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Speranza e cultura: il Mondo che non c’è nelle carceri italiane

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La X Giornata Nazionale del CESP a Spoleto apre il dibattito su recupero, reinserimento ed emergenza umanitaria nello scenario carcerario italiano

Speranza e cultura: il Mondo che non c’è nelle carceri italiane

Indice

1. Introduzione: la X Giornata Nazionale del “Mondo che non c’è” 2. Il contesto: il carcere in Italia oggi 3. Cultura e speranza oltre le sbarre 4. L’esperienza della Compagnia #SIneNOmine 5. Le autorità intervengono: la denuncia della Corte Costituzionale 6. La voce degli ex detenuti tra reinserimento e difficoltà sociali 7. Focus sulle tavole rotonde: biblioteche e misure alternative 8. Il ruolo della cultura nel recupero 9. Prospettive, criticità e possibili soluzioni 10. Sintesi e conclusioni

Introduzione: la X Giornata Nazionale del “Mondo che non c’è”

Il 3 luglio 2025 si è svolta presso la suggestiva cornice di Spoleto la decima edizione della Giornata Nazionale del “Mondo che non c’è”, un evento organizzato dal CESP (Centro Studi per la Scuola Pubblica) che, ormai da anni, punta l’attenzione sull’emergenza carceraria italiana proponendo una riflessione profonda sui temi del recupero dei detenuti, della risocializzazione e del ruolo centrale della cultura all’interno delle mura penitenziarie.

L’appuntamento annuale ha visto quest’anno la presenza di oltre 700 partecipanti, tra cui operatori educativi, volontari, ex detenuti, studenti, esponenti del mondo dello spettacolo e delle istituzioni, riuniti per promuovere il dialogo e dare voce tanto alla sofferenza quanto alla speranza che può sorgere anche laddove sembrerebbe irrimediabilmente negata.

Il contesto: il carcere in Italia oggi

L’appuntamento della giornata nazionale del “Mondo che non c’è” assume una rilevanza ancora maggiore nel contesto attuale, segnato da una crisi sistemica delle carceri italiane. Le cronache più recenti hanno denunciato, con dati e testimonianze, il peggioramento costante delle condizioni di vita nei penitenziari italiani. Il sovraffollamento, la carenza di personale, la scarsità di attività riabilitative e di percorsi di formazione rappresentano oggi alcune delle problematiche più gravi. Secondo i dati del Ministero della Giustizia, spesso la popolazione carceraria supera di oltre il 30% la capienza regolamentare delle strutture. In molti casi le condizioni igieniche non sono idonee, il supporto psicologico è insufficiente e il percorso di recupero si interrompe a favore di una gestione meramente detentiva, lasciando i detenuti in una spirale di marginalità e abbandono.

Proprio questo scenario drammatico ha spinto il CESP Spoleto a ribadire l’importanza della riflessione, non come esercizio accademico, ma come motore per un cambiamento radicale. La giornata si è quindi trasformata in uno spazio di confronto e proposta e, attraverso testimonianze dirette, seminari e spettacoli, ha tentato di restituire dignità agli invisibili delle nostre carceri.

Cultura e speranza oltre le sbarre

Uno dei punti nevralgici della “Giornata Nazionale del Mondo che non c’è” è stata la valorizzazione della cultura come strumento di emancipazione e riscatto. La presenza di un pubblico attento e partecipe, costituito anche da operatori che quotidianamente si occupano del recupero detenuti, ha reso tangibile l’importanza degli strumenti culturali come motore di cambiamento.

Il recupero detenuti e il reinserimento ex detenuti rappresentano oggi il banco di prova non solo del sistema penitenziario, ma di tutta la società. È ormai evidente che un approccio meramente punitivo difficilmente conduce a una riduzione della recidiva; al contrario, investire nella cultura, nella formazione e nella creazione di spazi di espressione artistica può favorire nuove narrazioni personali e sostenere il difficile percorso verso il reinserimento sociale.

