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Cent'anni dalla Solleder-Lettenbauer: la civetta del sesto grado

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1925-2025: Un secolo dopo la storica ascesa sulla parete nordovest della Civetta, l’alpinismo celebra il mito del 'sesto grado' e i pionieri che cambiarono la storia

Cent'anni dalla Solleder-Lettenbauer: la civetta del sesto grado

Indice

* La notte che cambiò la storia dell’alpinismo * Solleder e Lettenbauer: due uomini e un sogno * La parete nordovest della Civetta: un enigma verticale * Il sesto grado: nascita di una nuova era * Una scalata senza precedenti nelle Dolomiti * Il dettaglio umano dell’impresa: coraggio, amicizia e rischio * Successive ripetizioni e il mito che nasce * L’eredità culturale della scalata Solleder-Lettenbauer * L’evoluzione dell’alpinismo a un secolo dall’impresa * Il fascino immortale della Civetta e la sua leggenda * Sintesi finale: un incantesimo che non tramonta

La notte che cambiò la storia dell’alpinismo

Era il 3 agosto del 1925 quando Gustav Lettenbauer ed Emil Solleder affrontarono la parete nordovest della Civetta, una delle sfide più imponenti e temute delle Dolomiti. In un’epoca in cui la cultura dell’alpinismo cominciava appena a intuire i limiti sempre più sottili fra il possibile e l’impossibile, quei due giovani tedeschi segnarono una pagina destinata a rivoluzionare la storia dell’arrampicata, fissando, nella pietra della montagna e nell’immaginario collettivo, il primo autentico "sesto grado". Il centenario di questa impresa offre oggi, a distanza di un secolo, l’occasione di riflettere non solo sul valore sportivo dell’evento, ma anche sul suo significato culturale e sull’incanto ancora intatto che la Civetta esercita.

Solleder e Lettenbauer: due uomini e un sogno

Gustav Lettenbauer, originario di Monaco e fratello minore rispetto alla fama alpinistica, era considerato meno carismatico rispetto a Emil Solleder, già all’epoca un nome noto negli ambienti montani. Tuttavia, la loro collaborazione fu il frutto di una rara e solida amicizia, basata su una visione condivisa dell’alpinismo: audacia, rispetto della montagna, tecnica raffinata e una fiducia indissolubile l’uno nell’altro. Lettenbauer fu l’anima discreta, Solleder il fuoriclasse, dotato di una naturale propensione per l’arrampicata libera e una straordinaria audacia.

La scelta di affrontare la Civetta non fu casuale: la parete nordovest si stagliava come uno dei pochi enigmi dolomitici ancora inviolati. La preparazione fu meticolosa, come dimostrato dagli strumenti che portarono e dal fatto che Solleder, già affetto da un dolore a un piede, incluse nel suo zaino anche delle scarpe di riserva, che più avanti si rivelarono decisive.

La parete nordovest della Civetta: un enigma verticale

La "Civetta", con la sua mole imponente che si erge per 1200 metri quasi a picco e l’inquietante severità, costituiva un autentico tabù per l’alpinismo dell’epoca. Le Dolomiti erano già state esplorate da pionieri come Paul Preuss o Angelo Dibona, ma la parete nordovest, con la sua successione di diedri, placche lisce e strapiombi, appariva quasi come un muro liscio e inespugnabile, tanto da essere chiamata "Il Paradiso dei Sogni" e temuta da chiunque sognasse di imprimervi la propria traccia.

Lettenbauer e Solleder scelsero la via direttamente più logica ed elegante. L’itinerario, destinato a diventare la cosiddetta "Solleder-Lettenbauer", si snodava attraverso il punto più debole della parete, ma anche il più diretto. Ancora oggi, come cento anni fa, la via conserva una sua particolare aura: i racconti dei ripetitori parlano di un’ambiente che induce rispetto, di protezioni distanziate, di passi su verticale da compiere con concentrazione assoluta.

