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Recensione – “Parola mia” di Giovanni Acerboni

Manuale di scrittura professionale con il supporto delle intelligenze artificiali del linguaggio (FrancoAngeli, 2025)

Recensione – “Parola mia” di Giovanni Acerboni

_Manuale di scrittura professionale con il supporto delle intelligenze artificiali del linguaggio (FrancoAngeli, 2025)_

**Introduzione: “Finché trovi un errore, ce n’è un altro”**

Giovanni Acerboni apre il suo manuale con il tono ironico e riflessivo del filologo che ha attraversato, in prima persona, la trasformazione digitale della scrittura. La sua è una testimonianza da “insider” della parola: un percorso trentennale che va dal blog agli algoritmi linguistici, passando per la norma UNI 11482:2013, di cui è relatore. L’autore confessa subito la doppia natura della sua avventura: da un lato, il mestiere di formatore, costretto a correre dietro alla digitalizzazione per non restarne travolto; dall’altro, la curiosità di chi, già nel 2014, cercava di far dialogare l’Intelligenza Artificiale con la scrittura professionale, quando ancora il termine GenAI non esisteva.

La sezione introduttiva non è solo un racconto autobiografico, ma una cornice teorica: Acerboni individua nella rivoluzione generativa una cesura epocale, paragonabile alla stampa o all’invenzione dell’alfabeto. Le GenAI, sostiene, “ci hanno tolto l’esclusiva della scrittura, ma non quella dell’intelligenza”. È un’affermazione programmatica che permea tutto il libro: l’AI non sostituisce il pensiero, ma obbliga chi scrive a pensare meglio, più consapevolmente.La scrittura non è più soltanto un atto tecnico, ma un gesto di governo dell’algoritmo.

Nel tono e nella struttura, l’introduzione si legge come un piccolo saggio di cultura digitale, dove il riferimento a Frank Zappa (“information is not knowledge”) e al Forrest Gump che “non ha altro da dire su questa faccenda” convivono con citazioni scientifiche (Evalita-LLM, 2025) e riferimenti a benchmark linguistici. La scrittura di Acerboni è colta ma accessibile, divulgativa ma non banalizzante: ogni aneddoto serve a ricordare che dietro la scrittura automatica c’è sempre una responsabilità umana.L’introduzione chiude con un augurio: “Sapere in anticipo se il proprio testo verrà capito è una bella consolazione per chi lo scrive.” È il cuore dell’opera: un manuale che insegna non solo a scrivere con le macchine, ma a leggere criticamente ciò che esse producono.

**Capitolo 1 – Le Intelligenze Artificiali**

**1.1 Colti di sorpresa**

Il primo capitolo è una vera e propria “storia culturale” della sorpresa collettiva davanti a ChatGPT. Novembre 2022: la prima versione pubblica del modello di OpenAI segna l’ingresso delle persone comuni in una dimensione fino ad allora confinata ai laboratori di ricerca. Acerboni descrive il sentimento universale di stupore: il senso che “dall’altra parte” della chat ci fosse qualcuno che capiva e rispondeva a tono.Da qui parte la riflessione linguistica: i termini come intelligenza_, _apprendimento_, _conversazione o allucinazione sono ambigui perché provengono dal linguaggio umano ma vengono riusati in ambito tecnico. La sezione è illuminante sul piano semantico: l’autore mostra come ogni rivoluzione tecnologica produca un “neologismo semantico”, un cambio di senso delle parole. Come rete o pagina web_, anche _intelligenza si è risemantizzata.

**1.2 Macchine pensanti?**

In questa parte Acerboni si fa storico della scienza, conducendo il lettore dalle origini della cibernetica al pensiero contemporaneo. Da Alan Turing a Stanisław Lem, la domanda resta la stessa: “Le macchine possono pensare?”. L’autore recupera il test dell’imitazione di Turing (1950), il mito dell’_homunculus_ di Lem e le teorie di Ashby sull’amplificazione dell’intelligenza.Il linguista diventa qui filosofo, e la divulgazione scientifica si mescola alla cultura umanistica: la macchina è vista come “scatola nera” di cui comprendiamo solo gli input e gli output, ma non i processi interni. Acerboni invita a una prudenza epistemologica: le AI simulano il linguaggio, non il pensiero.Il lettore esperto riconoscerà in queste pagine una critica implicita all’ideologia della Silicon Valley: il sogno redentivo dell’AI “forte” (AGI) è smontato con lucidità, attraverso riferimenti a Quattrociocchi, Searle e Nida-Rümelin.