Nei diversi interventi durante la giornata, è stato posto l’accento sull’importanza delle biblioteche in carcere come luoghi di libertà, conoscenza e rielaborazione critica dell’esperienza. L’accesso ai libri e alle attività culturali, infatti, permette di ricostruire una dimensione individuale spesso annullata dalla detenzione.

L’esperienza della Compagnia #SIneNOmine

Grande successo ha riscosso lo spettacolo messo in scena dalla Compagnia #SIneNOmine, che ha visto la partecipazione entusiasta di oltre 700 spettatori. Lo spettacolo, con la sua intensità emotiva e la sua forza espressiva, ha dato voce a storie di marginalità, ingiustizia, ma soprattutto di resistenza e speranza.

Gli attori, molti dei quali formatisi attraverso esperienze laboratoriali in contesti detentivi, hanno portato in scena una drammaturgia capace di toccare corde profonde nel pubblico, ricordando come il teatro possa essere un potente veicolo di riscatto personale e collettivo. La presenza di ex detenuti tra gli interpreti ha reso ancora più autentico il messaggio dello spettacolo e ha testimoniato concretamente il valore della cultura in carcere come strumento di crescita e di possibilità di cambiamento reale.

Le autorità intervengono: la denuncia della Corte Costituzionale

Uno dei momenti più significativi della giornata è stato rappresentato dall’intervento del Presidente della Corte Costituzionale, chiamato a dare una fotografia istituzionale della situazione carceraria italiana. La sua ferma denuncia del deterioramento delle condizioni nei penitenziari italiani ha costretto l’intera platea a confrontarsi con la realtà degli ultimi tempi: suicidi sempre più frequenti, isolamento, abbandono e violazioni dei diritti umani sono diventati ormai temi ineludibili.

Il Presidente ha sottolineato come il sistema penale italiano si trovi di fronte a una duplice responsabilità, quella di garantire la sicurezza collettiva, ma soprattutto quella di non tradire i principi costituzionali sui quali si fonda lo Stato di diritto. "Non esistono cittadini di serie B", ha affermato, evidenziando l’esigenza di una svolta che metta al centro la persona e il percorso di rieducazione e risocializzazione garantito dalla nostra Costituzione.

La denuncia delle condizioni carcerarie in Italia è stata dunque rilanciata con forza come questione d’emergenza democratica, rispetto alla quale la società civile, le istituzioni e il volontariato sono chiamati a un rinnovato impegno, in vista della costruzione di un mondo che non c’è, ma che potrebbe e dovrebbe esserci.

La voce degli ex detenuti tra reinserimento e difficoltà sociali

Un altro focus centrale del seminario è stato rappresentato dalle testimonianze degli ex detenuti, che hanno condiviso, spesso con emozione e coraggio, la propria esperienza di restrizione della libertà e il faticoso percorso di reinserimento sociale.

Il racconto è stato tutt’altro che retorico: emergono con chiarezza tutte le difficoltà legate allo stigma sociale, alla difficoltà di trovare lavoro, alla precarietà abitativa, alla mancanza di una rete di sostegno concreta. La detenzione, spesso, finisce per segnare in modo indelebile il percorso di vita, rendendo ancora più arduo il cammino verso la normalizzazione e la dignità.

Non sono mancati però sguardi di speranza. Come è stato sottolineato, la presenza di un tessuto associativo attento, di misure alternative e di laboratori culturali e formativi può davvero rappresentare una via di uscita. Tuttavia, perché tali strumenti siano efficaci, è indispensabile una collaborazione tra amministrazione penitenziaria, comunità territoriale e operatori specializzati.

Focus sulle tavole rotonde: biblioteche e misure alternative

La decima Giornata Nazionale del “Mondo che non c’è” ha visto la realizzazione di due tavole rotonde molto partecipate, dedicate da un lato al tema delle biblioteche in carcere, dall’altro alle misure alternative alla detenzione.