Il sesto grado: nascita di una nuova era

Prima del 1925, la scala delle difficoltà si fermava al "quinto grado superiore". L’introduzione del "sesto grado" — la definizione di un nuovo livello tecnico nell’arrampicata — non rappresentò solo una questione di numeri, ma segnò il passaggio a una dimensione mentale e psicologica completamente nuova: quella in cui la capacità fisica va di pari passo con una volontà e una consapevolezza da veri pionieri.

Solleder e Lettenbauer riuscirono a lasciare il mondo a bocca aperta con la loro impresa. Fino ad allora, nessuno aveva pensato che fosse possibile salire una parete così difficile, senza ricorrere ad aiuti artificiali, in stile "fair means", ossia con mezzi leali e il più possibile puliti. L’impresa stabilì un nuovo standard nell’alpinismo, aprendo l’era dell’arrampicata "estrema" e fissando per sempre la leggenda del "sesto grado" sulle Dolomiti.

Una scalata senza precedenti nelle Dolomiti

La giornata del 3 agosto 1925 fu lunga e carica di tensione. Lettenbauer e Solleder partirono presto, sapendo che di lì a poche ore sarebbero entrati nella storia. Nonostante la lunghezza e l’impegno della parete — oltre 1100 metri di sviluppo, con difficoltà continue e un’esposizione rara — i due scalatori decisero di non bivaccare, a differenza di molte cordate successive che furono costrette a farlo.

Man mano che salivano, la fatica si sommava all’incertezza. La leggenda vuole che, a metà via, Solleder si sia ferito dolorosamente a un piede. Fu costretto a indossare le scarpe di riserva di Lettenbauer, adattandosi a un compromesso di fortuna. Un dettaglio che oggi sembra insignificante, ma che in quegli anni, senza materiali moderni, corde leggere o protezioni sicure, poteva fare la differenza tra il successo e la tragedia.

Nonostante tutto, Solleder e Lettenbauer proseguirono, alternandosi da capocordata, superando passaggi che oggi, a distanza di un secolo, incutono ancora rispetto. Giunsero in cima nello stesso giorno, esausti ma vittoriosi, senza ricorrere a nessun bivacco: un'impresa degna delle grandi epopee dell’alpinismo.

Il dettaglio umano dell’impresa: coraggio, amicizia e rischio

Oltre alla difficoltà tecnica, la scalata Solleder-Lettenbauer è diventata un esempio paradigmatico di quello che significa "stile alpino": affrontare la montagna contando solo sulle proprie forze, portando con sé solo lo stretto indispensabile. La scelta di rischiare il tutto per tutto, di arrampicare in scarpe tanto diverse, di spalleggiarsi nei momenti più bui, avrebbe potuto essere fatale.

L’alpinismo di quegli anni era fatto di un misto di ardimento e di ingenuità, di tecnologia primordiale e di una fede quasi cieca nella fortuna. Pezzi di corda grossolana, chiodi rudimentali, martelli pesanti e, talvolta, un solo paio di scarpe valide: così si salivano le montagne. Eppure, in mezzo a tutto ciò, emerge la sintonia umana tra Lettenbauer e Solleder, l’accettazione di un rischio consapevole, l’amicizia che li ha tenuti legati per tutta la salita.

Successive ripetizioni e il mito che nasce

Dopo il 1925, la via Solleder-Lettenbauer divenne immediatamente un mito. I primi ripetitori impiegarono giorni in parete, a volte bivaccando scomodi sotto piccoli strapiombi, spesso terrorizzati dalla chiodatura rada e dalla difficoltà oggettiva. Nel corso degli anni, grandi nomi dell’alpinismo si confrontarono con questo "totem" dolomitico, che rimane ancor oggi una delle prove più impegnative, nonostante le attuali attrezzature e conoscenze.

