pochi progetti selezionati. * Entrambi i paesi stanno oggi affrontando una fase di valutazione critica sull’efficacia della TNE, con gradi di esposizione al rischio ovviamente diversi.

È significativo notare come le università canadesi campus esteri abbiano adottato modelli con forti controlli interni, preferendo la chiusura silenziosa alla gestione protratta di siti problematici (come dimostra la recente chiusura Università di Calgary Qatar).

Il futuro della TNE: ridefinizione delle strategie e nuove prospettive

Di fronte alla tendenza TNE università USA Canada a ridurre la presenza internazionale fisica, alcuni esperti sottolineano che non si tratta di una ritirata totale. In realtà, molte università stanno optando per forme più flessibili ed economicamente sostenibili di istruzione transnazionale, tra cui:

* Collaborazioni a distanza con atenei e istituzioni locali. * Joint degree e programmi condivisi mediante didattica digitale. * Sedi temporanee o hub per progetti di ricerca specifici. * Formazione continua e corsi di breve durata in presenza o online.

La crisi delle strutture fisiche non implica necessariamente la fine della dimensione internazionale dell’educazione superiore nordamericana, ma piuttosto un ripensamento radicale delle modalità e dei modelli.

L’impatto globale della fine della “corsa al TNE” nordamericana

L’arresto della “corsa TNE finita” ha ricadute anche sul sistema universitario mondiale:

* I paesi che avevano puntato su partnership con gli atenei nordamericani si trovano ora a dover ripensare la propria strategia formativa e di sviluppo. * Gli studenti che auspicavano un percorso di studi in stile occidentale si orientano verso altri mercati (Europa, Asia). * L’emergere di nuovi poli di eccellenza internazionale (Cina, India, Medio Oriente) pone nuove sfide e ridisegna la geografia dell’istruzione superiore.

Le università del Nord America, dal canto loro, rischiano di perdere una certa influenza globale proprio a causa delle difficoltà e dei limiti incontrati nel consolidare una presenza tangibile all’estero.

Considerazioni finali e prospettive per le università

Alla luce delle analisi e delle dichiarazioni di esperti come Jason E. Lane e David Robinson, appare chiaro che il ciclo espansivo della TNE Nord America è giunto a una naturale conclusione. La sostenibilità economica, la qualità dell’insegnamento, le difficoltà normative e culturali, così come le dinamiche geopolitiche, hanno riportato sulle loro scelte una nuova prudenza.

Quali lezioni per il futuro? In sintesi:

1. Le università dovranno sviluppare modelli di internazionalizzazione basati su partnership realmente sostenibili e su un forte controllo della qualità didattica. 2. Il ricorso agli strumenti digitali sarà sempre più decisivo per mantenere una dimensione globale a costi contenuti. 3. La reputazione internazionale si costruirà meno attraverso la presenza fisica, più sulla qualità della rete di relazioni accademiche e sulla capacità di offrire formazione d’avanguardia ovunque nel mondo.

La TNE non scompare, ma cambia natura. La fase delle “succursali all’estero” lascia il posto a una internazionalizzazione agile, integrata e fondata sulla collaborazione.

In conclusione, la corsa nordamericana ai campus esteri si è decisamente rallentata se non conclusa, ma il tema dell’internazionalizzazione resta cruciale. La sfida per le università nordamericane sarà ora quella di essere presenti oltre i confini nazionali senza essere fisicamente ovunque, ma con l’autorevolezza che da sempre contraddistingue l’istruzione superiore degli Stati Uniti e del Canada.

Pubblicato il: 12 dicembre 2025 alle ore 15:18