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Sacerdoti contro la mafia: Eroi della fede, non solo 'preti antimafia' – Il libro di don Marcello Cozzi

Le storie dimenticate dei sacerdoti vittime della mafia: testimonianze, coraggio e memoria nel libro "Non interferite. Il sangue dei preti sull’altare delle mafie"

Sacerdoti contro la mafia: Eroi della fede, non solo 'preti antimafia' – Il libro di don Marcello Cozzi

Indice degli argomenti

1. Introduzione: Lo scenario dei sacerdoti e la mafia 2. "Non interferite": Il libro di don Marcello Cozzi e la sua genesi 3. La metodologia della ricerca: archivi, testimonianze e memoria 4. Sacerdoti contro la mafia: un’identità complessa 5. Don Puglisi, don Diana e gli altri: storie vere di coraggio 6. Le opere sociali: quando il Vangelo disturba il potere mafioso 7. Il sacrificio della testimonianza: il sangue dei preti sull’altare delle mafie 8. Dal mito del "prete antimafia" alla santità della porta accanto 9. L’eredità morale: insegnamenti per la società e la scuola 10. La memoria dei preti uccisi dalla mafia oggi 11. Conclusioni: perché ricordare queste storie fa la differenza

Introduzione: Lo scenario dei sacerdoti e la mafia

Nel corso della storia italiana, la presenza della mafia ha condizionato profondamente i territori e le esistenze di molte persone. Tra le voci più limpide e coraggiose che si sono levate contro le logiche mafiose vi sono quelle dei sacerdoti. Uomini che non hanno avuto paura di denunciare, di educare e di testimoniare, anche a costo della vita, un Vangelo davvero vissuto. Figure come don Pino Puglisi e don Peppe Diana sono divenuti simboli, ma non sono rimasti soli. Il libro di don Marcello Cozzi, "Non interferite. Il sangue dei preti sull’altare delle mafie", riporta alla luce le vicende di quattordici sacerdoti che hanno pagato questo impegno con il sacrificio supremo, offrendoci uno spaccato autentico di resistenza, fede e umanità.

"Non interferite": Il libro di don Marcello Cozzi e la sua genesi

Don Marcello Cozzi, già vicepresidente di Libera e impegnato da sempre nell’attività di contrasto alle mafie, ha compiuto un lavoro di grande valore documentale e civile con questo volume. Il libro non si limita a narrare, ma si pone come un atto di memoria attiva verso quei sacerdoti che hanno incrociato la strada della criminalità organizzata e hanno scelto la coerenza fino alla morte. Il titolo, "Non interferite", richiama l’atteggiamento di chi nell’ambiente mafioso vorrebbe silenziare ogni voce discordante. Eppure, è proprio nell’interferire con il male, con il potere occulto e oppressivo, che questi uomini hanno compiuto la loro missione.

La metodologia della ricerca: archivi, testimonianze e memoria

La stesura del libro di don Cozzi si è basata su un accurato lavoro di ricerca, arricchito dall’accesso ad archivi storici e dalla raccolta di testimonianze dirette di chi ha condiviso percorsi, amicizie e responsabilità con i preti vittime della mafia. Il valore di queste fonti è duplice: da un lato accresce l’accuratezza storica del racconto, dall’altro restituisce l’umanità piena di queste figure, oltre la retorica. L’approccio rigoroso e rispettoso di Cozzi contribuisce a costruire un mosaico veritiero su uno dei fronti più bui e meno raccontati della lotta alla mafia: quello ecclesiale.

Sacerdoti contro la mafia: un’identità complessa

Spesso si parla di "preti antimafia" in modo semplificato, quasi riducendo l’identità di questi uomini di fede a quella di attivisti. Tuttavia, i sacerdoti protagonisti di queste storie erano innanzitutto pastori delle loro comunità, impegnati nell’ascolto, nella promozione umana e nella difesa dei più deboli. La loro lotta alla mafia non era un programma politico, ma la conseguenza naturale del vivere il Vangelo in territori segnati dalla sopraffazione e dal silenzio connivente.

La mafia, infatti, si insinua laddove il tessuto sociale è fragile e dove le istituzioni vacillano, e i sacerdoti possono costituire un presidio di legalità, dignità e speranza, come dimostrano le vicende ricostruite da Cozzi. Non sono "eroi solitari", ma parte di una comunità che, trovando in loro un punto di riferimento, impara a opporsi.

Don Puglisi, don Diana e gli altri: storie vere di coraggio

Tra i nomi noti e meno noti raccontati nel libro di don Marcello Cozzi emergono don Pino Puglisi, ucciso a Palermo nel 1993, e don Peppe Diana, assassinato a Casal di Principe nel 1994. Due figure diventate emblematiche della lotta alla mafia, eppure simili e diverse rispetto agli altri dodici sacerdoti che condivisero la stessa sorte.