**1.3 Chi e come istruisce le AI**

Questo paragrafo è un piccolo trattato di linguistica computazionale. Acerboni spiega in modo didattico che cosa sia un corpus linguistico, che cosa significa annotare un testo, che cos’è un token_. L’autore cita Panunzi e Cresti, ma riesce a rendere accessibili concetti complessi come _POS tagging_, _Dependency parsing e _Full Morpho_.L’immagine a pagina 23 del libro, un diagramma di albero sintattico che visualizza le relazioni grammaticali di una frase, è l’emblema di questa sezione: la scrittura diventa struttura, e la struttura diventa conoscenza.Acerboni accompagna il lettore dentro il laboratorio delle AI: spiega il lavoro degli annotatori umani, spesso precari e invisibili, che “fanno da piccoli turchi” all’interno delle grandi piattaforme. È una pagina di critica sociale che unisce linguistica e etica del lavoro digitale.

**1.4 Il Natural Language Processing**

In questa sezione, il libro passa dal laboratorio alla sperimentazione sul campo. Acerboni illustra come il Natural Language Processing (NLP) sia la base di tutte le applicazioni linguistiche automatiche: dall’analisi sintattica alla classificazione semantica. Introduce concetti come Precision e _Recall_, spiegando con esempi matematici e concreti il funzionamento degli algoritmi di valutazione.Il lettore scopre che la scrittura automatica non è magia, ma equilibrio tra errore e accuratezza, tra falsi positivi e negativi. Qui il tono si fa quasi ingegneristico, ma resta leggibile grazie alla chiarezza del metodo didattico.

**1.5 Le AI Generative**

Il capitolo culmina nella distinzione fra AI deterministiche e probabilistiche. Le prime eseguono procedure sempre uguali; le seconde, come ChatGPT, elaborano risposte statisticamente plausibili ma non prevedibili.La conversazione con Marco Varone, riportata integralmente nelle ultime pagine del capitolo Le prime pagine, offre un raro spaccato industriale: il passaggio dalla correzione grammaticale (Errata Corrige) all’analisi semantica (NLU). Varone spiega come le GenAI “non comprendono davvero il linguaggio”, ma lo manipolano con efficienza. È un dialogo tra due pionieri italiani della linguistica applicata: Acerboni teorico e Varone ingegnere.Il messaggio finale è netto: la GenAI è potente ma non controllabile, e il suo limite strutturale è la non spiegabilità dei processi. Una lezione di metodo e di responsabilità.

**Capitolo 2 – La conversazione**

L’indice annuncia un cambio di tono: dalla teoria delle macchine alla pratica della relazione.Nel mondo delle GenAI, scrivere significa conversare con un’interfaccia che simula il dialogo umano. Acerboni distingue fra “conversazione faccia a faccia” e “conversazione scritta”, mostrando come quest’ultima sia un’arte nuova: non abbiamo mai imparato a scrivere per dialogare con una macchina, né a leggere testi generati da un algoritmo.Qui entra in scena il “Metodo della conversazione scritta”, basato su tre pilastri: consapevolezza del contesto, chiarezza della richiesta (prompt) e capacità di interpretare la risposta. L’autore dimostra come la qualità dell’interazione con una GenAI dipenda più dalla precisione delle nostre domande che dall’intelligenza del modello.Il capitolo si chiude con il “Metodo di lettura profonda”, una delle innovazioni concettuali del libro. Acerboni insegna a smontare le risposte automatiche, distinguendo fra errori sintattici, logici e cognitivi. È un metodo di close reading applicato all’intelligenza artificiale: una pedagogia della lentezza nel tempo della velocità algoritmica.

**Capitolo 3 – La scrittura professionale**

Dopo la riflessione teorica, il terzo capitolo torna al cuore del mestiere. Che cos’è la scrittura professionale? Acerboni la definisce come “scrittura di scopo”, orientata all’azione e alla comprensione. Non basta essere corretti: bisogna essere chiari, accessibili e persuasivi.Il libro ripercorre le norme UNI e ISO, l’importanza dell’accessibilità e del linguaggio cortese. Ogni sezione è costruita con esempi pratici, formule di saluto, strategie di tono.Il punto di forza è l’attenzione all’empatia comunicativa: anche nell’era delle AI, chi scrive ha bisogno del destinatario. “Quando abbiamo bisogno di qualcuno, lo dobbiamo trattare bene.” È la filosofia etica che attraversa tutto il manuale: la tecnica deve servire alla relazione, non sostituirla.