Il primo tavolo ha approfondito l’importanza delle biblioteche in carcere, non solo come spazi di lettura, ma come veri e propri presidi civici dove ogni detenuto può riscoprire il piacere della lettura, l’importanza dello studio e il diritto alla conoscenza. Esempi virtuosi da tutta Italia sono stati presentati, tra cui spicca la rete di biblioteche penitenziarie attiva anche a Spoleto, che offre, grazie alla collaborazione di docenti, educatori e volontari, un servizio prezioso e spesso insostituibile.

Il secondo tavolo si è soffermato sulle misure alternative al carcere, come la detenzione domiciliare, l’affidamento in prova ai servizi sociali e il lavoro di pubblica utilità. Si tratta di percorsi che, in presenza di determinate condizioni, possono favorire la progressiva liberazione del detenuto non attraverso la cella, ma mediante la responsabilizzazione e la costruzione di nuovi legami sociali. La riflessione ha posto in evidenza alcune criticità legate all’accessibilità e all’omogeneità nell’applicazione di queste misure nei diversi territori, ma ne è stato ribadito il valore come strumenti capaci di ridurre la recidiva e di concretizzare la funzione rieducativa della pena.

Il ruolo della cultura nel recupero

Nell’ambito del seminario, il punto di convergenza tra i vari interventi è stato inequivocabilmente la centralità della cultura come leva di emancipazione. Da tempo gli operatori del settore sottolineano come la cultura in carcere sia, al contempo, strumento e obiettivo: strumento per riattivare percorsi di riflessione personale e crescita, obiettivo nella misura in cui permette di concepire l’inserimento sociale non come un atto meramente burocratico, ma come una vera e propria rinascita.

La logica che ispira il CESP Spoleto è quella della responsabilità collettiva: recuperare un detenuto significa restituire un cittadino alla società, non lasciarlo nella condizione di “scarto” o “invisibilità”. In questa prospettiva, le attività laboratoriali, le biblioteche, il teatro e la scrittura diventano strumenti fondamentali per ricostruire l’identità e attribuire nuovo senso al futuro.

Prospettive, criticità e possibili soluzioni

La giornata si è conclusa con un confronto aperto sulle prospettive future e le criticità persistenti. L'intreccio tra condizioni carcerarie Italia, misure alternative carcere e reinserimento ex detenuti necessita di ripensamenti profondi, sia a livello di risorse che di visione culturale.

Gli operatori hanno chiesto con forza un aumento degli investimenti in progetti culturali, una maggiore collaborazione interistituzionale e il monitoraggio costante dei percorsi di reinserimento, affinché non rimangano iniziative isolate ma si radichino davvero nel tessuto sociale. È emersa la consapevolezza che lo sforzo deve essere condiviso e costante, e che la battaglia contro la recidiva si vince con il coraggio di rompere stereotipi e promuovere inclusione.

Sintesi e conclusioni

La X Giornata Nazionale del “Mondo che non c’è”, organizzata dal CESP Spoleto, ha rappresentato un importante momento di riflessione pubblica su temi spesso silenziati o marginalizzati. Attraverso il dialogo tra istituzioni, operatori, volontari e detenuti, l’evento ha posto in evidenza come la dignità, il rispetto dei diritti e il recupero detenuti siano elementi inscindibili da una società giusta e civile.

Il seminario ha ribadito la necessità di investire nella cultura in carcere, valorizzando le biblioteche, il teatro, i laboratori e le misure alternative come strumenti efficaci per il reinserimento ex detenuti e la riduzione della recidiva. Ha lanciato infine una proposta concreta: che il mondo che non c’è oggi nelle carceri italiane possa diventare, grazie allo sforzo collettivo, il mondo che sarà, fondato sulla speranza, sull’incontro umano e sulla possibilità di una nuova cittadinanza.

Pubblicato il: 9 luglio 2025 alle ore 10:34