{/* Extracted from Header.astro - Use appropriate classes/styles if animations needed */}

La Certificazione delle Professioni Non Ordinistiche: Fondamenta per la Qualità e il Riconoscimento delle Competenze in Italia

Analisi dell'intervento di Giacomo Riccio alla tavola rotonda di Roma sulle sfide e opportunità della certificazione professionale nelle professioni non regolamentate

La Certificazione delle Professioni Non Ordinistiche: Fondamenta per la Qualità e il Riconoscimento delle Competenze in Italia

Indice

* Introduzione * Il quadro normativo delle professioni non ordinistiche in Italia * L’importanza della certificazione professionale: l’intervento di Giacomo Riccio * La Legge 4/2013: contesto, finalità e limiti * Il ruolo delle associazioni professionali e dei sindacati * Competenze certificate e valore per i lavoratori * La sfida dell’autoregolamentazione nel panorama italiano * Esperienze concrete: la tavola rotonda di Roma e le testimonianze * Criticità e prospettive future della certificazione non ordinistica * Conclusioni e sintesi

Introduzione

Nel panorama lavorativo italiano, la certificazione delle professioni non ordinistiche rappresenta una delle sfide centrali per garantire qualità, trasparenza e riconoscimento delle competenze. Durante una recente tavola rotonda svoltasi a Roma, Giacomo Riccio — esperto e voce autorevole del settore — ha ribadito con forza l’importanza di strumenti certificativi per tutte quelle professioni non regolamentate da albi o ordini. Il suo intervento ha posto sotto i riflettori una tematica sempre più attuale: la necessità di norme chiare e di un sistema articolato capace di valorizzare il ruolo delle competenze certificate.

Il quadro normativo delle professioni non ordinistiche in Italia

L’Italia si caratterizza per un sistema di professioni dualistico. Da un lato ci sono le professioni ordinistiche, disciplinate da ordini e albi; dall’altro le cosiddette professioni non regolamentate (o non ordinistiche), che operano in assenza di un albo ufficiale e sono disciplinate da una normativa più generale. La principale cornice di riferimento per queste professioni è rappresentata dalla Legge 4/2013, uno strumento legislativo finalizzato a riconoscere e fornire un quadro giuridico per i milioni di professionisti che operano fuori dagli ordinamenti classici.

Le professioni non ordinistiche sono estremamente eterogenee: si va dai consulenti aziendali agli esperti di sicurezza, dai coach agli addetti all’amministrazione non iscritti ad alcun albo. La varietà di queste figure rende ancora più sentita l’esigenza di certificazione delle competenze per tutelare sia i professionisti che i cittadini/utenti dei servizi.

L’importanza della certificazione professionale: l’intervento di Giacomo Riccio

Durante la tavola rotonda svoltasi a Roma, di fronte a una platea composta da rappresentanti di associazioni, sindacati e istituzioni, Giacomo Riccio ha sottolineato come la certificazione per le professioni non ordinistiche sia oggi "fondamentale". Riccio ha evidenziato che, in assenza di un ordine che regoli formalmente l’accesso e le pratiche professionali, la certificazione rappresenta una garanzia di qualità e trasparenza.

Secondo Riccio, solo valorizzando la certificazione non ordinistica si può realmente offrire riconoscimento sociale a queste figure professionali, riducendo disparità e incertezze nei rapporti con imprese, clienti e pubblica amministrazione. La certificazione delle competenze diventa quindi uno strumento chiave sia per difendere i lavoratori sia per promuovere una concorrenza leale e trasparente.

La Legge 4/2013: contesto, finalità e limiti

La Legge 4/2013 introduce nella normativa italiana un principio innovativo: quello della autoregolamentazione professionale. Non impone vincoli rigidi, ma promuove la tracciabilità delle competenze attraverso associazioni e organismi terzi, affidando agli stessi professionisti l’onere di garantire la qualità dei servizi offerti.

Punti principali della Legge 4:

* Riconosce le professioni non organizzate in ordini o collegi, stabilendo che possano costituirsi in associazioni professionali. * Promuove il rilascio di certificazioni di conformità da parte di enti accreditati ISO/IEC 17024, consentendo ai professionisti di dimostrare le proprie competenze. * Propone l’utilizzo del Marchio di Qualità per favorire la riconoscibilità pubblica delle professioni certificate.

Tuttavia, la legge presenta anche dei limiti: non disciplina in modo stringente la formazione di base, demandandola appunto alle associazioni, e non prevede un albo centralizzato. Ciò comporta una forte responsabilità in capo agli enti promotori della certificazione professioni non ordinistiche.

Il ruolo delle associazioni professionali e dei sindacati

Come ha ricordato Riccio, nel modello della Legge 4/2013 sono le associazioni professionali e i sindacati a dover individuare e”stabilire i requisiti per la pratica delle professioni”. Questo significa che organismi collettivi hanno il compito di:

* Definire standard minimi di accesso e permanenza nel settore * Valutare le competenze teoriche e pratiche dei candidati * Offrire percorsi formativi di aggiornamento * Vigilare sulla trasparenza e l’etica professionale

Questi compiti fanno sì che la certificazione associazioni professionali diventi un elemento discriminante nel mercato del lavoro. Le migliori associazioni sono infatti in grado di offrire certificazioni riconosciute e apprezzate dai datori di lavoro, tutelando i clienti finali e lo stesso ecosistema professionale.