**Capitolo 4 – Il supporto delle GenAI**

È il cuore operativo del manuale, il punto in cui teoria, linguistica e pratica professionale si fondono. Qui Acerboni mostra concretamente “come le GenAI possono diventare alleate del pensiero”.La sezione si apre con un’analisi dello stile linguistico delle AI: la lunghezza del periodo, l’uso degli incisi, dei verbi indiretti, dei tecnicismi e dei sinonimi. Ogni sottoparagrafo è accompagnato da esempi e confronti tra testi umani e generativi. L’autore dimostra che le AI scrivono in buon italiano, ma non sempre in buon senso: la loro chiarezza sintattica spesso nasconde povertà semantica.

Segue un percorso applicativo che guida il lettore nel controllo della scrittura:

* Testare la persuasività: usare la GenAI per simulare il punto di vista del destinatario. * Selezionare e disporre gli argomenti: strutturare i contenuti in sequenza logica. * Comporre il titolo e l’abstract: esercizi di sintesi e precisione. * Verificare grammatica e chiarezza: imparare a leggere come l’algoritmo.

Un’intera sezione (4.9) è affidata a Stefano Castelli, che approfondisce il tema dell’accessibilità dei contenuti digitali, dai link alle note, fino ai requisiti di leggibilità per tutti gli utenti. È un contributo tecnico di grande valore, che integra la dimensione etica con quella normativa.Il capitolo si chiude con un tema oggi centrale: il linguaggio inclusivo. Acerboni non lo affronta come slogan, ma come esigenza di precisione e rispetto: scrivere bene significa includere.

**Bibliografia e apparato critico**

La sezione finale del volume, come segnalato dall’indiceLe prime pagine, raccoglie riferimenti vasti e aggiornati: da Kahneman a Panunzi, da Quattrociocchi a Fei-Fei Li. È una bibliografia che attraversa scienze cognitive, linguistica e filosofia, confermando l’impianto umanistico dell’opera.Acerboni non costruisce un manuale “tecnico”, ma un testo di cultura generale sulla scrittura contemporanea: il suo metodo unisce filologia e machine learning, etica della parola e tecnologia semantica.

**Conclusione: un umanesimo algoritmico**

Parola mia è un libro necessario. Non perché insegni a “usare ChatGPT meglio”, ma perché insegna a non farsi usare da ChatGPT. In un panorama editoriale dove le guide alle AI generative si moltiplicano come funghi, Acerboni si distingue per rigore metodologico e profondità culturale.Ogni pagina è attraversata da una convinzione: la scrittura è ancora il luogo in cui la conoscenza si fa umana.

Il manuale non si limita a spiegare come scrivere con l’aiuto dell’AI, ma perché continuare a scrivere nell’epoca dell’automazione.Acerboni ci ricorda che la lingua non è solo un mezzo, ma una responsabilità collettiva; che la chiarezza è un atto politico; che le parole, se ben usate, restano la più alta forma di intelligenza.

**Giudizio finale**

* Tono: equilibrato tra rigore accademico e chiarezza divulgativa. * Pubblico: professionisti della comunicazione, formatori, giuristi, redattori tecnici, ma anche chiunque voglia capire le logiche della scrittura generativa. * Punti di forza: metodo originale di “lettura profonda”, capacità di integrare linguistica e intelligenza artificiale, scrittura vivace e non accademica. * Limiti: la densità di riferimenti tecnici può intimorire il lettore non specialista. * Valore complessivo: un contributo pionieristico alla nascente disciplina della AI literacy linguistica italiana.

**In sintesi**

Parola mia è il primo manuale che affronta la convivenza tra mente e algoritmo non come conflitto, ma come sfida culturale.Insegna a scrivere con le macchine, ma anche — e soprattutto — a pensare meglio grazie a esse.È un libro che restituisce dignità alla scrittura umana, proprio nel momento in cui sembrava perduta.

Pubblicato il: 15 ottobre 2025 alle ore 10:02