Il mito della parete nordovest della Civetta ha ispirato generazioni di scalatori, diventando una sorta di "passaggio obbligato" per chiunque voglia inserirsi nella storia dell’alpinismo classico. Celebrare il centenario significa dunque ricordare non solo l’impresa in sé, ma ciò che essa ha generato: una comunità mondiale di appassionati che si sono misurati, e si misurano ogni anno, con la stessa roccia.

L’eredità culturale della scalata Solleder-Lettenbauer

L’ascesa del 1925 non fu solo un risultato sportivo di valore assoluto, ma anche un evento culturale capace di influenzare la percezione della montagna. L’alpinismo italiano, grazie all’eco suscitata da quella scalata, assunse una dimensione internazionale, spingendo numerosi giovani a mettersi alla prova sulle Dolomiti.

Nei decenni successivi, la storia dell’alpinismo si è intrecciata a quella della Solleder-Lettenbauer. Libri, articoli, documentari e perfino opere d’arte hanno tratto ispirazione dalla leggendaria "prima ascensione parete nordovest Civetta", alimentando un immaginario collettivo in cui la scalata non è solo conquista fisica, ma anche ricerca interiore, dialogo con la natura, fonte di ispirazione morale.

L’evoluzione dell’alpinismo a un secolo dall’impresa

Cent’anni dopo, la storia dell’alpinismo sembra aver conosciuto una vera rivoluzione. Le tecniche si sono raffinate, i materiali sono sempre più leggeri e resistenti, l’allenamento specifico e le nuove conoscenze mediche hanno ridotto i rischi e ampliato i limiti dell’umano. Tuttavia, il "sesto grado" della Solleder-Lettenbauer mantiene una sua attualità, imponendo ancora disciplina, rispetto e preparazione.

L’evoluzione dell’arrampicata, dalle grandi vie dolomitiche alle moderne "falesie" di arrampicata sportiva, trova una linea di continuità proprio in quella prima, storica ascesa. Molti giovani che oggi affrontano la Civetta lo fanno proprio per sentire, anche solo per un giorno, il brivido di confrontarsi con la storia e con le proprie paure.

Il fascino immortale della Civetta e la sua leggenda

Ciò che rende la parete nordovest della Civetta un luogo di incanto non è solo la difficoltà tecnica, ma anche la sua bellezza selvaggia e crudele. La Civetta è considerata ancora oggi "la parete delle pareti", un monumento naturale che richiama scalatori e sognatori da tutto il mondo, desiderosi di misurarsi non solo con la roccia, ma anche con sé stessi.

Il toponimo, così evocativo, alimenta sinistri racconti e misteriose attrazioni: sono tante le leggende civetta Dolomiti che narrano di scalatori mai più scesi, di notti senza luna in cui la montagna sussurra ai viandanti, di un’aura magica che si sprigiona a ogni alba. È il "mito civilettiano", quell’incantesimo che non tramonta mai e che, proprio quest’anno, si rinnova nel ricordo del centenario.

Sintesi finale: un incantesimo che non tramonta

Ricordare, oggi, l’impresa di Lettenbauer e Solleder significa celebrare non solo la nascita dell’era del sesto grado arrampicata, ma anche rivivere un pezzo di storia che ha contribuito a formare l’identità dell’alpinismo europeo. La via Solleder-Lettenbauer sulla parete nordovest della Civetta non è solo un percorso di roccia: è una storia di passione, rischio, amicizia e ricerca di senso.

L’incantesimo di quella scalata resta ancora intatto, come una parabola antica che si rinnova sulle rocce splendenti delle Dolomiti ogni volta che una cordata si misura con la via. Il centenario della "prima ascensione parete nordovest Civetta" non celebra dunque solo due uomini e il loro coraggio, ma l’inizio di una nuova epoca per tutti gli amanti della montagna. Un secolo dopo, la Civetta osserva ancora dall’alto, custode silenziosa di un mito che non conosce tramonto.

Pubblicato il: 7 luglio 2025 alle ore 00:36