Don Puglisi, parroco del difficile quartiere Brancaccio di Palermo, incarnava la libertà del cristiano autentico, capace di smascherare con il sorriso l’ipocrisia della cultura mafiosa. Don Diana, con la sua lettera "Per amore del mio popolo non tacerò", scelse di *parlare chiaro* a un territorio dove anche la parola può essere messa a morte. Altri sacerdoti hanno vissuto l’impegno quotidiano in realtà rurali, in comunità isolate, lavorando con i giovani e opponendosi, spesso, anche all’indifferenza delle proprie comunità parrocchiali.

Le storie vere contro la mafia di questi uomini danno volto e voce a quella 'santità della porta accanto' di cui ha parlato papa Francesco, quando uomini e donne normali compiono azioni straordinarie.

Le opere sociali: quando il Vangelo disturba il potere mafioso

Molti dei sacerdoti raccontati da Cozzi non si sono limitati a denunciare verbalmente la mafia, ma hanno dato vita a opere sociali capaci di minacciare realmente il potere dei boss. Centri di aggregazione, cooperative, doposcuola, asili, laboratori artigiani: sono tutte esperienze che hanno inciso sul territorio, sottraendo manodopera e consenso sociale ai clan.

Queste attività spesso sono state viste e vissute dalla mafia come atti di "interferenza" e di rottura degli equilibri. Il sacerdote diventava così un nemico da isolare, intimidire o, nei casi più estremi, eliminare. La creazione di opere sociali rappresenta quindi la frontiera più avanzata dell’impegno ecclesiale nella lotta alla mafia.

Il sacrificio della testimonianza: il sangue dei preti sull’altare delle mafie

Il sangue versato da questi sacerdoti, come racconta il titolo del libro, è una ferita aperta nella coscienza del Paese. Morire per aver scelto di restare fedeli alla propria vocazione, in nome del Vangelo e della giustizia, è probabilmente uno degli atti più radicali di amore possibile.

Attraverso le storie raccolte da Cozzi emergono uomini che hanno affrontato *minacce, intimidazioni, calunnie* e, in certi casi, la solitudine più cocente. La loro testimonianza, tuttavia, non si è spenta con la morte, ma è diventata seme fecondo per nuove generazioni.

Dal mito del "prete antimafia" alla santità della porta accanto

Il rischio di idealizzare queste figure come "eroi" o "martiri" rischia di renderle troppo distanti. Il lavoro di Cozzi, infatti, aiuta a riconoscere questi sacerdoti come 'santi della porta accanto': uomini con limiti, dubbi, paure, ma capaci di resistere grazie a una fede concreta e a una visione di Chiesa profondamente incarnata nel quotidiano.

*Don Diana, don Puglisi e tutti gli altri non sono vissuti per essere ricordati come "preti antimafia", ma per rendere viva la parola del Vangelo anche dove la parola costava la vita.*

L’eredità morale: insegnamenti per la società e la scuola

Oggi, la memoria di questi sacerdoti può offrire insegnamenti preziosi non solo per il mondo ecclesiale, ma anche per la società civile e la scuola.

Suggerimenti pratici per educatori e insegnanti:

* Proporre laboratori e giornate di studio sulle storie vere dei sacerdoti vittime della mafia * Creare percorsi didattici sul rapporto tra legalità, giustizia e impegno cristiano * Promuovere l’incontro con testimoni diretti o autori di libri come quello di Cozzi * Diffondere la conoscenza delle opere sociali nate contro la mafia

Questi strumenti possono contribuire a costruire una coscienza critica nelle giovani generazioni, in grado di riconoscere le logiche mafiose e le strategie di resistenza pacifica che partono dall’educazione e dall’impegno comunitario.

La memoria dei preti uccisi dalla mafia oggi

La memoria dei "preti coraggiosi" uccisi dalla mafia resta oggi un patrimonio vivo, non solo commemorativo. Sono molte le iniziative promosse da associazioni, diocesi e movimenti che mantengono viva la loro eredità, anche attraverso l’intitolazione di scuole, strade e centri culturali a loro nome.

Il libro di don Cozzi contribuisce a rinnovare il dibattito pubblico sulla necessità di proteggere e valorizzare le testimonianze di coraggio, soprattutto in un contesto attuale in cui la mafia assume forme sempre più sofisticate e pervasive.

Conclusioni: perché ricordare queste storie fa la differenza

Le storie raccolte da don Marcello Cozzi in "Non interferite. Il sangue dei preti sull’altare delle mafie" non sono semplici episodi da relegare nella storia del passato. La memoria dei sacerdoti vittime della mafia è oggi, più che mai, uno strumento di crescita civile ed etica.

Ricordare non significa solo non dimenticare: vuol dire raccogliere una chiamata all’impegno, sia dentro la Chiesa che nella società tutta. Il sacrificio di donne e uomini come don Puglisi, don Diana e tanti altri ci svela la possibilità concreta di una santità generata nel quotidiano, e la forza della fede che si traduce in giustizia e coraggio civile.

Testimonianze sacerdoti antimafia, memoria preti uccisi mafia, storie sacerdoti coraggiosi mafia: queste sono le parole chiave che devono continuare a risuonare, come monito e come speranza. Perché, finché queste storie verranno raccontate, sarà sempre possibile credere in una società più giusta e libera dall’oppressione mafiosa.

Pubblicato il: 22 novembre 2025 alle ore 09:19