Competenze certificate e valore per i lavoratori

L’effettiva certificazione delle competenze ha un impatto concreto — sia sul percorso professionale dei singoli, sia sulla fiducia che committenti e cittadini ripongono nei lavoratori. Disporre di competenze certificate significa:

* Dimostrare, in modo oggettivo, di possedere le abilità richieste dalla professione * Accrescere la propria spendibilità sul mercato del lavoro * Distinguer-si dalla concorrenza "improvvisata" * Accedere a opportunità riservate o preferenziali presso enti pubblici e privati * Agevolare la mobilità professionale a livello europeo, grazie a certificazioni conformi agli standard internazionali

Non si tratta solo di meri vantaggi personali. Un sistema che premia la competenza certificata contribuisce ad aumentare la credibilità dell’intero settore, emarginando le pratiche scorrette e favorendo l’occupazione qualificata.

La sfida dell’autoregolamentazione nel panorama italiano

L’Italia ha una lunga tradizione di autoregolamentazione professionale, specie nei settori in rapido sviluppo dove l’innovazione supera la normativa. Tuttavia, il rischio principale di un approccio autoregolato riguarda la eterogeneità tra associazioni: non tutte sono uguali in termini di rigore nella selezione o nell’aggiornamento professionale dei propri membri.

Riccio ha più volte ribadito la necessità che l’autoregolamentazione sia esercitata con responsabilità e trasparenza. Questo implica adottare:

* Codici etici stringenti * Procedure chiare di valutazione delle competenze * Meccanismi di controllo e sanzione * Sistemi di audit e verifica periodica delle competenze certificate

Solo così si potrà evitare che la certificazione professioni non ordinistiche si trasformi in un mero bollino privo di valore.

Esperienze concrete: la tavola rotonda di Roma e le testimonianze

Il confronto tenutosi a Roma ha visto la partecipazione di numerosi esponenti del mondo del lavoro, delle istituzioni e della formazione. Il dibattito ha permesso di mettere a confronto le diverse esperienze delle associazioni professionali certificazione, confermando quanto sia sentita la necessità di standard condivisi.

Durante la tavola rotonda sono emersi esempi virtuosi:

* Società di consulenza che propongono percorsi di certificazione comparabili agli standard europei * Enti accreditati ISO che rilasciano attestati validi anche all’estero * Associazioni che collaborano attivamente con i sindacati nella definizione di programmi formativi e nell’accompagnamento al mondo del lavoro

Dalla discussione è emerso anche il bisogno di promuovere la cultura della certificazione tra le nuove generazioni, spesso poco consapevoli della differenza fra una professione certificata e una priva di garanzie formali.

Criticità e prospettive future della certificazione non ordinistica

Nonostante i numerosi passi avanti, persistono alcune criticità. Tra queste:

* Difficoltà di riconoscimento uniforme delle certificazioni tra regioni e enti diversi * Presenza, sul mercato, di associazioni poco vigilate che rilasciano certificati di dubbia validità * Scarso coinvolgimento delle aziende nella definizione di standard competenziali * Difficoltà ad accedere a percorsi di certificazione per lavoratori autodidatti o con storicità complesse

Per il futuro, è fondamentale lavorare a una maggiore sinergia tra istituzioni, associazioni e forze sociali. Solo attraverso un coordinamento efficace sarà possibile:

* Promuovere la trasparenza e la tracciabilità delle qualifiche * Valorizzare l’esperienza pregressa mediante sistemi di validazione delle competenze * Allinearsi agli standard internazionali per favorire l’export delle professionalità italiane

Queste azioni, secondo Riccio, possono rendere la certificazione delle professioni non regolamentate un reale driver di crescita, qualità e innovazione.

Conclusioni e sintesi

Alla luce del dibattito romano e delle considerazioni di Giacomo Riccio, emerge con chiarezza quanto sia cruciale investire su un sistema di certificazione professionale serio, inclusivo e riconosciuto. L’Italia è chiamata a raccogliere una sfida epocale: trasformare la ricchezza, l’eterogeneità e la creatività del proprio tessuto professionale in un trampolino per l’occupazione, la legalità e la competitività internazionale.

La certificazione competenze professionali, se ben gestita e sostenuta da associazioni e sindacati di qualità, può divenire il vero valore aggiunto per chi opera fuori dagli ordini tradizionali. Ciò richiede una costante attenzione alle esigenze del mercato, uno sforzo di trasparenza e un impegno collettivo contro le scorciatoie e le zone grigie.

Il percorso è ancora lungo, ma la direzione tracciata — con l’aiuto di esperti come Riccio e la collaborazione tra tutte le parti sociali — promette di elevare lo standard delle professioni non ordinistiche nell’interesse di tutti: professionisti, utenti e sistema paese.

Pubblicato il: 3 dicembre 2025 alle ore 16:11